Da quando si è ritirato, Adani ha sostituito il campo da calcio con la cabina del telecronista. C’è chi lo apprezza, chi lo critica. Ovviamente: “È una cosa che faccio con passione. Cerco di portare alla gente le sensazioni che si provano in campo. È importante essere consapevoli di come si comunica in modo che chi è a casa possa davvero capire il gioco e innamorarsi delle stelle”.
“Non ero un giocatore eccezionale racconta l’ex difensore centrale di Correggio, lo stesso paese del Reggiano in cui è nato Salvatore Bagni – ma avevo altre qualità e sicuramente avevo intelligenza e una buona gestione del gioco. Ero felice in ogni club in cui giocavo e cercavo sempre di mettere a segno rapporti con allenatori e giocatori, capire il calcio e realizzare ciò che queste persone volevano trasmettere”.
Prima di passare all’Inter nel 2002, Adani ha giocato per diversi club su e giù per la penisola italiana. Ha iniziato nelle giovanili del Modena e poi è andato al Brescia, alla Lazio e alla Fiorentina. Dopo l’Inter ha fatto un passaggio all’Empoli e anche quello è stato importante.
“Il calcio è cambiato molto negli ultimi dieci o 15 anni, ma un giocatore con intuito e piazzamento decente che sa gestire le palle vaganti può ancora dire la sua, a patto che mostri una buona lettura del gioco per coprire certi difetti. Ho giocato indietro perché potevo intuire dove muovermi prima di chiunque altro, riuscendo così a superare i miei difetti fisici” sottolinea.
I tifosi dell’Inter ricordano Adani in particolare per il gol del pareggio nella semifinale di Coppa Italia contro la Juventus nel 2003-‘04.
“Era un obiettivo emotivo – ricorda – Ho sentito che era il momento giusto per andare avanti. Indossavo persino una maglietta speciale, come se l’episodio fosse guidato da un essere superiore”.
Alla vigilia della gara, infatti, viene a sapere che a Brescia, città nella quale aveva vissuto e giocato per ben cinque anni, che un giovane di nome Francesco è sparito e che Bobo Vieri è proprio l’idolo ragazzino. Il difensore emiliano si attiva al fine di far sì che Vieri possa in qualche modo indirizzare un messaggio al ragazzo per spingerlo a tornare a casa, poi preparara maglietta con su scritto “Francesco, torna… ” da mostrare in caso di gol. Avrebbe dovuto indossarla Vieri, invece se le mette lui. Che segna. E la mostra.
Su quell’Inter ha le idee chiare: “Francesco Toldo è stato una persona importantissima in quegli anni. Per me è stato come un fratello ed è stato un pilastro di quella squadra. C’erano anche tanti giocatori apparentemente di serie B che avrebbero poi portato avanti l’Inter negli anni a venire. Abbiamo capito l’importanza della maglia, abbiamo portato il peso della responsabilità negli occhi e nel cuore e la gente lo ha percepito.
Gli attaccanti sono quelli che creano lo spettacolo: emozionano le folle. Abbiamo avuto Christian Vieri, Álvaro Recoba, Adriano e Julio Cruz, che è stato formidabile. L’Inter ha sempre avuto squadre ricche di qualità e spessore. È solo una questione di tempo prima di raccogliere i frutti. A volte Adriano dava questa impressione di essere onnipotente: era potente, veloce, aveva equilibrio, poteva colpire di testa e colpire bene la palla. Sapeva guidare la linea da solo o giocare con un altro attaccante”.
Adani parla anche sempre molto volentieri del suo amore per il Sud America, che è stato una costante per tutta la fine della sua carriera.
“La mia passione è iniziata quando ho capito di condividere tanti valori con i miei compagni dell’Inter, soprattutto con gli argentini o gli altri sudamericani come Ivan Córdoba o Recoba. Con loro mi sono sempre trovato a mio agio quando condividevo ricordi o emozioni. Una volta terminata la mia carriera, è stata una decisione naturale andare a trovare Matías Almeydain Argentina e conoscere le competizioni lì”.
Mario Bocchio