Il suo nome non ha echeggiato nelle stanze del calcio nostrano al pari di quello di Tarcisio Burgnich o di Giacinto Facchetti, anche perché non ha mai vestito l’azzurro della Nazionale, ma Mario Giubertoni con l’uno e con l’altro ha rappresentato per anni una delle colonne portanti della difesa dell’Inter.
Club in cui è approdato nell’estate del 1970 vincendo subito uno scudetto e, più in generale, totalizzando 154 presenze complessive. Nel 1971-‘72 è protagonista della cavalcata che porta i nerazzurri alla finale di Coppa dei Campioni contro l’Ajax, ma a Rotterdam è costretto a lasciare il campo dopo pochi minuti a causa di una dura entrata subita da Blankenburg.
Giubertoni, nato a Moglia in provincia di Mantova, l’8 dicembre 1945, è stato uno di quei calciatori che erano definiti rocciosi, francobollatori degli attaccanti avversari.
Si è fatto conoscere al grande pubblico giocando dal 1964-1970, prima di passare, come detto, all’Inter.
Veste la casacca nerazzurra dal 1970 al 1976, imponendosi subito come titolare e contribuendo nella prima stagione con 27 presenze alla conquista dello scudetto. L’annata successiva è protagonista, oltre che in campionato (annata nella quale realizza la sua unica rete in campionato con l’Inter, nel successo interno col Napoli), anche in Coppa dei Campioni, raggiungendo la finale di Rotterdam contro l’Ajax.
Resta in nerazzurro per altre quattro stagioni, componendo a lungo un’affiatata coppia centrale difensiva con Graziano Bini. Passa poi nel 1976 al Verona ma in gialloblù disputa solo 7 incontri di campionato, prima di chiudere la carriera agonistica a fine stagione a 32 anni non ancora compiuti.
Ora coltiva a pere nella nativa Moglia.