Con Salvatore Di Somma è stato l’icona della squadra avellinese che per la prima volta si affacciava ai palcoscenici della serie A. “Cesarone” Cattaneo è stato un protagonista assoluto nei suoi quattro anni in biancoverde. Dal 1977 al 1981, con 116 partite disputate condite da 3 gol, e quell’appellativo di mastino conquistato mordendo le caviglie ad avversari del calibro di Pruzzo, Bettega, Graziani e Savoldi. In Irpinia giunse a 26 anni, reduce da due sfortunate stagioni a Verona e Novara in serie B e da un infortunio che lo tenne fuori gioco per diversi mesi. “Quando mi proposero Avellino – confessa oggi un brizzolato Cesare Cattaneo – ebbi non pochi dubbi prima di accettare. All’epoca a stento si sapeva dove fosse ubicata geograficamente la città! Ed invece quella scelta fu determinante per la mia carriera di calciatore, perché mi diede la possibilità di raggiungere la massima serie e di ottenere notorietà”.
Con la maglia verde numero cinque, lo stopper brianzolo prese parte alla cavalcata vincente dell’Avellino di Carosi che conquistò la serie A mandando in visibilio un’intera provincia. “Quell’anno a tutto pensavamo tranne che a vincere il campionato. Era stata costruita una squadra composta da tanti giovani o da gente un po’ più grande che, come me, veniva da infortuni o da annate non proprio brillanti. Insomma, sembravamo un’armata Brancaleone. Invece, pian piano, grazie ad una società tranquilla, al calore dei tifosi ed al rapporto che si creò tra tutti noi calciatori alla fine ottenemmo un risultato alla vigilia inatteso”.
L’anno dopo Cattaneo (che a 19 anni aveva disputato due gare con la maglia del Milan) fece il suo esordio in serie A con l’Avellino insieme ai vari Di Somma, Piotti, Tosetto, Reali e Lombardi. Numerosi gli aneddoti racchiusi nell’album dei ricordi del difensore coi baffi. Dal primo ritiro di Montefiascone (“Lì c’era il vino buono e ogni tanto ne approfittavamo per imboscarci durante gli allenamenti per farcene un bicchiere”) allo spirito altruista del massaggiatore Vincenzo De Luca: “Voleva sempre aiutare tutti, anche i camerieri nel ristorante. Una volta si mise a servire ai tavoli ma gli partì il vassoio facendo finire tutto in terra. Per non metterlo in difficoltà, insieme ai compagni, decidemmo di raccogliere le pietanze e di mangiarle ugualmente”.
Francobollatore degli attaccanti avversari, Cesare Cattaneo soffriva l’agilità dei bomber tascabili. “Beppe Savoldi era la mia bestia nera – ricorda – riusciva quasi sempre a beffarmi e a far gol. Con gli altri mi arrangiavo: dove non arrivavo con la tecnica sopperivo con… la grinta!”. Ad Avellino Cattaneo ha vissuto sulla sua pelle il dramma del sisma del 1980, la difficoltà ad andare avanti in uno scenario di devastazione, di dolore, di povertà.
Ma fu anche un anno in cui emerse tutto il valore di uomini veri, che divennero il simbolo della voglia di rinascita di un’intera provincia. “Imparammo cosa fosse la sofferenza, cosa significasse la parola sacrificio. Per più di un mese vivemmo tutti insieme, imparando a conoscerci meglio. Questo contatto risultò determinante ai fini dei risultati ed ottenemmo una salvezza che ha ancora oggi ha del miracoloso”. E quell’anno l’arcigno difensore si tolse anche lo sfizio di fare gol al Milan, la squadra in cui era cresciuto calcisticamente. “Albertosi uscì a vuoto – ricorda – ed io riuscii a colpire la palla con il ginocchio. Grazie a quel gol pareggiammo la partita conquistando un punto importantissimo”. Dopo quattro anni in Irpinia, Cattaneo si trasferì ad Udine dove rimase altre quattro stagioni prima di passare al Varese per poi chiudere la carriera a Vicenza. “Son passati ormai tanti anni da quando sono andato via da Avellino – conclude – ma l’affetto per quei colori è rimasto immutato”.
Abbandonata l’attività agonistica, Cesare Cattaneo si è ritirato a godersi la tranquillità della provincia ad Asso, nel comasco.
Quando parla dell’Avellino, il pensiero di Cattaneo va subito al compianto Adriano Lombardi, bandiera della compagine irpina, con cui ha diviso gioie ed emozioni. Al capitano ed alla città irpina è sempre stato particolarmente legato “Eravamo un gruppo unico che ancora oggi, quando può, si ritrova per il gusto di stare insieme e di ricordare i bei tempi”.