Qualsiasi ex ragazzo nato a Mantova e provincia tra gli anni ‘60 e ‘70, anche se non direttamente interessato al calcio, è cresciuto con il racconto da parte dei genitori e dei nonni della favola del Piccolo Brasile. Ovvero quella squadra che nel giro di pochi anni stupì l’Italia non solo pallonara conquistando promozioni consecutive fino ad approdare in serie A.
Una suggestiva veduta di Mantova.
Il nomignolo affibbiato alla OZO Mantova, così chiamata per una sponsorizzazione con una raffineria locale che fece anche cambiare i colori da bianco celeste a biancorosso, per estensione rimase anche negli anni fortunati della massima divisione ma, per correttezza di informazione, è giusto ricordare che il Piccolo Brasile fu la squadra del 1958-’59.
Il “Piccolo Brasile del 1959-’60.
Della quale dunque questo è il sessantesimo anniversario. Almanaccando nell’album dei ricordi, al via di quella stagione di serie C, il neopromosso OZO Mantova, allenato da tre anni da Edmondo Fabbri, si era presentato con soli tre innesti nella rosa che aveva trionfato in Quarta serie di Eccellenza: Turatti dal Padova, Cadé dall’Atalanta ed in seguito Galassini dal Verona. Nel gruppo avviato a diventare storico che comprendeva, tra gli altri, i ragazzi prelevati dal Sant’Egidio come Longhi e Micheli oltre a Giagnoni, Negri e Fantini.
“Mondino” Fabbri sulla panchina del Mantova.
Doveva essere un torneo di assestamento anche perché c’erano formazioni ambiziose come le toscane Pisa, Siena, Livorno e Lucchese oltre alle nobili decadute Casale e Pro Vercelli. In particolare il Siena fece pressione per essere inserito nel girone A sfalsando il numero delle squadre e portandolo a 21, con un turno di riposo per ciascuno. Al contrario quella formazione sbarazzina a poco a poco sì ritrovò a lottare per il vertice, mettendo fuori gioco una ad una le maggiori pretendenti fino all’epilogo finale che sa di vera leggenda epica.
Sta di fatto, comunque, che il nome Piccolo Brasile venne usato per la prima volta da un periodico di Lucca, alla vigilia della sfida interna al “Porta Elisa” con i biancorossi. “Ma arriva un Piccolo Brasile?” titolò la rivista toscana “Il Rossonero”. In effetti nel turno precedente l’OZO Mantova aveva umiliato al Martelli il Legnano, seppellito con un 8-2 con doppiette di Turatti, Giagnoni e Fantini ed un gol a testa per Micheli e Recagni. Come sempre poi ci sono le disquisizioni sulla paternità del nome, perché un club di appassionati tifosi di Cesole con fierezza rivendicò il fatto di avere usato per primo l’aggettivo. Resta comunque il fatto che il Piccolo Brasile vinse anche a Lucca (2-0) proseguendo un torneo di testa alle spalle del Siena, che pareva irraggiungibile malgrado il successo nella gara di andata in riva al Mincio per 3-1.
Ma come in tante favole, per arrivare al lieto fine c’è il thrilling: così a 4 turni dal termine, con il Siena a +3, il Mantova vince lo scontro diretto in Toscana riducendo ad un solo punto lo svantaggio. Che sarà poi recuperato nelle ultime tre partite. È necessario uno spareggio perché Siena e Mantova hanno chiuso il campionato appaiate a quota 58 in vetta. Si sceglie come sede Genova, dopo che la Lega aveva scartato San Siro (proposto dai biancorossi) e Firenze (caldeggiata dai senesi). Da Mantova partono in 6000, con due treni speciali, 15 pullman e molte auto private. Il Siena allenato dal mitico Oronzo Pugliese fa paura malgrado sia stato battuto due volte in campionato e sembra proprio una disdetta perché dopo un quarto d’ora il Mantova perde Cadé per infortunio ed è costretto a giocare il resto del match in 10. Giova ricordare che le sostituzioni non erano ammesse all’epoca. Sta di fatto che il Piccolo Brasile lotta, stringe i denti, soffre ed a 10’ dalla fine segna l’1-0 con Fantini difendendo strenuamente fino alla fine la storica promozione in serie B. Era il 28 giugno 1959. Una superiorità ribadita anche dai numeri, con 71 reti fatte in campionato, 28 subite, 24 vittorie, 10 pareggi e sei sole sconfitte.
Il tempo, ahi noi, passa inesorabile e di quella mitica squadra purtroppo pochi ne sono rimasti in vita. Tra questi l’ala destra Guido Furini (foto a fianco), che venne al Mantova dal Governolo insieme a Negri e Beduschi e che da anni si è stabilito a Busto Arsizio dove insieme alla moglie fa il nonno felice: «Vi ringrazio con tutto il cuore di esservi ricordati di me – dice con la voce rotta dall’emozione – perché rammentare il Piccolo Brasile non solo mi fa ritornare giovane ma anche rivivere emozioni straordinarie. Eravamo un gruppo di amici, unito e coeso, dove non esisteva un fuoriclasse o un giocatore al di sopra della media. Ci aiutavamo tutti in campo, sotto la guida di Giagnoni, che purtroppo ci ha lasciato da poco, mentre in panchina c’era un allenatore moderno per quei tempi, vale a dire Edmondo Fabbri. Era duro ed esigente ma quando andavamo in campo sapevamo tutti cosa dovevamo fare, insegnandoci la tecnica ma anche la tattica. I muri di casa mia sono ancora tappezzati di fotografie del Piccolo Brasile».
Iniziò così la cavalcata che portò in pochissimo tempo il Mantova in serie A.
Alberto Sogliani