Nel 1971 l’allenatore fu Gustavo Giagnoni e il Torino finì terzo in campionato, a un solo punto dallo scudetto. Ci fu poi una flessione nel rendimento: il Toro concluse la stagione 1972-’73 al sesto posto, con Paolino Pulici capocannoniere per la prima volta con 17 gol. Nel successivo campionato arrivò Ciccio Graziani (18 novembre 1973, debutto in Sampdoria-Torino), che alla fine realizzò sei gol. La squadra, guidata da Mondino Fabbri, concluse la stagione al quinto posto. L’anno seguente, sempre con Fabbri come allenatore, il Torino finì al sesto posto con 34 punti a fine stagione.
La stagione 1975-’76 si aprì con un cambio di allenatore: Gigi Radice fu ingaggiato per allenare una squadra molto forte, arricchita dall’arrivo di Caporale, Pecci e Patrizio Sala. Una stagione emozionante, segnata dai “gemelli del gal”, Graziani e Pulici, ispirati da Claudio Sala. Il Torino ha vinto il campionato con 45 punti, due davanti alla Juventus. Il titolo è arrivato dopo una rimonta emozionante sulla Juve, che in primavera aveva cinque punti di vantaggio sulla compagine granata.
Ma tre sconfitte consecutive peri bianconeri, la seconda delle quali proprio nel derby, hanno permesso al Torino di effettuare il sorpasso. L’ultimo atto, con il Toro avanti di un punto e, fino ad allora, sempre vittorioso in casa, si è concluso con un pareggio casalingo contro il Cesena e la contemporanea sconfitta della Juventus a Perugia.
Per il Toro è stato il settimo titolo, celebrato da settantamila fan incantati, ventisette anni dopo la tragedia di Superga. Pulici vinse la classifica dei marcatori con 21 goal, seguito da Graziani, con 15.
La squadra-tip era: Castellini, Santin, Salvadori, Patrizio Sala, Mozzini, Caporale, Claudio Sala, Pecci, Graziani, Zaccarelli e Pulici. Dopo l’ immensa gioia è venuto un altro grande dolore: l’8 novembre infatti, morì Giorgio Ferrini, il miglior capitano di sempre. Il grande centrocampista, aveva abbandonato l’attività agonistica nel 1974-’75 dopo aver giocato in maglia granata per sedici campionati consecutivi, per un totale di 566 partite e 53 gol.
Il duello con la Juventus fu ripetuto l’anno successivo. La stagione 1976-’77 vide nuovamente il Torino in gran forma, finendo il campionato con 50 punti, ma non fu abbastanza per diventare un’altra volta campione italiano.
La Juventus chiuse con 51 punti. Pulici e Graziani segnarono rispettivamente 21 e 16 gol. Il Torino venne eliminato nel secondo turno della Coppa dei Campioni dal Borussia Mönchengladbach dopo una sconfitta per 1-2 al Comunale e un pareggio per 0-0 in Germania, giocando 8 contro 11, con Graziani come portiere. Nel 1977-’78, il Torino arrivò di nuovo secondo, eguagliando il Vicenza di Paolo Rossi in fatto di punti, alle spalle ancora della Juventus.
Ci si avvicinava agli anni Ottanta… due campionati di minor successo, alcuni giocatori anziani, molti trasferimenti (Castellini, Mozzini, Santin) ed Ercole Rabitti come allenatore al posto di Radice. Nel 1978-’79 finì al quinto posto, mentre nella stagione 1979-’80 al quarto, con un sapore amaro in bocca dopo la finale di Coppa Italia contro la Roma, persa ai rigori.
Dunque uno scudetto. L’ultimo scudetto granata, che ancora adesso mette i brividi e un mare di nostalgia a chi l’ha vissuto. Come abbiamo detto, Fu il Toro “tremendista” dei gemelli del gol Pulici e Graziani, del poeta Claudio Sala, del giaguaro Castellini, di Pecci e Zaccarelli, del presidente Orfeo Pianelli, campione d’Italia davanti alla Juventus, ventisetta anni dopo l’ultimo successo del Grande Torino.
Fu lo scudetto del Torio che scelse una divisa completamente granata: maglia, calzoncini e calzettoni. Ma soprattutto fu il Toro di Gigi Radice, il “tedesco” del calcio totale. Che aveva gli occhi di ghiaccio. Radice fu un precursore, così moderno, così avanti da trapiantare in Italia l’utopia realizzata del calcio totale olandese, proponendo filosofie di gioco che poi sarebbero state adottate anche da altri allenatori. Lo ha ammesso apertamente anche Fabio Capello.
Tra le tante testimonianze, il ricordi di Claudio Sala: “Lo conobbi a Monza, giovanissimo, lo ritrovai anni dopo a Torino ed era sempre un innovatore, nonostante il passare degli anni. Era un allenatore che puntava molto sugli allenamenti,iIn campo pretendeva che tutti noi dessimo il massimo, sempre. Dal punto di vista umano era un uomo leale e onesto con tutti noi, diretto”.
Roberto Mozzini, ruolo difensore con alle spalle 180 presenze e 5 reti in granata, era un fedelissimo di Radice. Uno stopper reso grande proprio da burbero brianzolo. Il suo ricordo è quello di un “allenatore metodico e motivatore, un allenatore che teneva in mano le redini del gruppo, dall’allenamento alla partita”.
Mario Bocchio