Valladolid, 1469: Isabella di Castiglia sposa Ferdinando d’Aragona. Con i re cattolicissimi inizia a delinearsi lo stato spagnolo, nonostante l’autonomia governativa garantita alle regioni coinvolte. A far voce grossa è il sovrano di Castiglia che, in barba al principio fondatore, rivendica il controllo monetario sulla Catalogna di cui pretende il sostegno militare. L’accusa,mossa ai catalani, considerati eretici, è quella di insolvenza e così, nel 1569, Filippo II inizia la lotta agli infedeli con lo scopo neanche troppo mascherato di finanziare le proprie guerre espansionistiche. Il vento della Guerra dei trent’anni non risparmia nessuno. I contadini catalani . come racconta Marialaura Scatena, con l’appoggio dei francesi, depongono il governatore di Barcellona istituito dai funzionari di Castiglia e autoproclamano la Repubblica Indipendente di Catalogna. Siamo negli anni ‘40 del 600 e la potenza dei francesi è cosa nota; forti di ciò i castigliani si alleano con i Borboni di Luigi XIII i quali promettono loro la cessione di territori della Catalogna in caso di campagna vittoriosa. Dodici gli anni della prima guerra tra Castiglia e Catalogna, terminata quando le truppe di Filippo IV riescono a prendere Barcellona. Alla morte di Carlo II d’Austria, figlio di Filippo IV, la lotta di per il trono si intreccia a quella tra regioni dando vita ad una particolare Guerra di Successione. I Castigliani premono per avere un re borbonico, mentre i Catalani vogliono riconoscere la legittimità del trono austriaco. Le ostilità cessano con il Trattato di Utrecht e l’11 settembre del 1714 Barcellona cade dopo un assedio di 14 lunghi mesi.
Nel 1902 il conflitto passa per la prima volta sull’erba di un campo da calcio. Si gioca la Copa della Coronación, un torneo a cinque squadre organizzato per l’insediamento del Re Alfondo XII, e il Barça supera per 3 – 1 il Real, con un gol del leggendario Hans Gamper. Questa, come altre trentatré partite, non figura nell’albo degli scontri ufficiali. Il primo incontro valevole nel computo degli scontri diretti si gioca nel bel mezzo della Prima guerra mondiale quando la sfida di andata di Coppa del Re del 1916 termina 2-1 in favore del Barcellona.
Nel 1943 va in scena invece la semifinale di Copa del Generalisimo. L’andata a Les Corts vede il Barça trionfare per 3 – 0 mentre il ritorno la goleada del Real che si impone per 11 – 1. Il passivo insolito e severo inizia a far serpeggiare tra i tifosi blaugrana l’idea che la squadra sia stata costretta a perdere con metodi poco ortodossi. I catalani vedono nel Real Madrid la personificazione del caudillo ma, secondo i tifosi delle merengues, il dittatore spagnolo è un tifoso dell’altra squadra di Madrid, l’Atlético, la squadra dei militari del governo centrale.
Per i blancos i primi anni del franchismo sono stranamente poveri di titoli nazionali, al contrario dei fasti che avevano preceduto la guerra civile. Inoltre nel 1940 uno degli uomini di Franco, tale Enrique Piñeyro Queralt, diviene presidente proprio del club catalano. L’eredità di un tifoso pesante che nessuno sembra voler vantare è meno rosea di quanto si possa pensare: tre, tra presidenti e collaboratori del Real Madrid, vengono arrestati e torturati in circostanze misteriose.
È negli anni 50 che succede il fatto più singolare: il Barcellona e il Real Madrid acquistano Alfredo Di Stéfano. Il madrileni trattano il calciatore con il Millionarios di Bogotà, i colombiani che avevano accolto l’atleta rifugiato dopo lo sciopero dei calciatori argentini; i catalani invece acquistano il cartellino dal River Plate.
La FIFA prova a trovare un bizzarro compromesso sentenziando che il calciatore avrebbe militato in entrambe le squadre alternandosi stagione dopo stagione. Davanti a questa inusuale proposta a tirarsi indietro è il Barça che rinuncia al talento italo-argentino.
Alta tensione anche nel 1990 durante la finale di Copa del Rey vinta dai blaugrana per 2 – 0 con reti di Amor e Salinas. A fine partita ai microfoni arriva Miguel Porlán Noguera, meglio noto come Chendo, il capitano dei blancos. ”Quelli che hanno vinto non sono nemmeno spagnoli’’ tuona, salvo poi correggersi dicendo ‘‘Volevo dire che una parte della loro tifoseria non si considera spagnola, non mi riferivo ai giocatori’’. A tono risponde Gerard Piqué anni dopo con un perentorio ‘‘Per me è una sinfonia essere fischiato al Bernabeu’’.