Uno dei grandi errori storici che si perpetuava nel tempo era quello di una nazionale di Francia mai vincente, nonostante nell’Esagono avessero avuto dirigenti capaci, in pratica, di inventare tutte le più grandi competizioni internazionali. Occorreva una squadra, e un giocatore, che fosse veramente superiore, questo si realizzò a metà degli anni Ottanta, quando alla corte di Francia arrivò Le Roi Michel Platini. I francesi ospitavano quell’edizione dell’Europeo, nel 1984, e, forti di una squadra stellare, i transalpini non si fecero scappare l’occasione.
Alla resa dei conti, in finale, quel 27 giugno, ad aspettarli c’era la Spagna. Le due nazionali vinsero i rispettivi gironi, nelle semifinali incrociate i francesi superarono in una spettacolare partita, ai supplementari, il Portogallo (3-2), mentre gli spagnoli ebbero ragione della Danimarca ai tiri di rigore (1-1, 5-4 dcr).
Il quadrilatero magico francese, composto, oltre che da Platini, da Luis Fernández, Alain Giresse e Jean Tigana contro la quadrata Spagna di Miguel Muñoz. La finale iniziò in maniera abbastanza guardinga, il primo tempo scivolò equilibrato e con poche emozioni, nella ripresa ci pensò Platini: punizione dal limite, destro a giro, Luis Arconada è sulla traiettoria, ma il miglior portiere del torneo sbaglia, la palla gli sfugge e la Francia è in vantaggio.
È un colpo mortale per gli iberici che, nonostante i tentativi e gli ultimi cinque minuti in superiorità numerica per l’espulsione di Yvon Le Roux, al 90’ subiscono il raddoppio di Bruno Bellone. Per la prima volta nella sua storia, la Francia è campione d’Europa.