Sebastián Piovoso non è un calciatore e non lo sarà mai: i suoi 34 anni e la pancia di chi come noi ama il calcio dagli spalti glielo impediscono. Architetto laureato all’Università di La Plata, impiegato statale dell’ARBA, l’agenzia della riscossione di Buenos Aires, e senza passato né presente da giocatore, allenatore o leader, svolge un compito unico: è l’omaggio alla memoria di Antonio Enrique Piovoso, Tano, portiere che gioca tre partite nel Gimnasia La Plata nel 1973 e che non è solo suo zio, ma l’unico calciatore che ha giocato nella Prima Divisione dell’AFA ed è scomparso nell’apocalisse della dittatura. È il giocatore rubato dai militari nel 1977, ma dimenticato anche dal calcio.
Si allunga un caldo pomeriggio d’agosto e Sebastián, o Piovo per gli amici, entra nel luogo che ha scelto per l’intervista, il bar di una stazione di servizio, nel centro di La Plata. La maggior parte dei tavoli sono vuoti, una coppia di clienti solitari sfoglia il giornale, e la televisione è sintonizzata su un canale di notizie a cui nessuno presta attenzione: è un’atmosfera impersonale – e un po’ cupa – che favorisce il nipote del calciatore scomparso a sedersi per la prima volta davanti a un giornalista. Un ambiente più lussuoso sarebbe volgare per un discorso in cui decenni di silenzio familiare e di mascheramento del dolore cominciano ad essere lasciati alle spalle. Anche di Tano Piovoso non parlava. Mai.
Sebastián si presenta con voce pacata, accetta un ritaglio che arriva su un vassoio di plastica e tira fuori dallo zaino una busta così giallastra che sembra ancorata agli anni ’70, e c’è qualcosa del genere: più che una busta, è uno scrigno che, per tre decenni e mezzo, ha protetto una storia fotografica. Dal suo interno emergono immagini, ritagli e oggetti. Alcune sono cartoline sportive: eccolo, in bianco e nero, Tano Piovoso all’Estadio del Bosque abbracciato a Hugo Orlando Gatti, suo compagno di squadra nel Gimnasia ’73, sullo sfondo delle tribune gremite prima di una partita, o durante un allenamento in palestra. Passaggio precedente nelle serie inferiori dell’Estudiantes, aggrappato ad un arco sul vecchio campo. Una curiosità: in quelle foto con scarpini, felpa e pantaloncini (un look dell’epoca, anche quelli di Gatti mostrano una tasca davanti) Piovoso non ha i guanti, ma li tiene con la mano destra. Sembra una dichiarazione di principi: mani libere.
Dalla busta logora, che Sebastián ha ereditato qualche anno fa dalla nonna paterna, Elsa Mengarelli, madre di Tano, emergono anche diari dell’epoca e medaglie vinte alla scuola dell’infanzia. I ricordi di famiglia sono già a colori: Tano come testimone a un matrimonio, o sdraiato in un giardino. Estetica anni Settanta, barba da giungla, basette abbondanti, pantaloni Oxford. E un regime omicida: tutte le testimonianze fotografiche sono anteriori al 6 dicembre, giorno del suo rapimento, quando aveva 24 anni. “È quello che ho messo insieme per ora”, dice Sebastián, e ti viene voglia di abbracciarlo.
Tra i 30mila scomparsi dall’ultima dittatura (1976-1983) ci sono diversi atleti (Miguel Sánchez, mezzofondista, , la giocatrice di hockey Adriana Acosta e i ragazzi del La Plata Rugby Club, tra tanti altri), ma c’è un solo calciatore dell’AFA (e soprattutto di Prima Divisione) che compare in “Mai più”, ed è Piovoso Mengarelli. Oltre a Tano, altri giocatori furono vittime della dittatura, come il portiere dell’Almagro in Prima B nel 1975, Claudio Tamburrini, che fu detenuto in un centro clandestino finché non riuscì a scappare legando le corde una mattina durante un temporale. Se aggiungiamo il caso opposto, quello del calcio come rifugio lavorativo di presunti colpevoli, come l’ex portiere del Rosario Central, Edgardo Andrada, il Gato, che fu indagato per la sua presunta partecipazione al rapimento di due militanti fino al 2012, quando la giustizia stabilì la mancanza di prove certe, si raggiunge una strana linea comune: scomparsi, rapiti e sospetti repressori convergono nella più speciale delle posizioni, il portiere.
Ricostruire un giocatore scomparso non è facile. Il ricordo emotivo del calcio salva solo i vincitori, e Piovoso, portiere discreto, è stato dimenticato anche da molti ex compagni di squadra e rivali. Non è il caso di Rodolfo Lara, giornalista del Clarín ed ex centrocampista delle giovanili dell’Estudiantes, il primo che nel 2009 pubblicò, un omaggio a Tano. “Lui era di categoria 53 e io 52, quindi non condividevamo una squadra, ma ci conoscevamo”, ricorda Lara, e recensisce una giocata che sintetizza il dna audace di Piovoso: “Si giocava San Lorenzo- Estudiantes. Tano Pasini (Salvador, poi allenatore) aveva la palla in mezzo al campo, ma l’altro Tano, il nostro, Piovoso, è uscito dall’area e si è buttato suoi suoi piedi. Questo era il suo stile: rischioso”.
Piovoso, nato a La Plata il 13 agosto 1953, era tifoso del River e di Gatti. C’era qualcosa di pazzesco in lui: parava nonostante i suoi 177 centimetri. La foto con il suo idolo ne evidenzia la bassa statura per un ruolo quasi vietata per chi è più basso di 1,80: Gatti, a 1,82, accanto a lui sembra un giocatore Nba. Ma poiché Tano non era governato dalle convenzioni, ma dalle convinzioni, ha sempre voluto fare il portiere: Sebastián ricorda che il chilometro zero di suo zio era la squadra giovanile del Peñarol de Gonnet e poi, sì, entrò nella 53a categoria dell’Estudiantes, gruppo in cui la maggior parte dei ragazzi è caduta nel dimenticatoio prima di raggiungere la Prima Divisione, ad eccezione di Néstor Chirdo (Estudiantes, Racing e Lanús).
Piovoso ha girato le giovanili dell’Estudiantes contemporaneamente alla consacrazione della squadra di Osvaldo Zubeldía in Argentina, America. Nella categoria superiore alla sua, quella dei giocatori nati nel 1952, il numero 2 era il suo unico fratello, Héctor Alfredo (padre di Sebastián), poi ritiratosi. In quella squadra giocavano anche Oscar Suárez, (il ragazzo che morì di malaria nel 1976 dopo un tour africano), Osvaldo Palín González (con successivi periodi a Villa San Carlos, Quilmes e Rayo Vallecano) e Humberto Moirano, un nome che nel calcio non dice nulla ma nella vita di Tano era tutto: divennero talmente amici da condividere la vita fino all’ultimo secondo, fino all’arrivo di una pattuglia militare.
Per qualche motivo che non si riesce a decifrare molto tempo dopo (un litigio con uno dei suoi allenatori, Rubén Cheves o Juan Urriolabeitia? Mancanza di livello per la Primera?), Piovoso ha lasciato l’Estudiantes senza aver esordito. Sembrava avere le condizioni giuste: approda subito al Gimnasia come terzo portiere dei professionisti nel 1973, dietro a Gatti e Daniel Guruciaga. Nelle diapositive dell’archivio El Gráfico di quell’anno, si vede Tano allenarsi in una squadra che, tra gli altri giocatori, aveva Carlos Della Savia, Hugo Gottfrit e Carlos Bulla, ed era diretta da José Varacka.
Piovoso non è riuscito a partire da titolare in Prima Divisione, ma ha giocato tre partite. È una vera rarità: quello che succede raramente, che un portiere si infortuna durante la partita e debba essere sostituito, è successo tre volte in tre mesi, e Tano è entrato ogni volta, una volta per Guruciaga e due volte per Gatti.
Il suo debutto risale al 19 aprile, contro l’Argentinos a La Paternal, in una partita che era sullo 0-0 al 41′ quando Tano entrò per Guruciaga. Poteva essere un esordio trionfale, perché c’era un rigore per il Gimnasia parato da Antonino Spilinga ad Aldo Villagra, ma finì con una sconfitta per la doppietta che Tano, già vicino alla fischio finale, ricevette da Horacio Raúl Cordero.
Il 24 giugno, anche per il Metropolitano ‘73 che vincerà l’Huracán, si ripete quella dualità: la gioia di giocare in Prima Divisione offuscata da una sconfitta. Piovoso sostituisce al 75′ un altro portiere, questa volta Gatti, e il parziale 2-2 con l’All Boys diventa una sconfitta per 3-2: entra Tano e dopo otto minuti riceve il gol di Domingo Cavallo, omonimo del futuro ministro dell’Economia.
Finché quattro giorni dopo, giovedì sera, 28 giugno, alla Foresta, per la terza volta, accadde la stessa cosa, ma questa volta sarebbe stata letale: in un Gimnasia-Central trasmesso in televisione, di cui non ci sono immagini, Tano sostituì Gatti all’intervallo (1-1) e, come se fosse una maledizione, la sua squadra perde ancora (2-1). La sua incudine è stata una punizione di Aurelio Pascuttini, al 42′ della ripresa, che tutte le cronache sono concordi nell’attribuire a un Piovoso dalle mani di burro. “La vittoria è arrivata per un grave errore di Piovoso, che ha fatto da corollario a una prestazione sfortunata”, ha scritto Horacio Pagani per El Gráfico, che gli ha assegnato 3 in pagella, mentre La Capital de Rosario ha sottolineato che il portiere era “completamente nervoso”. Tano aveva avuto prestazioni migliori, o almeno El Gráfico gli aveva regalato un 6 contro l’Argentinos (contro l’All Boys ha giocato 15 minuti e non ha potuto essere giudicato), ma è chiaro che quel gol del Central (“Un fallo di Grottfit su Carlos Colman ai 25 metri, che fu rifinito da Pascuttini, passò le mani del portiere e raggiunse la rete” precisa il quotidiano Rosario) significò la sua fine in Primera, una carriera molto breve, ma nella quale affrontò rivali emblematici come José Pekerman (Argentinos) , José Pepe Romero (All Boys), Daniel Killer o Carlos Aimar (Central).
Quarant’anni dopo, Pascuttini non solo non registra la debole reazione di Piovoso, ma non ricorda nemmeno il suo autogol né nessun altro dettaglio di quella partita. Da allora, la carriera di Tano è stata offuscata da una simile nebbia. Alcune testimonianze sostengono che Piovoso andò al Villa San Carlos nel 1974, ma un paio di giocatori di quella squadra che partecipò alla Primera C, consultati da El Gráfico, lo hannomescluso..
Si può ricostruire che, a partire dal 1974, Piovoso giocò nell’interno di Buenos Aires, nelle serie inferiori. Ciò gli permise di studiare architettura dal lunedì al venerdì a La Plata, viaggiare il sabato e giocare la domenica: nel 1974 lo fece per l’Atlético Mones Cazón, a 40 chilometri da Pehuajó, nel 1975 è stato il portiere dell’Athletic de Azul e nel 1976 ha parato nella Nación de Mar del Plata. Arrivò con altri due ex giocatori del Gimnasia, Norberto Fabbián e Miguel Angel Restelli, rinforzi che non hanno impedito la retrocessione della Nación al B Nel torneo successivo, 1977, Eduardo Basigalup fu il suo sostituto nella Nación, all’inizio di una carriera che lo consacrò al Ferro.
Il 6 dicembre 1977, dopo un anno di assenza dal calcio, Piovoso viene arrestato sul posto di lavoro: mentre stava terminando il quinto anno di Architettura, era disegnatore presso nelle gallerie Williams, nel centro di La Plata. Le testimonianze concordano nel ritenere che Tano, che non aveva svolto alcuna militanza impegnata, tutt’al più la distribuzione di qualche volantino qualche anno prima, e, a quanto pare, più per rimorchiare una ragazza (una delle sue specialità) che per convinzione politica, è stato rapito per essersi trovato nel posto sbagliato: i militari sono andati a cercare un’altra persona (Jorge Martina) e, nella loro brutalità, hanno accusato anche lui. L’amico Moirano (morto nel 2003), costretto a guardare il muro, si sentì dire “vi prendiamo per i capelli lunghi” e, quando si voltò, Piovoso non c’era più. Nessuno lo avrebbe mai più visto. Da allora, il suo corpo (e quello di Martina) non è più apparso.
Nel 1993, Sebastián venne a sapere inaspettatamente della scomparsa di suo zio: aveva 13 anni e, durante la cena, un familiare si lasciò scappare il fatto. Molti anni dopo, un’altra serie di coincidenze lo portò a chiedere a Elsa, sua nonna, di Tano, e per la prima volta uscirono queste foto da una busta giallastra con Gatti e dell’Estudiantes. Solo, senza più alcun aiuto familiare (la nonna è morta), Sebastián sapeva anche che suo zio aveva gli occhi turchesi, che guidava una Citroen, che dormiva protetto dai poster dei Beatles appesi in casa e che era un tifoso di calcio., così tifoso di calcio che il calcio, appunto, non può continuare a dimenticarlo.
Mario Bocchio