“Classe brillante, tocchi sottili di palla e uno spiccato senso dell’organizzazione. Si parlava che Tarak venisse a Nancy per prendere il mio posto, ma lui preferiva i petrodollari”. Gli elogi di Michel Platini per Tarak Dhiab mettono in risalto il talento del numero 10 tunisino, che privilegia la carriera nel suo Paese – ad eccezione di un periodo in Arabia Saudita (tra il 1978 e il 1980) – piuttosto che all’interno dei bastioni del calcio europeo.
Tarak Dhiab nella Tunisia
Una scelta di vita guidata dall’umiltà e dal profondo desiderio di rimanere in famiglia, nel club di sempre, l’Espérance Sportive de Tunis. Nel suo Paese Tarak Dhiab è un’icona, l’idolo di un popolo che non esita a soprannominarlo “il cervello” o “l’imperatore del calcio”. Tarak Dhiab ha il suo corpo posseduto dal pallone, che non ha mai lasciato fin dalla prima infanzia e dagli esordi con l’AS Ariana. Il suo allenatore a Tunisi e in Nazionale, il polacco Antoni Piechniczek, lo elogia alle stelle.
“Questo giocatore è un genio e il suo complice è un pallone con cui fa quello che vuole”, ha sempre detto il tecnico del suo protetto, che beneficia della generosità del boss dell’ Espérance, un banchiere di nome Ben Jedder. Ufficialmente il professionismo non esiste in Tunisia, tuttavia Tarak Dhiab, impiegato di banca, durante la settimana gode di permessi permanenti e assapora le gioie di uno status privilegiato.
Una politica che si sta rivelando particolarmente efficace. Colleziona titoli e performance individuali. Sei volte campione con l’ Espérance (1975, ‘76, ‘82, ‘85, ‘88 e ‘89), l’imperatore ha largamente contribuito al dominio del suo club nel calcio locale negli anni ’70 e ’80. La consacrazione arrivò nel 1977 quando vinse il Pallone d’Oro africano. È anche l’unico giocatore tunisino ad aver ottenuto questo trofeo, soprattutto grazie alle sue prestazioni durante le qualificazioni ai Mondiali del 1978. In Argentina, guidata da Tarak Dhiab, onnipresente nel gioco, la Tunisia diventa la prima squadra africana a vincere una gara in Coppa del Mondo (3-1 contro il Messico). Il dono dell’imperatore al suo popolo e ad un intero continente.
Nonostante il suo status, Tarak Dhiab non è immune da decisioni talvolta sorprendenti e ingiuste. Durante i Giochi del Mediterraneo del 1983 organizzati a Casablanca, l’atmosfera era marcia all’interno della selezione tunisina e portò alla disfatta contro la Turchia (1-3). Per ritorsione, Mohamed Kraïem, allora ministro della Gioventù e dello Sport, bandì tre giocatori accusati di lassismo: Dhiab, il suo amico d’infanzia Hédi Bayari e Saber El Ghoul. Il primo è stato riabilitato cinque anni dopo mentre gli altri due nel frattempo hanno appeso gli scarpini al chiodo. Dhiab ha segnato il suo ritorno anche qualificando la Tunisia alle Olimpiadi di Seul (1988) grazie a una doppietta segnata contro il Marocco (1-0 e 2-2). La vecchia “Aquila di Cartagine” è ancora determinante attivo nonostante abbia circa trent’anni. Si ritirò dalla nazionale il 2 giugno 1990 durante una partita contro l’Inghilterra prima di staccare definitivamente la spina nel 1992 dopo l’ultimo incontro tra Espérance e Juventus.
Tarak Dhiab ha poi trascorso giorni sereni tra il suo negozio di articoli sportivi e la presidenza dell’AS Ariana, il club delle sue prime imprese. Successivamente è diventato consulente per Al Jazeera Sport. Eletto giocatore tunisino del XX secolo nel 2000, Dhiab ha assunto la carica di vicepresidente dell’ Espérance nel maggio 2008. Due mesi dopo, è stato licenziato dal suo incarico per essersi rifiutato di stringere la mano al ministro dello Sport Abdallah Kaâbi durante la finale della Coppa di Tunisia. L’imperatore, deposto, prese poi una tregua in seguito a questa vicenda politica. Una messa a punto secondo lui. Le accuse a suo carico: infrazione al codice della strada, parole blasfeme e tentata corruzione di un agente di polizia. Non importa. Nel 2011 è stato nominato Ministro della Gioventù e dello Sport. L’imperatore riconquista per un po’ gli allori, perché la politica non fa per lui. Tarak preferisce l’odore degli spogliatoi ai corridoi del potere.
Mario Bocchio