Molenbeek, oggi tristemente considerata la capitale europea del terrorismo islamico, primo centro di reclutamento dei cosiddetti “foreign fighters”, nel 1975 dominava il campionato belga grazie al RWDM, squadra giovane e spettacolare. Fra i suoi tifosi c’era anche il campionissimo Eddy Merckx. Capitale europea del terrorismo islamico, principale centro di reclutamento dei “foreign fighters” al servizio dell’Isis e rilevante snodo del traffico di armi in mano alla criminalità organizzata. È questa la sinistra fama che accompagna Molenbeek Saint Jean, più noto come Molenbeek, comune-quartiere a ovest dal centro di Bruxelles, che si estende per poco meno di sei chilometri ed è abitato da quasi 100mila persone, con una grande concentrazione di immigrati arrivati dal nord dell’Africa e in particolare dai Paesi arabi. Da qui provenivano alcuni degli autori degli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi. A Molenbeek è collegato anche l’attacco al supermercato kosher di Parigi, successivo all’attentato contro la redazione di Charlie Hebdo, all’inizio di gennaio 2015: Amedy Coulibaly, l’uomo che uccise quattro ostaggi nel negozio e che era un simpatizzante dell’Isis, aveva comprato proprio a Molenbeek le armi usate nell’attacco.
Come gli altri 19 quartieri della capitale belga, Molenbeek ha una grande autonomia dall’amministrazione comunale di Bruxelles e rappresenta l’altra faccia della ricca capitale, sede del governo belga, dell’Unione Europea e della Nato. Qui, il 25% degli abitanti è senza lavoro e il tasso sale al 37% fra i giovani. Il 57% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, il reddito medio per abitante è stimato in 776 euro. Disoccupazione, abbandono scolastico, calo dei salari ed emarginazione caratterizzano Molenbeek, dove esistono 24 moschee, cinque chiese cattoliche, una chiesa ortodossa e nessuna sinagoga.
Negozi, bar, ristoranti, pescherie, macellerie hanno le insegne in arabo e in francese, la maggioranza delle donne porta il velo e la Chaussée de Gand, l’arteria principale del comune, sembra un gran bazar di una città nordafricana. Per arrivare a Molenbeek dalla Grand Place, considerata il centro di Bruxelles, ci vogliono appena sedici minuti a piedi. Oggi Molembeek – come scrive Rossano Donnini – dove la popolazione in un decennio è cresciuta da 76mila a quasi 100mila abitanti, è inquietante, sinistra, minacciosa. Anche il calcio non è più di casa: la migliore delle squadre locali, la White Star, gioca in Sseconda divisione. Ma in passato proprio il calcio ha concentrato su Molenbeek l’ammirazione di tutto il Belgio. Era il 1975, quando il RWDM, acronimo di Racing White Daring Molenbeek, club sorto appena due anni prima dalla fusione fra il Royal Racing Withe e il Daring Club de Bruxelles, dominò il campionato: in 38 partite raccolse 61 punti, frutto di 25 vittorie e 11 pareggi, contro due sole sconfitte. Ben 92 le reti segnate, contro le 39 subite. Anversa seconda e Anderlecht, terza per la differenza reti, finirono entrambe distanziate di 9 lunghezze.
La squadra presieduta da Jean L’Ecluse e Jean Gooris, era allenata da Felix Week, ex portiere dell’Anderlecht dal 1950 al 1961, e aveva il suo trascinatore nel centrocampista olandese Johan Boskamp, arrivato a Molenbeek proprio in quella stagione. Proveniva dal Feyenoord di Rotterdam, città dove era nato nel 1948 in un quartiere popolare, dove tanti problemi si risolvevano facendo a pugni. Un duro con il desiderio e l’ambizione di diventare calciatore professionista che, appena terminata la scuola primaria, si era messo a lavorare presso un grossista di frutta, specialista nel commercio di banane nei mercatini rionali. A 14 anni la chiamata del Feyenoord, dove doveva anche occuparsi della manutenzione del terreno di gioco, pulire gli spogliatoi e le scarpe dei calciatori della prima squadra. Nonostante le indubbie qualità e il forte carattere, non diventò mai un titolare fisso, chiuso dai connazionali Jensen e Van Hanegem e dall’austriaco Hasil.
Una stagione in prestito all’Holland Sport e il ritorno alla casa madre per collezionare in otto stagioni complessive soltanto 102 presenze e 14 reti in campionato. Troppo poco per uno dal suo talento, ma difficile da gestire e spesso in conflitto con gli allenatori. Nell’estate del 1974 il trasferimento in Belgio al RWD Molenbeek, per diventarne subito un punto fermo. Centrocampista inesauribile, forte nel tackle, dotato di spiccato senso tattico, buona tecnica e un calcio potente e preciso, era il perno della squadra che avrebbe dominato il campionato. Con un contributo di 33 presenze e 5 reti, Boskamp risultò determinante nel successo del RWDM e proprio a lui venne assegnata la “Soulier d’Or” (Scarpa d’Oro) 1975, riconoscimento destinato al miglior giocatore dell’anno. Per la prima volta ad aggiudicarsi l’ambito premio, istituito nel 1954, non era un belga, ma uno straniero. A Boskamp sarebbe succeduto un anno più tardi un altro olandese, il più famoso Rob Rensenbrink, attaccante dell’Anderlecht. Fra i tifosi eccellenti del RWD Molenbeck figurava anche Eddy Merckx, che all’età di 10 anni aveva pure giocato come mezzala destra nelle giovanili della White Star, una delle società che attraverso diverse fusioni avrebbe poi dato vita al RDWM.
Il ciclista più vittorioso di tutti i tempi aveva il suo calciatore prediletto proprio in Boskamp, che era anche un grande appassionato di ciclismo. Fra i due, uniti anche dalla sconfinata voglia di vincere, c’erano rispetto e sintonia. Boskamp era il giocatore più rappresentativo di una compagine che aveva altri elementi di rilievo nel difensore centrale danese Kresten Bjerre, capitano della squadra, nel terzino sinistro ed ex ala Maurice Martens, “Soulier d’Or” nel 1973, quando militava nel Racing White, e nella mezzala Odilon Polleunis, altra “Soulier d’Or”, ma nel 1968, quando difendeva i colori del Saint Trond. Particolarmente insidiosa la prima linea, formata dal danese Benny Nielsen, da Willy Wellens e da Jacques Teugels, con l’olandese Eddy Koens come rincalzo buono per tutti gli usi. Completavano la formazione base di un 4-3-3 piuttosto offensivo il portiere olandese Nico De Bree, i difensori Eric Dumon e Gerard De Sanghere, oltre al centrocampista Chris Stroybant, l’unico a non venire confermato la stagione successiva, quando per inseguire la gloria in Coppa dei Campioni al suo posto venne ingaggiato Paul Van Himst, il più grande calciatore belga di tutti i tempi, entrato in conflitto con l’Anderlecht, la squadra dove aveva esordito all’età di 16 anni e con la quale in Patria aveva vinto tutto. Il divino Van Himst, che in Belgio chiamavano il “Pelé bianco”, aveva già 32 anni e viaggiava spedito sul viale del tramonto. Fu inaugurato anche un nuovo stadio, l’Edmond Machtens Stadion, capace di 32.000 posti.
Il tragitto in Coppa dei Campioni non andò oltre il secondo turno, mentre il campionato fu chiuso al terzo posto. Poi un quarto di finale nel 1976-‘77, quando il RWDM arrivò in semifinale di Coppa Uefa, eliminato dall’Athletic Bilbao, poi battuto dalla Juventus. Van Himst non c’era già più, Boskamp era sempre il leader e al suo fianco, a centrocampo, giostrava il danese Morten Olsen, che sarebbe poi diventato un grande libero. I segni di un irreversibile declino erano già evidenti. Boskamp, che nel 1978 aveva partecipato con l’Olanda al Mondiale d’Argentina, rimase fino al termine della stagione 1981-‘82, chiusa all’undicesimo posto. Complessivamente, nel RWDM aveva disputato 238 partite di campionato con 36 reti. Due anni più tardi il RWDM sarebbe retrocesso per la prima volta. Una risalita immediata, poi le tante difficoltà che portarono al fallimento nel 2002. Quindi, sempre a Molenbeek, la nascita del Bruxelles FC, scioltosi nel 2014.
Adesso la squadra più importante di Molenbeek è la White Star, maglia nera con stella bianca sul petto (come il Casale), che milita in Seconda divisione. Il risorto (a furor di popolo) RWDM, ora RWDM47 ma con lo stesso stemma e gli stessi colori di prima, gioca in Quarta serie. Le due squadre si contendono l’uso di quello che resta del Machtens Stadion. Com’è lontano, quel glorioso 1975!