Tra il 1957 e il 1958 l’Italia calcistica visse un vero e proprio dramma: la squadra nazionale fu esclusa dalla partecipazione alla fase finale dei Mondiali che si sarebbe disputata in Svezia (trionfo del Brasile, il primo nella storia dei verde – oro. Gli azzurri furono eliminati nel gruppo 8 eliminatorio dall’Irlanda del Nord. Una storia che merita di essere raccontata per intero. E lo hanno fatto Luciano Angelini e Franco Astengo). Il mondo calcistico allora era molto più piccolo: alle qualificazioni per i campionati del mondo di Svezia si iscrissero infatti 51 squadre: c’era per la prima volta anche l’Unione Sovietica. Alla fase finale erano ammesse 16 compagini.
Il 27 Aprile a Zurigo si compongono i gironi eliminatori. Una sola squadra classificata per girone: Svezia padrona di casa e Germania Occidentale campione uscente (finale a Berna 1954, drammatico 3-2 all’Ungheria) qualificate d’ufficio. Nove gruppi europei. Gruppo 1: Inghilterra, Danimarca, Eire; Gruppo 2: Francia, Belgio, Islanda; Gruppo 3: Ungheria, Bulgaria, Norvegia; Gruppo 4: Cecoslovacchia, Galles, Germania Est; Gruppo 5: Austria, Olanda, Lussemburgo; Gruppo 6: URSS, Polonia, Finlandia; Gruppo 7: Jugoslavia, Romania, Grecia; Gruppo 8: Italia, Portogallo, Irlanda del Nord; Gruppo 9: Spagna, Scozia, Svizzera. Tre gruppi sudamericani. Gruppo 10: Brasile, Venezuela, Perù; Gruppo 11, Argentina, Bolivia, Cile; Gruppo 12: Uruguay, Paraguay, Colombia. Un gruppo centro-nord- americano diviso in due settori. Da una parte Messico, Canada, USA, dall’altra Costarica, Antille Olandesi e Guatemala con finale tra le due vincenti. Gruppo 14 diviso in quattro parti: Indonesia, Cina Taiwan nel primo sottogruppo; Israele, Turchia nel secondo; Egitto e Cipro nel terzo, Siria e Sudan nel quarto e girone finale tra le vincenti.
Per il calcio italiano è un momento particolare. Il campionato di Serie A vive un momento di grazia con grandi squadre e grandi campioni, ma la spina dorsale dei nostri club (nella stagione 56 – ’57 la Fiorentina è arrivata in finale nella Coppa dei Campioni, così come nella stagione successiva è toccato al Milan: entrambe hanno ceduto soltanto allo strapotere del Real Madrid) è rappresentata in gran parte da eccezionali campioni stranieri o “oriundi”. La Nazionale ne soffre e, dopo l’inopinata eliminazione dai mondiali elvetici del 1954, si cerca di rimediare utilizzando molti campioni di estrazione sudamericana già avanti con l’età e agonisticamente al di sotto delle esigenze di difficili competizioni internazionali. Per dovere di cronaca elenchiamo gli stranieri e gli oriundi impiegati dalle squadre di Serie A nella stagione 1957 – ’58. Alessandria: lo svizzero Vonlanthen e l’italo peruviano Natteri (entrambi di estrazione interista). Atalanta: il centromediano svedese Gustavsson; Bologna l’argentino Maschio (uno dei tre “de la cara sucia”) e lo jugoslavo Vukas, entrambi attesissimi e molto deludenti al loro esordio italiano. Fiorentina: Giulio Botelho detto Julinho brasiliano, ala destra inarrivabile ammalato di “saudade” e due oriundi: Montuori e Francisco Ramon Lojacono entrambi utilizzati in nazionale. Genoa: un uruguiano di grandissima classe Julio Cesare Abbadie e un suo connazionale modesto gragario, Leopardi. Inter: l’immenso Antonio Valentin Angelillo dalla classe eccelsa e dalla vita privata sopra le righe; lo svedese Nacka Skoglund, altro dotato di grandissima classe ma molto incostante e il modesto uruguaiano Washington Cacciavillani. Juventus: uno straniero John Charles e un oriundo Omar Sivori, in grado di fare la differenza a tutti i livelli (Sivori in quel momento non era ancora utilizzabile in Nazionale, come del resto Angelillo, non essendo ancora trascorsi tre anni dalla loro ultima esibizione nella nazionale argentina, con la quale proprio nel 1957, prima di trasferirsi in Italia, avevano vinto la Coppa America). Lanerossi Vicenza: uno svedese Aronsson e un italo – inglese Tony Marchi che a un certo punto si cercò anche di convocare in nazionale. Lazio: lo svedese “raggio di luna” Selmonsson acquistato per 120 milioni dall’Udinese e l’estroso ma bizzarro centravanti brasiliano Humberto Tozzi. Milan: Nils Liedholm ultimo superstite del celebre Gre-No-Li; gli argentini Ernesto Grillo e Tito Cucchiaroni e il campione del mondo 1950 con l’Uruguay Pepe Schiaffino, anche lui utilizzato in azzurro ma già sul viale del tramonto. Napoli: il centravanti brasiliano Luis Menezes de Vinicius detto Vinicio per il quale si cercò invano una nonna italiana e il “petisso” italo – argentino Bruno Pesaola, anch’egli nel giro della nazionale. Padova: a nobilitare il catenaccio di Rocco nientemeno che l’imprendibile “uccellino” svedese Kurt Hamrin. Roma: due oriundi utilizzati in nazionale Dino Da Costa e Alcide Ghiggia (anche lui campione del mondo con l’Uruguay nel 1950, autore del gol della vittoria sul Brasile al Maracanazo). Sampdoria: Ernest Ockwirk, già centromediano metodista del Wunderteam austriaco, il miglior giocatore che mia abbia indossato la maglia blucerchiata, e l’italo – sudafricano Eddie Firmani “tacchino freddo” anche lui utilizzato in nazionale. Spal: lo svedese Sandell. Torino: il mediano francese Antoine Bonifaci e il giramondo paraguayano Dionisio Arce. Udinese: l’oriundo Pentrelli all’ala destra e il forte centrocampista svedese Lindskog; Verona: l’esplosivo brasiliano Emmanuele Del Vecchio e l’anonimo danese Gundersen.
Alcuni grandi assi, qualche mediocre e tanti oriundi con i quali si pensava di riempire i buchi che in certi ruoli d’attacco si presentavano nello schieramento della nostra nazionale La questione fondamentale però, per il calcio italiano, rimaneva quella della conduzione tecnica della squadra. Risolto il rapporto con il santone svedese Lajos Czeizler, già allenatore del Milan, che aveva condotto la squadra nell’ingloriosa spedizione svizzera del 1954, la Federazione decise di affidarsi ad una composita commissione tecnica. Tutti ottimi dirigenti nelle loro società, ma dalla idee diverse tra loro con qualcuno anche troppo legato a schemi ormai sorpassati. Ci fu anche chi propose di affidarsi di nuovo all’ormai stagionato Vittorio Pozzo, il c.t. delle vittorie mondiali ’34 e ’38. In ogni caso la commissione fu composta dal dirigente della Lega Calcio Pasquale (andava in panchina sempre con i calzini bianchi convinto portassero fortuna, tra i suoi imitatori l’allenatore del Savona Evaristo Malavasi detto “Ringo”), dal presidente del Novara Luciano Marmo, dal presidente dell’Atalanta ing. Tentorio e dall’ex- campione del mondo Angiolino Schiavio, già centravanti del Bologna e titolare di un grande negozio di articoli sportivi proprio nella piazza Maggiore del capoluogo emiliano. Tutti dilettanti, come usava all’epoca (in precedenza aveva diretto la Commissione tecnica il presidente del Brescia, Carlino Beretta, noto in tutto il mondo per la fabbricazione di fucili e pistole; in seguito ci sarebbero stati il presidente del Legnano Mocchetti e il grande presidente della Spal Mazza). Unico professionista l’allenatore che avrebbe dovuto curare l’impostazione tecnico-tattica dei giocatori scelti dalla Commissione: l’ex campione del mondo Alfredo Foni che in panchina aveva già dimostrato di saperci fare vincendo con l’Inter gli scudetti 1952 – ’53 e 1953 – ’54.
In realtà la direzione effettiva risultò in mano a Pasquale e a Foni, anche quando in Commissione fu incluso il segretario della Roma Aurelio Biancone, persona dalla grande competenza che nella squadra giallo rossa aveva svolto, nel tempo, anche i ruoli di giocatore e allenatore. Il girone ebbe inizio mercoledì 16 gennaio 1957 a Lisbona: Portogallo – Irlanda del Nord 1-1 con rete irlandese dell’ala destra Bingham e pareggio lusitano di Vasques su rigore. L’esordio dell’Italia avvenne il 25 Aprile 1957 all’Olimpico di Roma, avversari i nordirlandesi. In difesa il blocco della Fiorentina; idue bianconeri sulle fasce: Muccienalli della Juve a destra; Frignani dell’Udinese a sinistra. Gigliata la guida del centrocampo con Gratton; “testina d’oro” Galli e il blucerchiato Firmani le punte. Avvio con il botto: dopo 3’ punizione di Cervato e rete. Sembrava profilarsi una passeggiata, ma non fu così: i verdi d’Irlanda si resero più volte pericolosi e fu merito del blocco della Fiorentina in difesa salvare il risultato.
ITALIA – IRLANDA DEL NORD 1-0
Rete: Cervato al 3’.
Italia: Lovati (Lazio), Magnini (Fiorentina), Cervato (Fiorentina), Chiappella (Fiorentina), Orzan (Fiorentina), Segato (Fiorentina), Muccinelli (Lazio); Galli (Roma), Firmani (Sampdoria), Gratton (Fiorentina), Frignani (Udinese); all. Foni.
Irlanda del Nord: Gregg, Cunningham, Mc Michael, Danny Banchflower, Cush, Casey, Bingham, Mc Ilroy, Simpson, Mc Morran, Peacock; all. Doherty.
Arbitro: Guigue (Francia).
Il disastro però era nell’aria e arrivò il 26 maggio 1957 allo stadio Nacional di Lisbona. Intanto l’Irlanda del Nord si dimostra l’avversaria più pericolosa liquidando per 3-0 i portoghesi al Windsor Park di Belfast nella partita giocata il 1 maggio 1957. A segno Casey, Simpson e Mc Ilroy su rigore.
A Lisbona blackout totale degli azzurri che, quindici giorni prima, nell’ambito della Coppa Internazionale avevano subito una storica batosta per 6-1 dalla Jugoslavia a Zagabria. La Commissione tecnica decise , per la gara portoghese, una vera e propria rivoluzione: contro la Jugoslavia aveva giocato, infatti, l’intero blocco della Fiorentina con 9 giocatori integrati dal portiere laziale Lovati e dallo juventino Boniperti. A Lisbona si decise di far esordire cinque giocatori, componendo un vero e proprio “mosaico”: i milanisti Fontana e Bean, i napoletani Posio e l’oriundo Pesaola e un altro sud americano della Roma, Alcide Ghigga.
PORTOGALLO – ITALIA 3-0
Reti: Vasques 41’, Texeira 83’, Matateu 87’
(Il Portogallo era ancora lontano dallo schierare quella formazione che, tramite il Benfica, avrebbe poi dimostrato grandi qualità per tutti gli anni ’60 fino a pervenire, ai mondiali di Londra ’66, alla semifinale).
Portogallo: Gomes, Virgilio, Angelo, Pedroto, Arcanio, Graca, Vasques, Texeira, Matateu, Salvador, Cavem.
Italia: Bugatti (Napoli), Fontana (Milan), Cervato (Fiorentina), Chiappella (Fiorentina), Bernasconi (Sampdoria), Posio (Napoli), Ghiggia (Roma), Boniperti (Juventus) Bean (Milan) Pandolfini (Inter) Pesaola (Napoli).
Arbitro: Treichel (Germania Ovest).
A questo punto la vicenda si colora di giallo. Mercoledì 4 dicembre 1957 a Belfast si gioca la gara decisiva: Irlanda del Nord- Italia. Accade l’imprevisto: l’aereo che dovrebbe portare l’arbitro designato, Zsolt ungherese, a Belfast è bloccato a Londra dalla nebbia. I nordirlandesi propongono all’Italia di giocare egualmente facendo dirigere la gara dall’arbitro irlandese Mitchell, un fischietto esperto e molto stimato.
La dirigenza italiana in un primo tempo accetta: poi l’allenatore Foni si impunta e non concede il consenso a giocare la partita come valida per la qualificazione. La gara è così declassata ad amichevole per non deludere il pubblico già assiepato sugli spalti del Windsor Park. Gli irlandesi però si sono indispettiti perché si sentono accusati di antisportività. La partita “amichevole” si trasforma in una vera e propria caccia all’uomo, con gigantesca rissa finale. Carosio alla radio urla “Picchiano i nostro giocatori”: in realtà, in quel momento Ferrario, detto “Mobilia”, il che è tutto dire, e Chiappella stavano ben facendosi valere anche a livello di “noble art”. Per la cronaca la gara era finita 2-2, punteggio che avrebbe qualificato gli Azzurri. Per il recupero fu indicata la data del 15 gennaio 1958.
IRLANDA DEL NORD – ITALIA 2-2
Reti: 24’ Ghiggia, 27’ Cush, 50’ Montuori, 60’ Cush.
Irlanda del Nord: Gregg, Keith, Mc Michael, Danny Blanchflower, Jackie Blanchflower, Peacock, Bingham, Mc Ilroy, Mc Adams, Cush, Mc Parland.
Italia: Bugatti (Napoli), Corradi (Juventus), Cervato (Fiorentina), Chiappella (Fiorentina), Ferrario (Juventus), Segato (Fiorentina), Ghiggia (Roma), Schiaffino (Milan), Bean (Milan), Gratton (Fiorentina), Montuori ( Fiorentina); all. Foni.
Arbitro: Mitchell (Irlanda del Nord)
Nel frattempo fu consumata la vendetta sul Portogallo. I lusitani, con la squadra colma di giocatori provenienti dalle colonie dell’Angola e del Mozambico, furono costretti a giocare a San Siro il 22 dicembre 1957. A Milano gravava, in quel giorno, uno dei più spessi nebbioni del secolo e la temperatura era sotto zero. Il povero Matateu si rifiutò di scendere in campo. Qualche anno prima, in analoghe condizioni, all’ala sinistra dell’Egitto, Alaa El Din, che pure nel primo tempo aveva segnato un goal, si congelarono le dita dei piedi. Inoltre arbitro fu designato un certo Damiani, della federazione jugoslava, nato però ad Udine. Finì 3-0 ma sinceramente alla televisione non si vide nulla o quasi.
ITALIA – PORTOGALLO 3-0
Reti: Gratton 36’ e 72’, Pivatelli 84’.
ITALIA: Bugatti (Napoli), Corradi (Juventus), Cervato (Fiorentina), Chiappella (Fiorentina), Ferrario (Juventus), Segato (Fiorentina), Ghiggia (Roma), Schiaffino (Milan), Pivatelli (Bologna), Gratton (Fiorentina), Montuori (Fiorentina).
PORTOGALLO: Gomes, Virgilio, Pacheco, Pedroto, Arcanjo, Torres, Hernani, Teixiera, Aguas, Coluna, Duarte (Aguas e Coluna sono i primi a comparire tra quelli che saranno in seguito i protagonisti della già citata epopea del Benfica negli anni’60).
Arbitro: Damiani (Jugoslavia).
Siamo così alla scena madre. Belfast 15 gennaio 1958. Non c’è nebbia, cielo terso e Zsolt arriva puntuale. La formazione italiana è quanto di più cervellotico si possa immaginare. GioanBrera fu Carlo, dalle colonne del Guerin Sportivo aveva proposto, considerato che per qualificarci sarebbe bastato il pareggio, di portare in nazionale il blocco del Padova che Rocco aveva impostato su di un rigido catenaccio. I “poareti” biancoscudati in quel momento stavano contendendo lo scudetto a Juve e Fiorentina. La proposta venne sdegnosamente respinta perché considerata sacrilega del bel gioco italico votato all’attacco. Foni, scrisse Brera, più che non capire che si doveva far giocare il catenaccio del Padova, non osò. Così la Ct ebbe la bella pensata di far giocare, a Belfast in gennaio, una prima linea per 4/5 composta da sud americani (tra l’altro non di primo pelo), sostituendo in più i due lottatori fiorentini della difesa, Chiappella e Cervato, con gli interisti Vincenzi e Invernizzi.
Sul campo per di più l’ottimo e imparziale Zsolt espulse Ghiggia a venti minuti dalla fine proprio mentre la squadra stava svolgendo il massimo sforzo per arrivare al pareggio. Presunzione, pressapochismo, scelte clamorosamente sbagliate. Risultato finale: Italia fuori dal Mondiale. Il trionfo di Pelè gli azzurri lo videro in tv.
“Lo smacco – ha scritto Gianni Brera nella sua Storia critica del calcio italiano – è cocente per tutti noi. Le parti in causa si accusano a vicenda. I qualunquisti se la prendono con Foni per l’esagerato numero di oriundi inutilmente impiegati; i difensivisti lamentano il mancato impiego della difesa patavina, che sicuramente avrebbe consentito di ottenere almeno l’indispensabile pareggio. L’impiego degli oriundi era sì esagerato ma diceva praticamente come fosse povero il nostro calcio di elementi all’altezza (salvo rare e fortunate eccezioni, non è che le cose siano cambiate, basta scorrere le formazioni del campionato 2017-2018 NdR). Sembra incredibile, ma proprio Foni, che aveva vinto con l’Inter due scudetti applicando il catenaccio, in nazionale si è attenuto al più squallido WM, ed è rimasto a casa”.
Con la qualificazione dell’Irlanda del Nord, per la prima e unica volta nella storia del calcio le quattro federazioni britanniche approdarono alla fase finale del mondiale: Inghilterra, Galles, Scozia e – appunto – Irlanda del Nord.
IRLANDA DEL NORD – ITALIA 2-1
Reti: Mc Ilroy 13’, Cush 28’, Da Costa 56’.
Irlanda del Nord: Uprichard, Cunningham, Mc Michael, Danny Banchflower, Jackie Blanchflower, Peacock, Bingham, Mc Ilroy, Simpson, Cush, Mc Parland.
Italia: Bugatti (Napoli), Vincenzi (Inter), Corradi (Juventus), Invernizzi (Inter), Ferrario (Juventus), Segato (Fiorentina), Ghiggia (Roma), Schiaffino (Milan), Pivatelli (Bologna), Montuori (Fiorentina) Da Costa (Roma).
Arbitro: Zsolt (Ungheria).