Essendo un emotivo psicolabile, un viscerale impunito (e su questo forse dovrei eccepire, perché mi pare, anzi, di venir spesso punito a causa della mia visceralità proprio dalla fazione per cui tengo, la dico en passant, infatti mi pesa di non lamentarmi del Milan da un’eternità, un mese circa), ma essendo pure uno scribacchino, un imbrattacarte, un mangiapane a tradimento a mezzo stampa (e forse anche su questo dovrei eccepire, perché mi pare, anzi, di non mangiare spesso pane né tanto meno companatico a causa del mio frequente inclinare alle dimissioni per incompatibilità di testata altrui e di crapa mia), ho avuto in questo Mundial 1982 ogni occasione per smentirmi sinceramente e far splendidamente la peggiore figura del mondo. (…)
Se ricordo Italia-Camerun, e non solo il secondo tempo, ci metto anche il primo, continuo a rivederla come un’orribile partita, una delle più penose esibizioni della Nazionale dal 1910 (è vero, nel 1910 non c’ero ancora, non potrei garantire, e può darsi che Italia-Ungheria 1-6 di quel 26 maggio sia stata peggiore; posso garantire solo dal 1931, Italia-Scozia 3-0 del 20 maggio vista a Roma). Io, allora, non me ne sono accorto che la squadra italiana fosse già a punto per grandi imprese. Ma a sperare ho tuttavia cominciato alla vigilia di Italia-Argentina, e non per mia sapienza tecnica, piuttosto per mio intuito umano, anzi (non posso mobilitarmi in nessun modo, dato che non mi marco “a zona” ma “a uomo”) per mia solidarietà di cattivo carattere. (…)
Oh, come la ricordo bene, quella mattina. 28 giugno. Campo di allenamento a Gavà, nei pressi di Barcellona. Molti fotografi, giornalisti, radiocronisti e telecronisti italiani presenti per tempo ai margini, nell’ansia che una qualche incrinatura si apra nel fronte del mutismo azzurro. (…)
Botta e risposta in puro stile toscano. Tardelli si sfoga, Sconcerti pure. A un certo punto, Sconcerti propone a Tardelli addirittura di andare fuori campo a liquidare la questione. E Tardelli non si mostra alieno, dal seguire l’idea. Ma comincia l’allenamento, e ci si preoccupa di far stringere almeno la mano pro forma ai due contendenti. Me la ricordo bene, quella mattina. Io sono toscano, e durante l’incidente non proprio di gioco al campo d’allenamento al Gavà, mi sono sentito molto tentato a intervenire. Per una parte e per l’altra. Nel senso di contro una parte e contro l’altra. L’importanza, l’essenzialità, l’utilità di quella scenata nel particolare che mi ha fatto pensare che forse tutto non era perduto. Che c’era capacità di reagire. Che c’era volontà di non rassegnarsi alla sconfitta pronosticata. (…)
E a Italia-Brasile è fiorito Paolo Rossi. Mi aveva detto, quando non vigeva ancora il silenzio tra la stampa e la Nazionale: “I piedi vanno bene, ma mi mancano due mesi di gioco. Mi sono allenato, certo, ma non è lo stesso. Mi mancano i due mesi di partite ufficiali, di partite vere. Cercherò di recuperare sul campo…”. (…)
Insomma, Bearzot l’ha avuta vinta con Rossi come l’ha avuta vinta con tutti gli altri, dall’intramontabile Zoff, che ha fatto le più belle parate della sua vita, all’indomabile Conti, che ha furoreggiato da brasiliano all’attacco ma ancora più ha reso in difesa, al tenace Oriali che ha combattuto oltre le sue forze, all’olimpico Scirea, gran difensore dell’”area de castigo”, propria, ma anche fluidificante insidioso nell’ ”area de castigo” altrui. Al coraggioso Graziani, che s’è rotto due volte nel generoso tentativo di coprire contemporaneamente cinque ruoli d’attacco, al novizio Bergomi, entrato a far bravamente la sua parte con consapevolezza di veterano, eccetera. Bearzot non ha sbagliato un nome, una marcatura, una mossa. Mi rendo conto che sto scrivendo fregnacce.
Smetto, è la notte di un vero trionfo nazionale. In Italia, mi dicono, sta avvenendo qualcosa che rassomiglia a tutte le feste nazionali messe insieme, il 24 maggio, il 28 ottobre, il 25 luglio, il 25 aprile e così via, poi domani ci sveglieremo da questo sogno vero davanti a una realtà anzi un’irrealtà di merda. Non abbiamo una lira. Pazienza, facciamo durare questa notte. Non dovrebbe passare mai…
Oreste del Buono