Giovanni Roccotelli, ala destra, una figurina del calcio degli anni Settanta. I più lo ricordano per i due anni di Ascoli. L’Ascoli dei record della serie B 1977-’78, allenatore Renna e presidente Rozzi (“Un padre – padrone: avevo un contratto di 40 milioni netti all’anno, ci incontrammo per rinnovarlo, mi aspettavo un aumento e mi senti offrire 39 milioni”). Un duro, Rozzi: “Piacevo all’Inter, mi voleva la Roma che non sapeva se Bruno Conti fosse pronto per la A. Ma il presidente disse di no”. Altri tempi, altro calcio, ma niente da invidiare a nessuno.
Roccotelli è stato il maestro italiano della rabona, magia per pochi: la gamba d’appoggio si flette, l’altro piede la aggira e, zac!, colpisce il pallone per un tiro o un cross o un passaggio. Artista supremo del genere era Lui, l’altissimo Diego Maradona, ma tanti campioni si sono esibiti. Claudio Borghi una volta in Argentina centrò la traversa con una rabona da 30 metri. Roccotelli, ala destra, dispensava incrociate sotto forma di traversoni, punizioni e persino rigori. “Scoprii di avere questa dote da bambino. Mi venivano cross tesi o tiri forti, senza differenza. Gli allenatori delle giovanili della Graziani Bari, la società della mia adolescenza, mi dicevano di non esagerare perchè davo l’impressione di prendere in giro gli avversari“.
Rilievo ripetuto nel tempo: “Non c’è stato un tecnico che non mi abbia detto: ‘Stai attento a ‘sta cosa, che poi i terzini ti menano. Ma a me il “colpo” veniva naturale, non volevo schernire nessuno“.
Casomai era lui a sentirsi schernito: “Una volta, a un raduno dell’ Under 21 di C, Bearzot mi schierò terzino sinistro. Io, un’ ala destra. ‘In quel ruolo sono stracoperto’, spiegò Bearzot. Boh”.
Tornando alla Rabona (o incrociata): “Calciavo con il collo del piede destro e piegavo al massimo la gamba sinistra, quella d’appoggio”. Più facile a dirsi che a farsi. E i difensori come reagivano? “Rimanevano senza parole, li sentivo mormorare ma che cavolo… I tifosi deliravano. Ad Ascoli mi fermavano per strada: ‘Gianni, per favore, domenica fai quella cosa’. E io facevo, mi dispiaceva deluderli“.
Con l’”incrociata” Roccotelli segnò due gol: “Uno nell’Ascoli, in casa, contro il Brescia, mi pare. Un tiro dal limite. L’altro su punizione, nella Nocerina, contro la Juve Stabia, coppa Italia di C. Venne giù lo stadio, a Nocera sono caldi“.
Roccotelli non deludeva gli ammiratori, ma il calcio deludeva Roccotelli. Nel senso che lo lasciava correre ai margini dei club metropolitani. “Commisi un errore nell’estate del ’74, quando mi trasferii al Torino. Mazzone mi voleva a tutti i costi all’Ascoli, neopromosso in A. Mazzone mi voleva bene, cercava di prendermi ovunque andasse. Una domenica cambiò tre volte la marcatura su di me perchè i suoi difensori non riuscivano a contenermi. Ai presidenti diceva: ‘Datemi Roccotelli e vedrete’. Ma in quell’ estate del ’74 subii il fascino della grande città, cincischiai con Mazzone e dissi sì al Torino, dove giocai una decina di partite in due anni“.
Colpa dei regolamenti di allora e di un poeta. Anzi, del Poeta: “All’epoca c’era una sola sostituzione e in più ero il cambio di Claudio Sala. Io e il Poeta eravamo amicissimi, ma Claudio, mannaggia a lui, non si faceva mai male. Nessuna contratturina, zero bottarelle. Sempre in campo, sempre bravissimo“.
Affiora un ricordo: “Radice mi fece giocare una partita di coppa Uefa contro il Dusseldorf e io decisi di mettere i parastinchi. Cosa che non avevo mai fatto prima, però mi sembrava che in Europa fosse giusto “vestirsi” bene. Resistetti un tempo, i parastinchi mi facevano sudare le gambe“.
Oggi Roccotelli, che ha anche giocato nella Casertana – foto a fianco – vive a Monserrato, percepisce la pensione di ex calciatore, ha anche diretto una scuola calcio a Quartu Sant’Elena .
Sugli aspiranti calciatori di oggi esprime dubbi: “Io li chiamo ‘ragazzi di appartamento’. Se piove, non vengono all’allenamento, se scoprono i videogiochi, è finita. E non sanno cosa sia il pallone di strada, quelle partite infinite sull’asfalto o sulla terra“.
Vale più un Roccotelli di tutte le play – station del mondo. Consoliamoci così, per quello che può valere.