A Palermo tutto sommato hanno avuto pochi assaggi di Serie A sin dalla creazione del club nel 1900, e alcuni cambiamenti di identità lungo il percorso. Brevi apparizioni prima e dopo la Seconda guerra mondiale (dal 1931 al 1936 poi dal 1948 al ‘52), e l’ascesa successivamente alla fine degli anni Cinquanta (1956-‘57 e 1958-‘59), dall’inizio degli anni Sessanta al 1973, infine negli anni Duemila, con tre quinti posti (migliori risultati di sempre) e la partecipazione alla Coppa UEFA.
Non c’era molto da mangiare per i tifosi del club siciliano, che però hanno accolto con il sorriso sulle labbra e il bouquet del vincitore in mano la promozione della squadra in maglia rosa – come quella leader del Giro – nella stagione 1969-‘70.
Per affrontare i “grandi” del calcio nazionale, il Palermo si è avvalso dei servigi di un vecchio barone tra i tecnici italiani: Carmelo Di Bella. Arrivato nel 1967, Di Bella ha trascorso la sua carriera da giocatore tra il Catania, dove è nato il 30 gennaio 1921, e il Palermo. L’uomo ha dei principi: lealtà e amore per il lavoro, vecchio stile. Quello soprannominato in Sicilia “il mago del Sud” è un emulo di Helenio Herrera, variazione dell’altro suo soprannome (“l’Herrera del Sud”). Questo la dice lunga sulla tattica adottata dalla squadra per il ritorno in Serie A: un buon presidio difensivo per garantire basi solide alle retrovie. Di Bella è un uomo semplice con principi insiti nella sua natura, e il catenaccio corrisponde alla sua mentalità.
In campo purtroppo fa acqua la difesa siciliana costruita attorno all’esordiente Ivan Bertuolo (che arriva da Bergamo) e ai vecchi guerrieri della Serie B (Franco Landri, Mario Giubertoni e Ido Sgrazzutti). I giovani, come Franco Causio che arriva dalla Reggina, sono ancora troppo teneri. Il Palermo subisce quarantacinque gol. Un record stagionale di cui l’“Herrera del Sud” avrebbe fatto a meno. Abbastanza per passare nella migliore delle ipotesi per un “Herrera dei poveri” per coloro che ridacchiano anche sull’efficacia degli attaccanti. Gaetano Troja e Sergio Pellizzaro (dall’Inter) hanno segnato insieme la metà dei gol complessivi (sei a testa su un totale di ventitré) dal club nel corso dell’anno.
Con una difesa assente e un attacco molto pallido (rosa), il Palermo chiude la sua esercitazione al penultimo posto (15°) con solo cinque piccole vittorie sull’abaco.
Un giro d’Italia nel quale le maglie rosa sono regolarmente vicine alla lanterna rossa, dopo un inizio catastrofico dove il club ha subito quattro sconfitte consecutive e ha ottenuto il primo successo solo all’undicesima giornata (vittoria per 3-0 contro la Sampdoria). Una stagione che ricorda la Via Crucis o una tappa di montagna per un velocista su strada. L’eliminazione prematura al primo turno di Coppa Italia non aiuta il mago di Catania che scalpita in panchina, ma qualche volta sfiora le stelle con i suoi ragazzi.
Come la vittoria contro il Cagliari, futuro vincitore dello scudetto. Un gol di Gaetano Troja alla fine del primo tempo. Tornando con i piedi per terra, Di Bella però constata i danni e deplora la debolezza della sua squadra che fatica a mettere insieme risultati. Anzi, le sconfitte si accumulano e il Palermo chiude la stagione con quattro piccoli punti portati via (e solo sedici in casa).
Il Palermo 1969-’70 sulle figurine “Panini”
Ancora una volta l’ospite de “La Favorita” torna in serie B subito dopo averla lasciata. Nel gennaio 1971 Carmelo Di Bella si dimette in seguito ad una sconfitta contro la Reggina e torna, si sa, a casa, a Catania, sull’erba più piatta, dove prende subito le redini della squadra locale. Il Palermo tornò nuovamente in Serie A nell’anno 1972-‘73. È sempre il viaggio in ascensore prima della discesa agli inferi e dello scioglimento del club a metà degli anni Ottanta. E una nuova resurrezione.
Mario Bocchio