“Da giocatore, più volte avrei meritato il Daspo!”
(Pasquale Bruno alla Gazzetta dello Sport , 23 novembre 2010)
Non esistono storie su Pasquale Bruno. Su di lui non girano quelle voci che circolano su molti altri suoi colleghi. Pasquale Bruno era (ed è) uno serio fuori dal campo e nonostante incarni alla perfezione lo stereotipo del giocatore rissoso, oggi Pasquale Bruno, non si trova ubriaco in giro per strada a menar le mani come capita a molti calciatori(specialmente inglesi) dediti allo scontro fisico in campo, ed è per questo che Bruno è unico, unico ed indimenticabile. Di quanti difensori inutili ci siamo scordati? SE lo chiede “Lacrime di Borghetti”. Già, perchè il difensore, per essere ricordato, deve necessariamente essere un fenomeno e Bruno era un fenomeno, ma un fenomeno nel suo personalissimo modo di stare in campo. Avete presente Peter Parker? Peter Parker diventa l’Uomo Ragno solo quando c’è bisogno, il resto del giorno è un anonimo fotoreporter di un giornale, ecco, ci perdonerà Pasquale per il paragone, ma lui è esattamente come Peter Parker, perchè Bruno nonostante il suo temperamento in campo, fuori dal rettangolo di gioco non ha mai fatto notizia, perchè lui si trasformava solo quando indossava un paio di scarpini e una maglietta da calcio,si trasformava solo quando scendeva in campo in “O’ Animale”.
“O’ Animale” un soprannome che non è mai andato a genio a Pasquale, che preferiva essere chiamato Diabolik data la somiglianza, se non altro perchè quello stesso nomignolo era stato affibbiato a Pasquale Barra, esponente di spicco della nuova camorra organizzata, famoso per essere il principale accusatore di Enzo Tortora, ma soprattutto, per aver preso a morsi il cuore di Francis Turatello e non metaforicamente parlando. San Donato è uno dei tanti paesini del Salento, ed è qui alle porte di Lecce che nasce Pasquale. Il Salento è un po’ come Bruno, ha due facce, soprattutto in estate; di giorno addormentato e tranquillo e la notte vivo e vegeto con feste e sagre in ogni dove, proprio come lui fuori e dentro il rettangolo di gioco.
Pasquale in campo è stato il migliore in Italia nel suo “ruolo”, non quello dello squallido provocatore da quattro soldi che oggi infesta il nostro campionato, ma quello del difensore che non ti da respiro, che ti fa sentire continuamente il tacchetto e che ti asfissia nella sua morsa. Non è vero che era un violento, forse nella sua carriera c’è stato un solo vero fallo brutto (quello su Raducioiu), ma ai difensori, anche ai migliori, può capitare. La stampa lo ha sempre dipinto come un sadico, ingigantendo ogni suo intervento, in realtà Pasquale Bruno non era solo entrate e fallacci, era anche un gran bel difensore, lo dice chiaramente la sua carriera.
Esordisce nel suo Lecce in serie B, dove rimane per 5 stagioni. Nel 1983 passa al Como, allenato da Tarcisio Burgnich dove otterrà la promozione nella massima serie. Rimane altre 3 stagioni in riva al Lario, collezionando 3 salvezze tranquille ed una semifinale di Coppa Italia persa a tavolino contro la Samp, per colpa di un oggetto scagliato dagli spalti del Sinigaglia, durante i supplementari con il Como in vantaggio, sulla testa del direttore di gara Redini. Assoluto punto di forza della retroguardia comasca, nel 1987 arriva l’occasione della vita, Rino Marchesi ex allenatore dei lariani ed in quel momento alla Juve, decide di portarlo con sè a Torino. in 3 anni di Juventus mette in bacheca una Coppa Italia ed una Coppa Uefa, e diventa uno dei pupilli di Dino Zoff(mister del dopo Marchesi). A Torino sponda bianconera è ricordato soprattutto per la sua amicizia con Ian Rush, compagno di pub, che tornerà in Gran Bretagna poco arricchito dall’esperienza italiana ma con un buon bagaglio di parolacce salentine. Nel 1990 passa al Torino neopromosso in A. In granata Pasquale compie un vero e proprio capolavoro, nonostante arrivi direttamente dall’altra riva del Po, diventa in poco tempo un idolo della tifoseria.
La sponda bianconera ha sempre amato i piedi felpati, le punizioni a foglia morta, la classe e infatti uno come Bruno non è mai stato pienamente capito. La tifoseria torinista invece ha sempre apprezzato di più, chi ha versato per la maglia: lacrime,sangue e sudore. Intendiamoci, al Torino di campioni ne sono passati tanti, ma il vecchio cuore granata ha pulsato sempre più per l’uomo piuttosto che per l’atleta. Bruno entra a far parte di una squadra composta da gente come “Rambo” Policano ed Enrico Annoni giocatori che non tirano mai indietro la gamba e che anzi la mettono anche quando non serve.
Bruno, Policano e Annoni il Torino in quel periodo era più pericoloso della striscia di Gaza. È un Torino meraviglioso, guidato da un enorme Emiliano Mondonico, un Torino che nei 3 anni di permanenza di Bruno, raggiunge risultati strabilianti, come il quinto posto e la qualificazione in Uefa il primo anno (la Juve arriverà sotto e non si qualificherà in Europa), la finale di Coppa Uefa contro l’Ajax e la conquista della Coppa Italia contro la Roma. È proprio a Torino che Bruno diventa per tutti “O’Animale”, è proprio al Torino che darà il meglio di sè, non solo calcisticamente parlando. Il 17 novembre del 1991 compie un opera d’arte. Si gioca il derby della Mole, dopo appena 17 minuti di gioco per un entrata su Casiraghi, riceve il secondo giallo, Pasquale si trasforma in “O’ Animale”, non accetta la sanzione, il referto recita così:”Per aver, successivamente alla notifica del provvedimento di espulsione, dapprima chiesto al direttore di gara, in modo concitato, spiegazione sulla decisione disciplinare, e quindi, ignorando l’ invito ad allontanarsi, cercato di avvicinarsi all’ arbitro, in ciò impedito da un compagno che lo tratteneva a distanza di circa un metro e poi dal capitano della squadra che accorreva in aiuto; per aver poi reiteratamente tentato di liberarsi dei compagni di squadra con l’ intento veemente carico di implicito quanto intenso significato minaccioso di riavvicinarsi al direttore di gara, obiettivo scongiurato da alcuni componenti della panchina del Torino che a forza lo bloccavano e a fatica lo portavano verso l’ ingresso degli spogliatoi; per aver nel tragitto che lo conduceva fuori dal campo, ancora e più volte cercato di liberarsi dai compagni di squadra che lo avevano immobilizzato. Solo dopo due minuti e trenta secondi il gioco poteva riprendere”.
Non è facile rimanere dentro al campo per 2 minuti e 30 , quando squadra avversaria, compagni di squadra e terna arbitrale cercano di farti uscire, è un po’ come rimanere in sella al rodeo, probabilmente è record mondiale. Morale della favola? Otto giornate di squalifica (poi ridotte a 5). Una punizione esemplare e pesante, ritenuta dai più eccessiva. Si ha la sensazione che Pasquale Bruno paghi più per il nome piuttosto che per il fatto. Nella stessa partita Casiraghi riuscirà a far buttare fuori anche Policano che per un fallo di reazione gli stamperà la marca dello scarpino sulla tempia. Per “O’ Animale” già non particolarmente amato dalla stampa è la fine. Basta prendere qualsiasi archivio di giornale, digitare il suo nome e cognome ed accorgersi quanto Bruno fosse mal digerito, soprattutto dopo la fine della sua parentesi juventina (e non credo sia un caso). Il 26 febbraio del 1992 Pasquale è di nuovo protagonista, questa volta però nella parte della vittima. Quel giorno a Torino si gioca il ritorno dei quarti di finale di Coppa Italia. Il Milan di Capello ha vinto per 2 a 0 l’andata disputata due settimane prima a San Siro. Marco Van Basten gioca in Italia dal 1987 e molto probabilmente conosce molto bene la cura Bruno ed evidentemente non è un estimatore. Intorno al 15’ l’olandese era stato ammonito per proteste nei confronti del direttore di gara, si lamentava per i continui interventi di Bruno.
Al 23’ del primo tempo Maldini mette un pallone in area granata, Pasquale arriva prima di tutti e malauguratamente batte un incolpevole Marchegiani. Pasquale Bruno rimane per terra, disperato per l’autogoal, per Marco van Basten l’occasione è troppo ghiotta, il cigno di Utrecht si mette a gambe divaricate sopra Pasquale ed esegue un balletto che definire irrisorio è poco.
Marco van Basten dovrà ritirarsi dal calcio a soli 30 anni e se è arrivato a 30 anni, deve ringraziare Fabio Capello,che un minuto dopo quello show, lo richiama in panchina inserendo Serena. Bruno lo ribattezzerà “Roger Rabbit”, pur comprendendo il gesto del milanista e anzi elogiandolo, perchè quantomeno non è uno dei tanti attaccanti che provocano e sputano per una partita intera. Il 7 febbraio del 1993 davanti al neo presidente granata, il notaio Roberto Goveani, si disputa Torino-Brescia diciannovesima giornata di serie A. Nel tunnel prima dell’ingresso in campo Pasquale si rivolge a Florin Raducioiu: “Guarda che io oggi non ho voglia di correre”.Il rumeno non risponde, Bruno insiste: ” O ti comporti bene, o mi incazzo sul serio”. Evidentemente Florin non ci fa caso, male, a fine primo tempo Raducioiu va via in dribbling, “O’ Animale” fa un entrata da codice penale, squarcio fra tallone e tibia, 9 punti di sutura, 4 mesi di stop. Sarà la sua Ultima Follia in maglia granata.
Dopo 3 anni, 74 presenze, 1 goal ed un coro dedicato a lui dalla maratona (“Picchia per noi Pasquale Bruno”), Pasquale lascia il toro per approdare alla Fiorentina in serie B. Pronti via e nelle prime giornate in Fiorentina-Brescia, Bruno si presenta subito al suo nuovo pubblico. Nello spogliatoio a fine partita, Franco Lerda sputa in faccia a Bruno, Pasquale cambia (con la complicità di Batistuta) i connotati alla punta bresciana.
Ottiene 3 giornate di squalifica, una multa di 32 milioni dalla Fiorentina e viene anche messo fuori rosa dal presidente Cecchi Gori, tra il disappunto di Claudio Ranieri (allora allenatore viola) e della mitica mamma del presidente Valeria, che riteneva Bruno un ragazzo molto educato che andava sempre a messa. La parentesi di Firenze si chiude dopo appena una stagione, a fine anno Pasquale torna a casa, torna nel suo Lecce. Un Lecce disastroso che retrocederà in C1.
La stagione seguente fa le valigie, vola in Scozia, più precisamente ad Edimburgo sponda Hearts e gioca tre partite di prova con la squadra scozzese, è subito amore e Pasquale viene ingaggiato, biennale da 450 milioni netti a stagione. A fine contratto passa al Wigan, ma fa in tempo a scendere in campo solo una volta. Torna in Italia e partecipa come opinionista a Goleada su TMC. Torna a giocare nel 2002-‘03 come attaccante nel Delta San Donato in terza categoria, squadra della sua città allenata dal fratello. Altre apparizioni a Dahlia Tv, si dà anche al fantacalcio sulla Gazzetta. Inoltre rimane nel calcio anche grazie alla figlia Sandra sposata con Javier Chevanton.
Di Bruno oggi rimangono i 283 voti con scritto “Pasquale Bruno in nazionale” sulla rubrica “Le 5 cose per cui vale la pena vivere” del settimanale “Cuore” (post derby delle otto giornate), ci rimane impressa la sua grinta e le sue entrate e soprattutto ci rimane il rammarico di non vederlo marcare e randellare la nuova generazione di attaccanti “fighette” con look da romanzo di Moccia che oggi circolano in serie A e Dio solo sa, quanto ci vorrebbero un paio di entrate alla Bruno. In ogni caso sappiamo già cosa penseranno molti di voi, che non si può andare ad elogiare un macellaio, un violento, un difensore che faceva dell’intimidazione la sua arma migliore, sappiamo come la pensano in tanti, ma abbiate pazienza, ognuno ha i suoi idoli e Pasquale Bruno è sempre stato uno dei nostri idoli incontrastati. Perchè vedete, Pasquale Bruno si può odiare come fate voi o amare come facciamo noi, ma una cosa certa, chi lo ha vissuto nel bene o nel male, di certo non lo potrà mai dimenticare e tanto basta per fare di un calciatore una leggenda, la leggenda di un uomo chiamato “O’ Animale”.