“Volevo, da bambino, solo giocare al calcio. Per questo ho iniziato giovanissimo nella Rondinella, squadra dilettantistica di Firenze che poi nel tempo è arrivata sino in C1. A 16 mi trasferii al Milan, lì cominciai a coltivare il mio sogno e devo ringraziare oltre i vari tecnici del settore giovanili principalmente l’allenatore della prima squadra un ‘certo’ Nereo Rocco che aveva intravisto in me delle qualità fuori dal comune infatti mi faceva allenare con la prima squadra. Mi ritrovai in mezzo a una serie di campioni che da lì a poco avrebbero scritto una storia importante del club rossonero vincendo nel ’69 la Coppa dei Campioni battendo a Madrid per 4-1 l’Ajax. Mi allenavo durante la settimana avendo davanti a me un punto di riferimento, un mito, Gianni Rivera. Lui era appena diventato il primo giocatore italiano della storia a vincere il Pallone d’oro. Osservavo tutto di lui cercando di rubargli ogni segreto e credo che questo, abbinato alle mie caratteristiche mi sia servito per la mia carriera”. Comincia così, con una punta di emozione, il racconto di Guido Magherini uno dei giocatori Italiani dotati di maggior estro e fantasia degli anni Settanta-Ottanta.
Nato a Firenze il 2 luglio 1951, comincia prestissimo a giocare a calcio e dopo il suo periodo di svezzamento alla Rondinella ecco il trasferimento al Milan nel ’67 ad appena 16 anni, nel 1970 viene mandato in prestito alla Lazio (la sua figurina Panini con la maglia della Lazio era introvabile e valeva oro) per ritornare in rossonero e fare in tempo a figurare nella rosa della squadra milanese che tra il 1972 e il 1973 vince la Coppa delle Coppe e la Coppa Italia.
Magherini e i ricordi milanisti
Dalla stagione 1973-‘74 si trasferisce in serie B all’Arezzo dove si può dire che inizia la sua “vera” carriera da protagonista girando varie squadre (Brindisi, Ascoli, Cagliari e Palermo) chiudendo la sua attività agonistica nel 1984 proprio nella sua società d’origine; La Rondinella.
A Palermo arriva in due periodi diversi: la prima è la stagione 1975-‘76, la migliore in Sicilia. Colleziona 34 presenze e 11 gol (segnando spesso direttamente dal calcio d’angolo), la squadra disputa un discreto campionato di serie B terminando al dodicesimo posto. Gioca due stagioni all’Ascoli e a Cagliari, poi nel 1978 torna Palermo dove colleziona in totale 39 presenze e 7 gol. Nel 1980 viene coinvolto nella famosa vicenda del calcioscommesse e condannato a 3 anni e 6 mesi per un presunto illecito sportivo che sarebbe stato commesso nella gara del 9 dicembre 1979 a Taranto, gara vinta dai rosanero per 2-1.
Nell’Arezzo e nel Brindisi
Accuse che Magherini ritiene ancora oggi ingiuste e assurde, che di fatto lo hanno costretto la chiudere la carriera a soli 33 anni. Ecco il suo racconto del periodo a Palermo:
I tempi del Palermo: con Montesano (a sinistra) e sulle figurine “Panini”
“Fui subito contentissimo del mio passaggio a Palermo, era il 1975 venivo da un ottimo campionato a Brindisi, ebbi subito la percezione di essere capitato in una bellissima città al cospetto di un pubblico meraviglioso. Disputammo una discreta stagione anche se cambiammo tre tecnici (De Bellis, Grassotti e Veneranda), legai subito con l’ambiente e con una persona che vorrei ricordare con grandissimo affetto; il presidente Renzo Barbera.
Del mio secondo periodo a Palermo vorrei soltanto ricordare il primo anno solo per la splendida cavalcata in Coppa Italia dove arrivammo a giocare il 20 giugno 1979 la finale con la Juventus, che in quel periodo aveva nelle sue fila il maggior numero di giocatori che componevano la nazionale italiana. Perdemmo ai supplementari dopo essere stati in vantaggio dal primo minuto con un gol di Vito Chimenti sino a 7 minuti dalla fine dei tempi regolamentari. Il resto è un dramma, non tanto personale, quando ci penso la prima cosa per cui ci sto male è che diedero 5 punti di penalizzazione al Palermo per una gara, Taranto- Palermo del 9 dicembre 1979, che per la giustizia sportiva secondo un illecito accordo avremmo dovuto pareggiare e di cui io sarei stato uno degli l’artefici . Ebbene il campo disse tutt’altra cosa, quella fu una delle mie migliori prestazioni in maglia rosanero creando con una mia azione personale i presupposti per il gol vittoria, infatti al 22°minuto del secondo tempo presi a palla nella mia metà campo superai tutti e diedi palla al limite dell’area con passaggio filtrante a Gasperini che segnò il gol della vittoria difendendolo strenuamente sino alla fine. A quei tempi la giustizia sportiva funzionava in maniera diversa rispetto ai giorni nostri, è bastata la testimonianza di un delinquente per rovinare una carriera e una società. Tuttavia ancora oggi quando torno a Palermo avverto nei miei confronti un grandissimo affetto soprattutto da chi ha vissuto con me quella vicenda e sa benissimo come è andata”.
Con la maglia del Cagliari
“Vorrei, infine, ringraziare tutto il mondo rosanero e miei amici di Palermo per essermi stato vicino nella mia battaglia personale che riguarda l’assurda scomparsa di mio figlio Riccardo, deceduto nella notte 2 e 3 marzo 2014 a causa di un comportamento ‘anomalo’ di tre carabinieri intervenuti a soccorrere il ragazzo in preda a una crisi cardiaca”.
Ma questa è un’altra storia. Una storia ancora tutta da scrivere, la più importante per Guido e la sua famiglia.