Il 4 maggio 1949, alle 17, il trimotore che stava riportando il Torino da Lisbona, dove aveva disputato una partita contro il Benfica, colpì la base della Basilica di Superga, che sovrasta la città. L’intera squadra, quattro volte campione d’Italia e di cui facevano parte otto nazionali, perse la vita in questo terribile incidente. C’erano due giocatori francesi di origine italiana, il terzino Roger Grava e l’attaccante Emile (detto Milo) Bongiorni.
Bongiorni nacque nel 1921, quindi aveva 28 anni e lasciò una vedova e una bambina di appena 16 mesi. Suo padre era emigrato in Francia dove si era stabilito come spazzacamino a Fontenay, e il giovane Milo, addestrato come tecnico del riscaldamento e del fumo, stava ancora aiutando suo padre nel 1938 quando firmò il suo primo contratto professionale a giugno per il CA Paris, che allora giocava in seconda divisione. Ha iniziato lì il 16 maggio 1937, all’età di 16 anni e due mesi, contro il Reims. Era un talento precoce e promettente.
Fa parte però di una generazione la cui carriera è stata amputata dalla guerra, perché il professionismo era nel mirino del governo di Vichy, formatosi nel luglio 1940 dopo l’armistizio di sinistra memoria che suggellò la sconfitta della Francia. Anche lo sport francese si divise, pensiamo al tennista Jean Borotra, poi al rugbista Joseph Pascot, che furono ministri nella Francia di Vichy. Contratti professionistici sospesi, campionato abolito, squadre francesi sospese, società private dei propri giocatori nel 1943 per formare squadre federali alle quali i giocatori erano assegnati in modo arbitrario, ma anche razionamento del cibo, calo degli allenamenti e del livello di gioco (la durata delle partite era addirittura ridotta a 80 minuti!), il calcio francese se la cavava o meglio sopravviveva in attesa di giorni migliori.
Bongiorni aveva 24 anni quando la guerra finì. La sua già rovinata carriera poteva finalmente iniziare, ma durò appena quattro anni…
Tuttavia prima non era passato inosservato: nel 1941 l’ex nazionale Lucien Gamblin, diventato giornalista, lo criticò perchè “giocava senza pensare” e disse che aveva ancora da imparare a giocare a calcio, in questi termini: “Aspetta la palla, la riceve, abbassa la testa e parte come un toro ruzzolando con tutte le sue forze verso la muleta che il torero gli porge. Bongiorni è un intraprendente, che non ha paura dei duelli spalla a spalla, si mette sul filo del fuorigioco, segue tutti i palloni”. Nel 1949, il più entusiasta Athlège lo descrisse poche settimane prima della sua morte: “L’Atleta! Alto, possente, tutto muscoloso, per di più terribilmente veloce, questa forza della natura che è Emile Bongiorni è fisicamente il tipo stesso del centravanti moderno. Va detto che pesa 83 kg per 1m75!”.
Nel 1942 Bongiorni passò dal CAP al Racing, poi giocò nel 1943-‘44 con la squadra federale della Parigi-Capitale dove realizzò 36 gol in 29 partite. Tornato al ricostituito Racing, vinse la Coupe de France del 1945. Fu allora che Gaston Barreau, allenatore della Francia, cominciò a pensare a lui. Lo convoca prima nella selezione B per affrontare il modesto Lussemburgo (che non venne considerato degno della squadra della Francia A) e segna un gol, per la vittoria 3-2, il 27 maggio 1945. Poi si aprono le porte della squadra A, visto che René Bihel non dava piene garanzie.
Si tratta di viaggiare a Vienna, la capitale austriaca devastata e occupata dagli alleati, in un freddo pungente in uno scomodo aereo militare. I francesi non sono messi bene e giocano male, vengono battuti 1-4, ma Milo Bongiorni segna il suo gol, apre addirittura le marcature all’8′ con un tiro violento, intercettando un cross dalla destra. Ottiene così il diritto di giocare la partita successiva, dieci giorni dopo, contro i belgi. È un’altra sconfitta,1-2, e una delusione per Bongiorni, che colpisce un palo, la stampa non nasconde che “non ha avuto il pugno ieri ed è stato costantemente imbavagliato dal centrale Vercammen”.
Risultato: lascia la squadra ed è René Bihel a recuperare il posto per l’anno 1946. C’è da dire che con la sua società, il Racing, Bongiorni non è trascendente: segna solo 13 gol nel 1947, ad esempio, e finisce in discussione. Lo utilizzano sulla fascia, al centro, e deve anche giocare qualche partita… in difesa! Se la deve vedere con la concorrenza di Roger Quenolle, stile opposto: più fine, capace di combinare, ma meno potente.
Nel 1947, un infortunio a Bihel gli diede la possibilità di affrontare l’Inghilterra il 3 maggio: ma fu comunque una sconfitta 0-3, Bongiorni fu addirittura quasi inesistente durante questa partita, dove fu annientato dal terzino inglese Franklin. Peggio: a giugno viene schierato nella squadra B che subisce una lezione memorabile dalla Svizzera, 1-9! Non riesce più a segnare. Questo naufragio lo allontana di nuovo dall’orbita della nazionale.
La ripresa della forma nel 1948 (segnò 16 gol con il Racing) lo riportò con i Bleues per le sue ultime due partite in nazionale, a maggio e giugno. Nelle confitta di Colombes contro l’Italia per 1-3, l’attacco francese delude parecchio: neanche un tiro in porta! Baratte, che era centravanti, lascia il posto a Bongiorni. Barreau e il suo vice Hanot cercano disperatamente un marcatore, senza trovarlo. Si noti che la squadra italiana comprendeva otto giocatori del Torino che morirono a Superga un anno dopo con Bongiorni: Bacigalupo, Ballarin, Rigamonti, Grezar, Menti, Loïk, V.Mazzola e Gabetto…
Milo Bongiorni ha quindi giocato contro la Scozia, vincendo 3-0, e questa volta ha convinto. Ha segnato al 55 ‘, raccogliendo (da sinistra!) Un tiro di Ben Barek che è stato deviato dall’estremo scozzese Young. Ha effettuato anche due tiri, che il portiere Cowan ha dovuto deviare in angolo. Si legge la seguente valutazione su L’Equipe: “Per la sua quarta selezione con la Francia, Bongiorni ha dato piena soddisfazione perché ha costretto Young a lottare su tutti i palloni e a seguirlo in molti punti del campo”, secondo il principio della rigorosa marcatura individuale del WM; chiaramente, Bongiorni ha “camminato” sulla sua guardia del corpo! Sfortunatamente, non ha potuto riproporre la stessa prestazione contro i belgi che hanno giocato un primitivo “calcio e corsa” (gli scozzesi, loro, combinati in passaggi corti), gli è stata messa la museruola dalla sua guardia Erroelen.
Sarebbe stato riselezionato? Difficile da dire, perché Bongiorni poi continuò la sua carriera in Italia e all’epoca, un giocatore che militava all’estero non veniva mai richiamato, il regolamento FIFA non prevedeva alcun obbligo di convocazione per la nazionale, e questo fino agli anni 1970. Nell’estate del 1948 Bongiorni decise di partire per l’Italia, dove aveva appena ereditato 250 ettari di bosco, situato nel piacentino, in Emilia. Lì fu addirittura visto lavorare come boscaiolo, a capo di quattro operai, per due mesi, mentre si rifiutava di tornare a Parigi. Va ricordato che i contratti professionistici dell’epoca erano feroci: un giocatore dipendeva dalla sua società fino a 35 anni! Bongiorni aveva 27 anni e voleva vedere qualcos’altro, nella terra dei suoi avi. Lo avevano individuato i due club torinesi: la Juventus prima, il Torino poi. Le sue origini italiane, la prospettiva di recuperare la nazionalità italiana come “oriundo”, spiegavano questo interesse.
Dopo diversi mesi di trattative, Bongiorni riesce a firmare con il Torino nel novembre 1948, e gioca in maglia granata nella sua prima partita il 22 dicembre contro la Fiorentina. Venne schierato con il 9, cioè centravanti, ma durante la partita dovette anche lasciare l’attacco per unirsi alla difesa, gli italiani conoscevano visibilmente questa sua versatilità e la sfruttarono. Segna il suo primo gol il 20 gennaio 1949 contro l’Atalanta a Bergamo. Il 3 febbraio Bongiorni riesce a soppiantare (provvisoriamente) il rivale Guglielmo Gabetto, centravanti titolare. Si legge su L’Equipe il seguente commento: “Centravanti titolare, Gabetto occupa il posto di esterno sinistro, ma l’ex attaccante del RCP Bongiorni, non si è ancora imposto irresistibilmente”.
E non lo farà mai. Successivamente, Gabetto (che ha 34 anni, Bongiorni rappresenta quindi la nuova generazione) recupera il suo posto; Bongiorni giocherà solo otto partite di campionato (2 reti). Proprio da sostituto ha partecipato alla trasferta di Lisbona per giocare la sua ultima partita contro il Benfica (2-3), entrando in gioco nella ripresa e segnando il suo gol, l’ultimo. È stata un’amichevole, destinata a onorare il capitano del Benfica, Francisco Ferreira (che aveva giocato contro la Francia nel 1947), che si stava ritirando.
L’aereo era un trimotore FIAT (sì, anche la FIAT faceva aerei), e l’incidente fu dovuto ad un errore del pilota, quanto all’imperfezione degli altimetri dell’epoca. Pioveva molto alla fine del pomeriggio del 4 maggio 1949, il soffitto di nuvole era molto basso, appena 500 metri. Oggi l’autopilota gestirebbe la discesa senza problemi legati alla mancanza di visibilità, ma non nel 1949.
Superga è una collina alta 670 metri, situata a circa 10 chilometri da Torino, sovrastata da un’imponente basilica in stile barocco, che è la necropoli della famiglia reale dei Savoia. È fiancheggiata da un convento sul retro. Nel suo avvicinamento all’aerodromo di Torino, il pilota, disorientato dalla mancanza di visibilità, è sceso sotto le nuvole, quindi sotto i 500 metri, che avrebbero dovuto consentirgli di vedere, se non la basilica, almeno la collina di Superga. Senza dubbio l’ha vista, perché ha cercato disperatamente di alzarsi, in quanto ha colpito non la basilica ma il muro di contenimento del convento, posto al di sotto, alto 600 metri circa.
Ma era già troppo tardi per evitare lo schianto, troppo tardi per evitare questo muro di contenimento. “L’apparecchio ha toccato dappprima con l’ala sinistra circa due metri e mezzo sotto la Basilica”, si legge nella Storia del Torino. Il muro non è stato riparato, volontariamente, ed è visibile la breccia aperta dall’urto. Con l’ ala strappata, l’aereo diventa incontrollabile, si ribalta va a sbattere contro il muro, come si vede dalle foto, dove si scorgono una turbina addossata al muro, e detriti vari impigliati attorno ad esso. Nessun sopravvissuto, 31 vittime di cui 4 membri dell’equipaggio, gli altri 27 erano giocatori, allenatori, dirigenti, oltre a tre giornalisti che avevano seguito la partita contro il Benfica.
Fu Vittorio Pozzo, il famoso allenatore della squadra italiana, campione del mondo nel 1934 e nel 1938, ancora allenatore nel 1948, che identificò i corpi, tra cui quello di Bongiorni. La salma fu rimpatriata in Francia e Milo Bongiorni venne sepolto nel cimitero di Fontenay. Ogni anno, il 4 maggio, si svolge una cerimonia di commemorazione ai piedi del muro fatale, adornato da un monumento funerario ai piedi del quale in questa occasione vengono ammucchiati i fiori. Così tragicamente finì la carriera e la vita di Emile Bongiorni.
Mario Bocchio