Petrelli, la Lazio e la mania per le armi
Lug 19, 2024

Aneddoti e risate. Impossibile non commuoversi, però. Ai microfoni di Lazio Style Radio, nel 2016, il noto giornalista Franco Recanatesi e l’ex calciatore della Lazio del ’74, Sergio Petrelli, hanno ricordato la compagine di Maestrelli. “Quella era una squadra ineguagliabile – inizia Recanatesi -. Si possono raccontare tantissimi aneddoti. Come quella mania delle armi che c’era all’epoca. Chi la introdusse? Petrelli”. La palla passa allora all’ex campione d’Italia: “Sì, le portai io nella Lazio”. Una passione, nata in Somalia: “Sono stato due anni in Somalia, vi parlo del ’54. Avevamo un villino, dentro il quale c’era una specie di bunker con delle armi. Ci avevano insegnato anche ad usarle nel caso in cui fossimo rimasti a casa da soli o se fosse successo qualcosa. Non ero un esperto, ma ho capito che tante volte possedere un’arma ti può salvare. Ovviamente parlo di difesa”.

Da sinistra: Petrelli nel Pisa, nel Verona e nella Roma

E allora come non ricordare quella volta che “Chinaglia, che voleva essere il numero uno, si presentò a Tor di Quinto con un Winchester che disse che era dello stesso modello di quello che uccise Kennedy – racconta Recanatesi -. Per dimostrazione buttò giù la casetta con un lavatoio della signora Gina (ride, NdR). Una scena ancora ben impressa anche nella mente di Petrelli: “Sì, ricordo che ci siamo preoccupati molto, gli abbiamo subito tolto l’arma! Per noi era un’abitudine averle. Spegnevamo perfino le luci con le pistole, visto che nessuno si voleva alzare per spegnerle (ride, NdR). Una volta il proprietario dell’albergo ci cacciò, dovemmo cambiare struttura per il ritiro”.

Sergio Petrelli nella Roma sulla figurine “Panini”

Eppure non è stato facile per Sergio Petrelli assicurarsi la stima dei suoi compagni. Su di lui pesava quel passato nella Roma: “Quella squadra è stata leggendaria, a quarant’ anni di distanza la ricordano tutti. Vedo che anche i giovani sanno tutta la formazione della nostra Lazio. Venire dalla Roma mi ha creato un po’ di problemi anche con gli stessi compagni di squadra. All’inizio non c’era questo gran legame. Anzi, qualcuno mi criticava anche. Il primo anno, poi, fu per me disastroso”.

La Lazio di Maestrelli

Petrelli, ascolano classe 1944, si mise in luce alla fine degli anni Cinquanta nella Del Duca Montedinove, squadra dilettantistica picena, che arrivò sino alle finali del campionato nazionale dilettanti che si svolsero a Torino nel 1960. In quell’occasione venne  notato da diverse squadre, ma fu la Juventus ad aggiudicarsi le sue prestazioni. All’ombra della Mole compì tutta la trafila nelle giovanili, vincendo due campionati Juniores, poi, quando sembrò prossimo al debutto in prima squadra, subì un grave infortunio che lo portò, una volta ristabilito, in prestito alla Carrarese, in Serie C, nella stagione 1964-‘65 e l’anno successivo, sempre in prestito, passò al Pisa.

Petrelli, ricordi laziali. Con uno scudetto

Nella stagione 1966-‘67 poi venne ceduto, ancora con la formula del prestito, all’Hellas Verona in Serie B, dove conquistò la promozione nella massima serie. La società scaligera puntava fortemente sul giovane difensore marchigiano, strappandolo alla Juventus con un’offerta importante in fase di risoluzione delle comproprietà. In gialloblù, con Nils Liedholm allenatore, si mise in luce nel ruolo di terzino, tanto da essere messo in preallarme per i Mondiali di Messico ’70 e attirare le attenzioni di club più blasonati, come la Roma, che lo acquistò per la stagione 1969-‘70.

In maglia giallorossa visse le stagioni più travagliate della sua carriera, non sbocciò mai il feeling con l’allenatore Helenio Herrera, di qui il passaggio sul l’altra sponda del Tevere, alla Lazio del presidente Umberto Lenzini e del tecnico Tommaso Maestrelli, facendo così a far parte di una squadra che entrò nella leggenda.

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