Graziani un giorno mi chiese: “Ma cos’avete fatto ad Angelo Colombo? Quando era all’Udinese non mi faceva un cross giusto…”. Arrigo Sacchi raccontava divertito alla Gazzetta il suo pensiero su Colombo, mediano tuttopolmoni del suo Milan spettacolo: “È stato all’università. Ha giocato un calcio creativo, ottimistico, con la palla sempre ai piedi ed è migliorato. Mandela diceva: ‘Io non perdo mai: o vinco, o imparo’. In un calcio offensivo e generoso è così”.
È a metà tra leggenda e verità un’altra frase attribuita a Sacchi: “Per vincere servono 11 Colombo e non 11 Maradona“, ma se pure non l’avesse mai detto veramente, sicuramente l’ex ct l’ha pensato. Ha giocato solo tre anni in rossonero, Colombo, cucendosi sulla pelle la maglia n.4 ma ha lasciato il segno quasi come tutti i top-player di quella squadra fantastica, da Gullit a Donadoni. Nel cuore dei tifosi entrò definitivamente il 3 gennaio 1988 quando proprio Colombo – che non faceva del gol la sua caratteristica principale – pareggiò il gol iniziale di Careca prima della valanga rossonera per il 4-1 finale che spianò poi la strada allo scudetto del sorpasso celebre del 1 maggio.
Angelo era il più piccolo di cinque fratelli (due sorelle e due maschi), il più coccolato da tutti in famiglia e viveva in un paesino della Brianza molto piccolo. La mamma era casalinga mentre il papà ha lavorato sempre ed era uno sportivo anche il papà: giocava a bocce e la sua squadra della “Colombo stucchi” vinse il pallino d’oro, una gara delle più importanti in Italia. Non era nel suo Dna giocare a calcio ma col sudore della fronte, dal Monza all’Avellino, poi all’Udinese, era riuscito a farsi notare dal Milan, dove diventò un mediano insostituibile.
Correva per due e per tre, Colombo, e probabilmente ha pagato caro l’usura dei tre anni in rossonero con Sacchi tanto che appena ventinove anni lascia il Milan, si fa un biennio al Bari e due anni d’inattività prima di chiudere la carriera ai Marconi Stallions. Il suo palmarès rossonero è però strepitoso: 1 Scudetto (1987-88), 2 Coppe dei Campioni (1989, 1990), 2 Coppe Intercontinentali (1989, 1990), 2 Supercoppe Europee (1989, 1990), 1 Supercoppa di Lega (1989).
Dopo essersi ritirato dal calcio giocato Colombo è diventato allenatore ricoprendo per cinque anni la carica di coordinatore del settore giovanile del Milan di cui poi è diventato responsabile per quattro anni. Poi nel 2009 un’esperienza al Montebelluna, e poi due esperienze in due anni diversi al Carpenedolo fino al 2011. Successivamente ha svolto anche il ruolo di Projetc manager del Crema ma il suo hobby è un altro e lo ha rivelato a Pianetacalcio: “Piloto aerei ultraleggeri, praticamente, aerei a due posti”. Duro e impegnativo? Forse. Ma probabilmente meno faticoso che correre per 3 anni nel Milan di Sacchi.