“La Corea dell’Inter è arrivata dalla Finlandia”. Il titolo del quotidiano La Stampa, il 22 ottobre 1987, non ammetteva equivoci di sorta: il tonfo interista della sera precedente sarebbe passato alla storia come una delle disfatte storiche. Allo stadio Meazza, il modestissimo Turun Palloseura superò con pieno merito l’Inter, nella partita d’andata dei sedicesimi di Coppa Uefa. Fu un bolide da fuori area di Mika Aaltonen a smentire i pronostici e far scivolare nel ridicolo la squadra nerazzurra guidata da Giovanni Trapattoni. Un’onta – come scrive Stefano Taccone – che neanche il passaggio del turno, ottenuto vincendo la partita di ritorno 2-0 in trasferta, riuscì a cancellare. Presentata come compagine materasso, buona al massimo per una sgambata di allenamento, la squadra bianconera, proveniente dalla città finlandese di Turku, diede una lezione di calcio alla beneamata capace quella sera di stabilire un record poco edificante: primo club italiano a perdere contro una formazione della Finlandia. Il tracollo interista fu pesante anche nei numeri della gara: due tiri in porta, approccio alla partita estremamente superficiale e nessuna reazione caratteriale dopo la rete incassata nei minuti iniziali di gioco.
I vincitori recavano nomi ignoti al grande football europeo: Paavola, Rajamäki, Jalo, Halonen. Pochissima cosa a confronto con i Passarella, Zenga, Beppe Baresi, Altobelli, Ferri, Scifo o Serena sfoggiati dalla squadra di casa. Nessuna preoccupazione aveva destato, nel turno precedente, la vittoria del Turun sul campo degli austriaci dell’Admira Wacker, propiziata proprio da una doppietta di Aaltonen. Troppo ampio era il divario tra finnici e nerazzurri. Invece, a differenza di Paganini, Mika da Turku concesse il bis a Milano. Dopo undici minuti di gioco, ricevuto il pallone quasi al limite dell’area, il ventunenne finlandese ebbe il tempo persino di guardare la porta prima di sganciare una sventola di destro che andò a collocarsi nel sette, alla sinistra di un incredulo Zenga. Il tuffo in bello stile del portierone interista fu vano. Lenta ed incerta, la difesa nerazzurra tolse ogni responsabilità al suo numero uno, per il resto quasi del tutto inoperoso. Non che il suo dirimpettaio, il finlandese Eckerman, avesse fatto grandi parate. Anzi: la statistica dei tiri in porta dell’Inter recò un imbarazzante zero.
Le pochissime incursioni offensive dei padroni di casa, condotte con scarsa vena e quasi con timore reverenziale, non sortirono effetti. In tribuna, il pubblico passò dagli sfottò contro il Milan, battuto nel pomeriggio dall’ Espanyol, alla voglia di abbandonare gli spalti per eccesso di nausea. Deprimente. Nel primo tempo, gli uomini del Trap produssero il cencio strappato di due mezze occasioni: un colpo di testa sul fondo di Serena (22’) e un quasi autogol su cross basso (37’). Il passo degli interisti, come sottolineato dall’inviato de La Stampa, fu quello del cammello al cospetto dei finlandesi che si mostrarono agili come renne, soprattutto a centrocampo. Con il passare dei minuti aumentarono soltanto i fischi dagli spalti.
Trapattoni, imbarazzato come un direttore d’orchestra davanti a musicisti incapaci di eseguire persino il giro di do maggiore, nella ripresa inserì la terza punta (Ciocci per Matteoli). L’incisività in area avversaria rimase un miraggio. Proprio Ciocci, tuttavia, ebbe la migliore occasione per pareggiare: lanciato in profondità sulla destra, il giovane attaccante interista scavalcò il portiere con un pallonetto ma il palo gli negò la gioia del gol. Gli ultimi rantoli di una squadra sull’orlo di una disfatta storica furono affidati a Piraccini e Scifo. Nulla da fare. Il triplice fischiò dell’arbitro irlandese Wallace chiuse la partita. Per l’Inter fu la prima sconfitta casalinga in coppa dopo quella subita nel novembre ’79 dal Borussia Mönchengladbach. Ma un conto era stato perdere con una squadra tedesca, ben altra cosa fu arrendersi in casa contro la sconosciuta compagine della città di Turku! Tonfo da inserire in testa alle partite da dimenticare. “Perdere ci può stare ma senza rimetterci la faccia”, disse Spillo Altobelli negli spogliatoi. A San Siro fu vera gloria per i postini, giardinieri e studenti del Turun Palloseura, maramaldeggianti contro “un’Inter formato caos” (titolo magistrale de la Repubblica il giorno dopo la partita di Milano).
Quella sera fu difficile per i tifosi del biscione trovare parole per descrivere lo sconcerto dopo novanta minuti penosi, contrassegnati dall’incapacità di rimontare un gol, subito quasi in avvio di gara. Dopo la prodezza a San Siro, Mika Aaltonen divenne il Pak Doo Ik della storia interista. Il suo tiro micidiale, tra l’incredulità generale, sembrò telecomandato. Nella panchina del Turun sedeva mister Lindholm che di nome non faceva Nils ma che quel giorno d’autunno conquistò nella storia dell’Internazionale un paragrafo alla voce “disfatte memorabili”. L’umida serata meneghina, con ventimila tifosi sugli spalti, salutò l’impresa della squadra finlandese. Nella partita di ritorno, nel freddo di Turku, per sbrogliare la matassa ci vollero cinquanta minuti. Tanti ne passarono prima della rete di Scifo (con un tiro da 25 metri) che pareggiò i conti.
Per qualificare l’Inter bastò il raddoppio di Altobelli che, servito da Pierino Fanna, superò in uscita Eckerman per il 2-0 finale. Il presidente Pellegrini, pochi mesi dopo, prelevò Aaltonen che rimase in nerazzurro giusto il tempo di convincere Trapattoni della sua modesta levatura tecnica. Il finlandese venne dirottato, senza remore, in Svizzera. L’Inter lo parcheggiò senza indugi al Bellinzona. Rientrò in Italia per vestire la maglia del Bologna, collezionando la miseria di tre presenze nel campionato 1988-‘89, partendo sempre dalla panchina.
Un curriculum calcistico da “perfetto bidone”. Gli andò meglio in Germania. Nel ’90, con la maglia dell’Hertha Berlino, guidato dal tecnico Werner Fuchs, conquistò la promozione in Bundesliga. Laureatosi in economia, Mika Aaltonen ottenne la cattedra di docente universitario, in materie economiche, nell’ateneo di Turku e nel dipartimento di scienze tecnologiche di Helsinki, dirigendo il “Progetto Strax” per lo studio dei macro-flussi economici. Tra le sue esperienze c’è anche quella di consulente del presidente statunitense Bill Clinton nel campo della salvaguardia ambientale. Mediocre come calciatore ma ottimo ricercatore. Quel gol alla “Scala del calcio”, però, il professor Mika se lo ricorderà sempre.