Giovane talento del calcio professionistico italiano, il bresciano Luigi Cagni ha vinto con la squadra del Brescia sia il campionato Primavera che il De Martino (torneo riserve delle serie B ) nel 1969, suscitando l’interesse del Milan, con il quale ha poi vinto il torneo di Viareggio nel 1970. A soli 19 anni ha esordito in serie A, giocando 8 partite con la maglia del Brescia, e rappresentando, insieme ad Oscar Damiani, il giocatore più giovane del massimo campionato. Il suo percorso da calciatore è proseguito nel Brescia, squadra nella quale ha giocato per nove anni ricoprendo il ruolo di terzino e diventandone una delle bandiere ed uno dei giocatori con maggiore numero di presenze.
È considerato un autentico veterano della serie B, dove dal 1987 detiene il record assoluto di presenze per la categoria, con 496 partite disputate. Negli ultimi anni della sua lunga carriera, per le sue spiccate doti tattiche è passato dal ruolo di terzino sinistro a quello di libero, doti che hanno poi contribuito a farlo diventare un allenatore di successo.
Una curiosità è che pur essendo un mancino puro è entrato nel tabellino dei marcatori per 6 volte, segnando 4 goal di destro. Da ricordare la rete messa a segno dopo soli 50 secondi dal fischio di inizio a Bergamo nel sentitissimo derby Atalanta-Brescia. Altro goal memorabile fu quello segnato a Marassi da 40 m in Sampdoria- Sambenedettese, che diede la vittoria alla squadra marchigiana.
Cagni ha indossato la maglia della Sambenedettese dal 1978 al 1987, diventando anche qui un giocatore-simbolo, ed ha terminato la sua carriera all’ età di 38 anni nell’ Ospitaletto in serie C1.
Nella Sambenedettese, ritratto anche con gli interisti Beccalossi e Altobelli
“Ho smesso di giocare ero un difensore nel 1988. Ho giocato nel Brescia, nella Sambenedettese e chiusi la carriera ad Ospitaletto. La mia esperienza fu allenare il Brescia Primavera. Nella mia carriera ho avuto tante e diverse squadre allenate fra cui Brescia, Centese, Piacenza, Verona, Genoa, Salernitana, Sampdoria, ancora Piacenza, Catanzaro, Empoli, Parma, Vicenza, Spezia, nuovamente Sampdoria come vice, e Brescia. La mia ultima esperienza da allenatore risale 2017. Alla Sampdoria con Zenga mi sono trovato male, non andavamo d’accordo perché dovevo allenare la parte difensiva, mi dovetti dimettere”.
Gigi Cagni ha vinto 3 campionati in serie B, uno in serie C e ha portato l’Empoli in Coppa Uefa.
Ma è alla guida del Piacenza il momento clou della sua carriera con la promozione in serie A. La ricorda Mauro Molinaroli su “Sport Piacenza”.
La testa tra le mani e un groppo in gola. La voglia di piangere e il bisogno di urlare. Tredici giugno 1993. Cosenza. Il Piacenza per la prima volta nella sua storia conquista la promozione in serie A. A guidare i biancorossi è un bresciano dagli occhi di ghiaccio. Gigi Cagni. Testardo, spigoloso, noioso e puntiglioso fino all’inverosimile. Ha la fama di essere un uomo forte, ma in quella domenica dolce come il miele vorrebbe sciogliersi, non ci riesce. Ha la tensione incollata addosso. In tre stagioni ottiene due promozioni, la prima in serie B e la seconda in A. Taibi, Polonia, Broschi, Suppa, Maccoppi, Lucci, Turrini, Papais, De Vitis, Moretti e Piovani. Questa formazione è ancora oggi una sorta di filastrocca da ripetere a figli e ai nipoti. E lui, Cagni? “L’é semper lù” direbbe Dario Fo. Fa grande il Piacenza. Ci mette del suo. Controcorrente e coerente fino alla noia, crede solo ed unicamente nel suo lavoro, Cagni nutre una sorta di venerazione per il presidente Leonardo Garilli. Ha ragione. Nel 1994, quando i biancorossi retrocedono in B per una discussa quanto improbabile sconfitta interna del Milan ad opera della Reggiana, la prima cosa che fa l’Ingegnere è quella di telefonare al tecnico biancorosso: “Stia tranquillo. Non si lasci andare, io non mollo, voglio risalire, tra un anno il Piacenza sarà in serie A”. Già, proprio così. E quando qualche anno dopo racconterà questo particolare, Cagni avrà ancora gli occhi lucidi.
Portato in trionfo a Piacenza
Sa di avere dato tanto al Piacenza ma è anche consapevole di avere avuto molto dai piacentini. Nessun altro allenatore riscuote tanti consensi. Piacciono in lui la risolutezza e la serietà. Vive di calcio. Non molla mai. Anche nei momenti più difficili la città è dalla sua parte. Come i giocatori, del resto: “Crediamo nel suo progetto, i suoi difetti passano in secondo piano”, dirà il centrocampista Giorgio Papais a un cronista. Il progetto e il gruppo sono la stessa cosa. Resta a Piacenza sei stagioni e lascia nel 1996 per trovare nuovi stimoli.
Potrebbe essere l’Inter oppure il Napoli, invece il suo approdo è a Verona dove resta due stagioni ma non ha la fortuna dalla sua e retrocede in B. Sfiora il miracolo, sempre in B, con la Salernitana (1999-2000) e poi sulla sua strada troverà Genoa (1998-‘99) e Sampdoria (2000-‘01). Per un bresciano come lui, che ha il sole in piazza rare volte e il resto è pioggia che lo bagna, Genova è più di un’idea (cit.). È una bellissima realtà. Il mare e il sole e infatti vi si trasferisce definitivamente, anche se il suo sogno calcistico sarebbe quello di riabbracciare il Piacenza, ma come tanti nel calcio Gigi Cagni teme i ritorni. Sbaglia e se ne pente quando risponde picche al diesse Marchetti che lo vorrebbe ancora in biancorosso nel 1998. Piacenza rappresenta per lui la splendida metafora di una vita che si illumina e nel 2003 ritorna, non resiste al richiamo dal presidente Fabrizio Garilli perché Andrea Agostinelli, tecnico in carica, non sembra essere in grado di salvare i biancorossi dalla retrocessione in serie B. Neppure Cagni riesce nell’intento pur dando carattere e stimoli a una squadra che sembra essere stata costruita per retrocedere.
Non ritrova però lo stesso ambiente che ha lasciato, fatica ad adeguarsi. I protagonisti del miracolo targato serie A se ne sono andati tutti; allora aveva in Giampiero Marchetti e nell’ingegner Leonardo Garilli due punti di riferimento sicuri e in grado di supportarlo nei periodi difficili, stavolta la società è in preda alla confusione e Cagni si trova ad avere a che fare con il figlio dell’Ingegnere, Fabrizio Garilli che ha speso una cifra esorbitante senza però ottenere quel che avrebbe voluto (una serie A tranquilla) e il direttore generale Maurizio Riccardi, ragioniere, uomo poco navigato nel paludato pianeta calcio ma molto potente all’interno dell’organigramma societario, in pratica Fabrizio gli delega ogni decisione. Ci sono poi Fulvio Collovati in qualità di responsabile dell’area tecnica che non sembra essere in grado di occupare quel ruolo e Totò De Vitis come direttore sportivo che non ha il peso che dovrebbe avere. Anzi. Per cui il riferimento per Cagni è Riccardi. Tra i due non corre buon sangue, anzi, non si sopportano proprio e ne nasce una guerra interna fatta di ripicche, dispetti, dichiarazioni non sempre appropriate e nonostante il Piacenza ottenga un dignitoso ottavo posto, sfiorando in certi periodi della stagione anche la possibilità di un ritorno in serie A, a fine stagione Cagni non viene confermato e Piacenza che era stata la culla della sua avventura da allenatore, di fatto diventa una sorta di Titanic per il modo in cui la società è gestita, tant’è che pochi anni più tardi, nel 2011, la società di Fabrizio Garilli verrà dichiarato fallita e dovrà ripartire dai dilettanti.
E Cagni? Il tempo a volte è impietoso e d’ora innanzi sarà ovunque vita dura per lui, a partire da Empoli dove però valorizzerà talenti come Marchisio e Giovinco. Nel 2004-‘05 approda a Catanzaro ma la scelta è inadeguata e viene esonerato dopo poche giornate, a Parma (2008) viene esonerato a settembre alle prime di campionato e sarà sostituito da Francesco Guidolin e ancora a Vicenza dal novembre al marzo del 2011 e dall’aprile al giugno del 2012, allo Spezia nel 2013 dalla 28° alla 42° giornata; secondo di Walter Zenga alla Sampdoria nel 2015, lascia dopo pochi mesi e infine approda al Brescia nel 2017, dove subentra a Christian Brocchi alla 30° giornata, ma la sua storia è ormai in fase discendente. Cagni ha dato tanto nei primi anni della sua carriera e inevitabilmente si è poi abissato tra alti e bassi, esoneri e subentri e viene da dire che la sua prima avventura piacentina abbia rappresentato il momento più significativo e più elevato. Come calciatore invece Cagni aveva esordito nel Brescia nel 1969 per disputare poi dieci stagioni alla Sambenedettese, diventandone una bandiera, ha concluso la propria avventura calcistica nell’Ospitaletto in serie C2.
Che dire di più di questo mister mai dimenticato che per i piacentini aleggia nel mito e che oggi vive in riviera e svolge l’attività di commentatore televisivo, che ha lasciato bei ricordi a San Benedetto del Tronto oltre che nella terra tra il Po e la via Emilia? Nessuno avrebbe detto quando ottenne la promozione in serie A con i biancorossi che non avrebbe mai avuto l’occasione di allenare una grande. Meticoloso, attento, sempre sul pezzo è stato un eroe allo stadio “Garilli” (allora stadio della Galleana) per diventare poi una sorta di mestierante del calcio senza gloria e senza infamia. Lo hanno consolato Genova, il mare e il brevetto di pilota, il resto è storia comune. Un vero peccato.