Nel 1916 su un totale di 23 Federazioni affiliate alla FIFA ben 19 sono europee e solo due sudamericane. Tuttavia, mentre nel Vecchio Continente l’attività sportiva registra, a causa del conflitto mondiale, una brusca frenata, sulle sponde del Rio de La Plata fervono le iniziative. E proprio il 1916, centenario dell’indipendenza dell’Argentina, è la data ideale, secondo il dirigente uruguayano Héctor Rivadavia Gómez, per dare vita a un torneo di calcio e contestualmente creare la CSF (Confederación sudamericana de fútbol ), con la partecipazione, in origine, di Argentina, Uruguay, Brasile e Cile. Sono queste quattro nazionali a dare vita, dal 2 al 17 luglio 1916, al primo Campeonato Sudamericano de Fútbol: lo vince l’Uruguay, anche se la Coppa America sarà materialmente assegnata a partire dall’edizione successiva.
Dal 1920 al 1927 la Coppa America si disputa a cadenza annuale. Nel 1921 l’Argentina iscrive per la prima volta il suo nome nell’albo d’oro, terminando il torneo a punteggio pieno (vittorie su Brasile, Uruguay e Paraguay) e senza incassare reti. L’autore del gol vincente nella decisiva gara con l’Uruguay, il centravanti Julio Libonatti, a fine partita viene portato in trionfo dai tifosi festanti, a Buenos Aires, per 4 km, dallo stadio di Barracas alla centralissima Plaza de Mayo. Poi per Libonatti, primo calciatore sudamericano a trionfare in Europa, verranno le tante soddisfazioni della sua carriera italiana: 284 partite e 164 gol con le maglie di Torino e Genoa, uno scudetto in granata, 17 presenze e 15 reti nella nazionale italiana. Dalle prime 14 edizioni emerge chiarissimo il dominio del fútbol rioplatense: sette successi dell’Uruguay, cinque dell’Argentina e due del Brasile.
Di conseguenza a brillare sono soprattutto le stelle di Uruguay e Argentina. Nella “Celeste”, la nazionale uruguayana, fanno epoca il Gran Capitán e difensore centrale José Nasazzi, il goleador Pedro Petrone, che confermerà le sue doti di cannoniere anche in Italia, nella Fiorentina, e José Leandro Andrade, soprannominato maravilla nigra, centrocampista difensivo dalle sopraffine doti tecniche. L’Argentina mette in mostra un portiere, Américo Tesoriere, basso di statura ma dai riflessi straordinari, e due giocatori, il centromediano Luis Monti e l’ala sinistra Raimundo Orsi, protagonisti nel successo del 1927, che faranno la fortuna della Juventus negli anni Trenta. Con l’edizione del 1939 si interrompe la tripla egemonia Uruguay-Argentina-Brasile.
Il merito è del Perù, che per la terza occasione organizza la Coppa in casa e per la prima volta la vince. Sulla panchina peruviana siede l’inglese Jack Greenwell, unico allenatore di scuola europea a conquistare il titolo americano. Teodoro “Lolo” Fernández, con sette gol, è il capocannoniere della manifestazione e la stella di un Perù degno vincitore. L’edizione 1939 segna anche il debutto del centrocampista uruguayano Obdulio Varela, per quindici anni pilastro della Celeste. Nel 1941 esordisce invece il portiere cileno Sergio Livingstone, figlio di Juan, arbitro della finale Argentina-Uruguay del 1917. Nomi poco conosciuti partecipano a questo primo torneo continentale.
La curiosità è Isabelino Gradín, mezzala sinistra dell’Uruguay, che rappresenta un bell’esempio di atleta bivalente: gioca bene a calcio ed è campione sudamericano di atletica leggera sui 400 metri piani. La vera Coppa America, fabbricata in una gioielleria di Buenos Aires e costata 3000 franchi svizzeri, entra in palio l’anno dopo, 1917, nel torneo disputato in Uruguay. È ancora l’Uruguay a laurearsi campione sudamericano e questa volta, assente Gradín, la stella si chiama Héctor Scarone: suo il gol vincente nell’ultima partita contro l’Argentina. Scarone, attaccante dalle straordinarie doti tecniche, trascinerà poi l’Uruguay alla vittoria nelle Olimpiadi del 1928 e nei Mondiali del 1930 e tenterà l’avventura europea nelle file del Barcellona e dell’Inter (stagione 1931-‘32), dove il suo compagno Giuseppe Meazza lo definirà “il migliore giocatore del mondo”. Nel 1919 ‒ con le quattro partecipanti di sempre, Argentina, Uruguay, Brasile e Cile ‒ la Coppa approda in Brasile.
A Rio de Janeiro il torneo termina con Uruguay e Brasile a pari punti: decisivo nello spareggio il gol del centravanti brasiliano Arthur Friedenreich, il primo grande campione del calcio verdeoro. Mulatto dagli occhi verdi, maestro nel dribbling, fortissimo nel gioco aereo, Friedenreich nei vent’anni della sua carriera mette a segno, secondo le statistiche dell’epoca, lo straordinario numero di 1329 reti, cifra a cui nel mondo si è avvicinato soltanto Pelé. La scarpetta del gol vincente sull’Uruguay è rimasta esposta diversi anni nella vetrina di un negozio nella calle Ouvidor di Rio de Janeiro.