Questo portiere italiano è cresciuto come giocatore negli anni ’70 fino a quando, nei primi anni ’80, ha fatto il salto di qualità alla Juventus dove si è distinto ed è diventato un idolo grazie alle sue prestazioni e ai titoli conquistati.
Negli anni ’80 e ‘90, come recita la storia del calcio, sono stati tanti i portieri italiani protagonisti di grandi imprese e che sono stati anche contemporanei tra loro: Gianluca Pagliuca, Francesco Toldo, Walter Zenga, Dino Zoff, tra gli altri . Oggi parliamo di uno che è diventato un personaggio della Juventus. Ci riferiamo a Stefano Tacconi.
Nasce a Perugia, il 13 maggio 1957, ma cresce in una città a 63 chilometri a sud, Spoleto, dove si forma come giocatore nella squadra di quella cittadina nel ruolo di estremo difensore.
In breve tempo, tra il 1974 e il 1975, venne osservato da diversi club che lo volevano e fu l’Inter ad avere la meglio. Il 18enne Tacconi con i nerazzurri partecipò a tre competizioni giovanili nella stagione 1975-‘76: nella Coppa Italia Primavera, vinse la finale, alzando al cielo il trofeo; al campionato Primavera ”, e al campionato Dante Berretti.
Il periodo successivo, ’76-‘77, viene rimandato in prestito allo Spoleto, per giocare in Serie D. Lui è titolare, i biancorossi umbri arrivano solo al 13esimo posto salvandosi dalla retrocessione.
Fu proprio in quel campionato che Tacconi iniziò a dare i segni del suo talento: abile nell’uno contro uno, buoni riflessi, prestazioni sicure nelle partite importanti, inoltre, ha avuto modo di esercitare una grande leadership in campo e fuori. D’altra parte, i suoi punti deboli erano il gioco di gambe, cosa che divenne più evidente alla fine degli anni ’90, con le modifiche alle regole che non consentivano al portiere di raccogliere palla con la mano, dopo un passaggio di un compagno di squadra. In effetti, il portiere in quel momento era contrario a questi cambiamenti.
Per la stagione ’77-‘78 venne mandato alla Pro Patria di Serie C, dove però giocò sole sette partite a causa di una frattura dell’ulna a un braccio, che gli fece saltare il resto del campionato, oltre alla Coppa Italia Semiprofessionisti, dove i Tigrotti vennero eliminati dal Novara. Alla fine la Pro Patria si piazzò al 18° posto nel girone A, retrocedendo. Normalmente erano tre le squadre che andavano in Serie D, ma quella volta era l’anno in cui vennero create C1 e C2.
L’Inter lo manda nuovamente in prestito, al Livorno, dove è allenato da un mito del calcio italiano: Tarcisio Burgnich, ex difensore, idolo dei nerazzurri, con i quali vinse quattro campionati, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Sarà lui a mettere Stefano nell’undici titolare degli amaranto per affrontare la neonata Serie C1, siamo nella stagione 1978-‘79. Al termine della competizione i toscani ottengono solo il 12° posto su 18 squadre, e il perugino scende in campo 30 volte su 34 gare.
L’Inter, per la stagione ’79-‘80, doveva fare spazio a nuovi acquisti e per il portiere non c’erano dubbi per l’allenatore Eugenio Bersellini,: il ruolo di titolare apparteneva a Ivano Bordon. Questa decisione costrinse Stefano Tacconi a cercare un nuovo club, fu così ceduto alla Sambenedettese.. Con i rossoblù rivieraschi giocò 38 gare di campionato, oltre alle quattro di Coppa Italia. Le sue buona prestazioni non impedirono alla Samb di retrocedere in C1.
Tacconi lascerà la sua squadra nel periodo successivo (1980-‘81), poiché impressionò diverse squadre che stavano progettando una tranquilla Serie A e fu proprio l’Avellino ad accaparrarselo. Con gli irpini raggiunge una certa stabilità.
L’esordio di Tacconi avviene il 14 settembre 1980 contro il Brescia nella prima giornata del campionato ’80-‘81, dove alla fine ottiene un meritorio decimo posto, oltre ai quarti di finale di Coppa Italia, perdendo contro Juventus.
L’Avellino risultò una delle rivelazioni del campionato, miglior prestazione fu l’ottavo posto nella stagione 1981-‘82 dove insieme a Tacconi c’erano giocatori dalla fama consolidata: Gerónimo Barbadillo, attaccante che conquistò la Copa America 1975 con il Perù; Andrea Carnevale, attaccante, e Fernando De Napoli, centrocampista, (detto Nando), erano nel Napoli dove brillava Maradona, che alla fine degli anni ’80 vinse diversi titoli; Juary Jorge dos Santos Filho, brasiliano che ha vinto la Champions League nel 1987 con il Porto.
Ma è un altro compagno di squadra che continuerà ad essere legato a lui: Beniamino Vignola. Entrambi da Avellino partirono per Torino nel 1983 per entrare nelle fila della Juve, dove trovarono stelle del calcio internazionale come Michel Platini, Zbigniew Boniek, Paolo Rossi, Antonio Cabrini e Gaetano Scirea.
Al suo arrivo Stefano ha avuto il compito molto complicato: sostituire lo storico Dino Zoff, che aveva trascorso 11 anni sotto i tre bastoni della Juve dal 1972 al 1983. Ma per fare questo ha dovuto vincere la concorrenza di Luciano Bodini, che era arrivato al Torino nel 1979 e che sembrava lui a dover occupare lo spazio lasciato dall’ex portiere bianconero. Il tecnico Giovanni Trapattoni si orientò invece verso il perugino.
E Stefano Tacconi ha risposto alla fiducia. Esordisce il 21 agosto 1983 contro il Perugia nella Coppa Italia in cui è presente in sette gare, cadendo agli ottavi con il Bari, squadra di Serie B; mentre in A ha disputato 23 delle 30 partite, vincendo lo Scudetto. Ma fu grazie alla Coppa delle Coppe della stagione 1983-‘84 che si affermò definitivamente.
Nel primo turno fu la volta del Lechia Gdańsk dalla Polonia. Nell’andata la Juve vinse 7-0 allo Stadio Comunale di Torino il 14 settembre 1983; mentre al ritorno si impose 3-2, il 28 dello stesso mese. Agli ottavi di finale affrontò il Paris Saint-Germain con il quale pareggiò 2-2 il 19 ottobre al Parc des Princes della capitale francese; il 3 novembre, nel ritorno, altro pari 0-0, ma francesi eliminati per i gol in trasferta. Ai quarti di finale i bianconeri affrontano il sorprendente Haka della Finlandia contro il quale ottengono due vittorie per 1-0: una il 7 marzo 1984 e il 21 marzo nel loro campo. L’avversario in semifinale è il Manchester United: 1-1 all’andata l’11 aprile all’ Old Trafford e successo casalingo per 2-1 quindici giorni dopo.
Per la finale c’è il Porto , il 16 maggio 1984 al St. Jakob Stadium di Basilea. Con Tacconi titolare, la Juventus sconfigge 2-1 i portoghesi con le reti di Vignola (12′) e del polacco Zbigniew Boniek (41′), mentre António Sousa (29′) segna per i Dragões. E Stefano Tacconi non delude chi aveva riposto fiducia in lui.
L’anno dopo in Europa la Juve gioca nella Coppa dei Campioni. Al primo turno affronta l’Ilves, campione di Finlandia, nella seconda tappa c’è il Grasshopper, vincitore del campionato svizzero, nei quarti di finale è la volta dello Sparta Praga. In semifinale gli juventini affrontano il Bordeaux, vincendo 3-0 in casa; ma il passaggio alla finale era quasi a rischio dopo aver perso 2-0 contro i “Les Girondins” allo Stade Jacques Chaban-Delmas, visto che all’80’ Patrick Battiston ha segnato il secondo gol e i francesi erano vicini alla rete che li avrebbe portati ai supplementari.
La Juve incontrò nuovamente il Liverpool, dopo la Supercoppa Europea, il 29 maggio 1985 all’ Heysel Stadium di Bruxelles in Belgio, dove avvenne il tragico disastro in cui morirono 39 persone a causa delle scarse misure di sicurezza oltre al cattivo stato dell’impianto.
Nonostante ciò, la partita si è giocata e Stefano Tacconi è stato uno dei protagonisti, visto che gli inglesi hanno generato diverse occasioni sotto la sua porta. Zbigniew Boniek viene atterrato all’interno (o forse no) dell’area da Gary Gillespie, provocando un rigore che viene trasformato da Platini. Tacconi vince così la coppa dalle grandi orecchie.
La conquista europea porta i torinesi a combattere per la Coppa Intercontinentale nel 1985, esattamente l’8 dicembre al Tokyo National Stadium in Giappone davanti a 62.000 persone contro l’Argentinos Juniors, vincitore della Copa Libertadores quello stesso anno, dove militavano atleti come Claudio Borghi, Sergio Batista, Jorge Olguin, tra gli altri.
La Vecchia Signora, con Tacconi titolare, ebbe la meglio sul “Bicho Colorado” ai rigori, dopo il pareggio per 2-2 al termine dei supplementari.
Queste vittorie elevano il portiere a idolo della Juventus, ma il grande cruccio della sua carriera è la Nazionale italiana con la quale ha partecipato ad alcune amichevoli. Nel 1988 fece parte della selezione che andò ai Giochi Olimpici di Seoul in Corea del Sud. I cosiddetti Azzurrini superano la fase a gironi con due vittorie, sul Guatemala 5-2 e sull’Iraq 2-0, ma sono sorprendentemente battuti 4-0 dallo Zambia. Poi sconfiggono la Svezia 2-1 ai supplementari ai quarti, ma cadono con l’ Unione Sovietica 3-2, che alla fine ottenne la medaglia d’oro.
Tacconi è rimasto alla Juve fino al 1992, per poi firmare per il Genoa, dove rimase sino al 1995, anno del ritiro.
Stefano Tacconi è stato un grande portiere che ha avuto una carriera in ascesa e ha fatto vedere le sue qualità in ogni occasione, ma non è mai stato premiato con la partecipazione attiva ad un Mondiale, essendo presente solo a Italia ‘90 ma da sostituto. Ma anche così ha lasciato un segno tra i tifosi della Juve, che oggi lo considerano un mito.
Mario Bocchio