“Rossi, Rossi, Rossi”: la voce di Nando Martellini rimarrà sempre nella memoria di chi ha vissuto quei momenti ma anche di chi, come i più giovani, le partite dell’Italia al Mondiale 1982 le ha potute solamente guardare qualche anno dopo, cercando in quelle parole e in quelle immagini un po’ sgranate, di ricavare il succo delle emozioni dei protagonisti.
Il nome di Paolo Rossi, morto prematuramente all’età di 64 anni, resta indissolubilmente legato al trionfo dell’Italia ai Mondiali del 1982. La tripletta contro il Brasile, nella seconda partita della seconda fase del torneo, segna l’entrata in scena di Pablito. Deludente nelle prime 4 gare, difeso a spada tratta dal Ct Enzo Bearzot, Rossi inizia il suo personale Mondiale con la tripletta alla Seleção, dopo una prima parte di torneo molto faticosa.
“Io rientravo dalla squalifica delle scommesse e tutti mi vedevano come il salvatore della patria – raccontava a un’intervista al Corriere della Sera – Quando andai in ritiro con la Nazionale capii non ero ancora io. Fu lì che realizzai che ci sarebbe voluto tempo. Bearzot me lo diede, perché aveva capito che dovevo solo giocare il più possibile per ritrovare il ritmo-partita”.
Il Ct infatti – come ricorda Davide Bighiani – ha sempre creduto nelle qualità di Paolo Rossi, già con lui ai Campionati del mondo 1978: con sole tre partite disputate in due anni (e un gol), l’attaccante gioca un’amichevole in Svizzera per mettere un po’ di minuti nelle gambe e vola in Spagna.
“Le partite prima del Mondiale erano andate male, il girone pure”: l’Italia avanza ma senza brillare. 0-0 contro la Polonia e 1-1 con Perù e Camerun. Seconda nel proprio girone, si qualifica al turno successivo, grazie a un gol segnato in più a parità di punti e di differenza reti rispetto ai camerunensi. E Rossi, sempre titolare, non si sblocca nemmeno nel primo match della seconda fase, contro l’Argentina (2-1, Tardelli e Cabrini).
“MI MANCAVA IL RITMO-PARTITA. È UNA COSA DIFFICILE DA DESCRIVERE, È UN’ABITUDINE ALLA SOFFERENZA, ALLE MISURE CHE HA IL CAMPO, A TENERE LA CONCENTRAZIONE. SONO COSE CHE SI ACQUISISCONO SOLO GIOCANDO. E A ME MANCAVANO PERCHÉ ERO STATO FERMO DUE ANNI. UN’INFINITÀ”
Arriva il match con il Brasile: è il 5 luglio 1982 quando allo stadio di Sarrià, gli Azzurri si giocano un posto in semifinale contro la squadra di Telê Santana, offensiva e dinamica, quella del famoso futebol bailado. A loro basta un pari, e sono certamente i favoriti della vigilia. Partono forte, ma è l’Italia a passare in vantaggio dopo soli 5′: Cabrini, servito da Conti, pesca Rossi in area di rigore, il suo colpo di testa vale l’1-0.
“IL PRIMO GOL AL BRASILE, LO RICORDO COME IL PIÙ BELLO DELLA MIA VITA. NON HO AVUTO IL TEMPO DI PENSARE A NULLA: HO SENTITO COME UN SENSO DI LIBERAZIONE. È INCREDIBILE COME UN EPISODIO POSSA CAMBIARTI RADICALMENTE: NIENTE PIÙ BLOCCHI MENTALI E FISICI. DOPO QUEL GOL, TUTTO È ARRIVATO CON NATURALEZZA”
Capitan Sócrates pareggia al 12′ da posizione defilata (su assist di Zico), ma al 25′ tocca ancora a Pablito: erroraccio di Cerezo, che passa una palla molle al limite dell’area, e Rossi ne approfitta involandosi per il 2-1. Nella ripresa succede di tutto: Zoff salva su Cerezo, poi Rossi spreca il 3-1. Al 68′ ecco il 2-2: la difesa azzurra si apre e Falcão la può bucare con un bellissimo sinistro a giro. Non è finita però: 7 minuti dopo, da un corner di Conti, la palla arriva prima a Tardelli poi a Rossi che da gran rapace di area di rigore, firma la personale tripletta e il 3-2 conclusivo.
Una vittoria importantissima, che segna la svolta: l’Italia da “cenerentola” del torneo si ritrova tra le favorite per la vittoria finale, che poi si concretizzerà l’11 luglio contro la Germania Ovest, sempre grazie a Paolo Rossi che nelle due partite successive, contro polacchi (due) e tedeschi (uno) appunto, realizza altri tre gol, concludendo da capocannoniere del torneo. Mai nessuno riuscirà a segnare 6 reti nelle ultime tre partite di un Mondiale.
“DA BROCCO IMPROVVISAMENTE DIVENTAI IL PIÙ GRANDE (ROSSI ALLA ‘GAZZETTA DELLO SPORT’)”
Un’impresa da film, anzi da libro quella contro la Seleçao: “Ho fatto piangere il Brasile” (edizioni Limina), scritto con il giornalista Antonio Finco, diventerà anche il titolo della autobiografia di Pablito, divenuto famoso in tutto il mondo e poi premiato con il Pallone d’Oro, anche e soprattutto per questa impresa. Una tripletta ti può cambiare la vita.
“Sì. Io sono il centravanti che fece tre gol ai brasiliani – ricorda in un’intervista a Repubblica – Sono anche altre cose, ma essenzialmente quella. Mi rivedo con la maglia azzurra numero venti, e mi fa piacere perché la Nazionale unisce mentre le squadre di club dividono. A volte passano anni senza che mi arrivino telefonate speciali, ma quando mancano due mesi al Mondiale comincia a squillare il telefono. E tutti mi chiedono del Brasile, anche se è passata una vita”.
Purtroppo ora quel telefono non squillerà più, ma noi continueremo a ricordare.