La leggenda del calcio scozzese Rose Reilly è stata intervistata da Fabio Cannatà per Sprint e Sport in occasione dello spettacolo teatrale a lei dedicato.
“Rose Reilly – Footballer” racconta la storia dell’ex calciatrice scozzese con un lungo passato in Italia. A cura di English Theatre Milan, l’autrice dello spettacolo è Lorna Martin, mentre la regia è di Maureen Carr. L’attrice Christine Strachan veste i panni di Reilly. Martin sta anche lavorando con Chris Young, uno dei principali produttori cinematografici e televisivi scozzesi, a un film che racconti la storia dell’ex calciatrice.
Lo spettacolo è stato presentato per la prima nel settembre 2021 a Glasgow, come parte del “A Play, a Pie and a Pint” all’Oran Mor.
Reilly comincia l’intervista raccontando aneddoti di quando era bambina. L’ex calciatrice scozzese gioca a calcio “da sempre”. “All’età di 3 anni sono sparita da casa e mia madre mi ha trovato vicino al campo da calcio” dice a Sprint e Sport.
Poi racconta di quella volta che ha barattato una bambola per un pallone da calcio. “Una natale, quando si fa una lettera a Babbo Natale, io ho chiesto un pallone ma mi è arrivata la bambola. Io ero distrutta perché Babbo Natale non mi ha ascoltato. Comunque, sono andata fuori e ho scambiato la bambola con un pallone – racconta – Io ho dormito con questo pallone per due motivi: primo perché ero innamorata del pallone e poi avevo paura che mia madre mi togliesse il pallone, quindi lo tenevo ben stretto”.
Un altro aneddoto riguarda una partita in cui ha segnato 8 gol quando giocava nella squadra maschile del paese in cui è nata e cresciuta, Stewarton. “L’allenatore mi ha chiesto se volevo giocare con loro. Ho detto ‘Ma senz’altro!’. Avevo sì e no 6 o 7 anni. E sono andata al barbiere a farmi un taglio maschile. Mia madre un altro po’ mi ammazzava”.
“C’era una partita che ero scatenata e ho fatto 8 gol. C’era un osservatore del Celtic e ha detto all’allenatore subito ‘Voglio far firmare un contratto a quel bambino là’” racconta Reilly, che per farsi passare per un maschio si faceva chiamare Ross. Essendo una femmina, però, Reilly non poteva firmare con il Celtic, squadra che ha sempre tifato da bambina insieme a Real Madrid e Milan.
“Io mi sentivo distrutta perché non potevo giocare col Celtic. Però ho detto ‘se sono così brava perché no?’ Ovviamente all’età di 7 anni non potevo capire” dice.
Dopo aver giocato in patria con le maglie delle prime squadre femminili di Stewarton Thistle LFC (vincendo l’edizione inaugurale della Scottish Cup nel 1971) e Westthorn Utd LFC (dove ha conquistato il treble nel 1972: Scottish Cup, League Cup e campionato), Reilly è andata a giocare all’estero. “Sono andata via dalla Scozia con una mia amica, una giocatrice fortissima, Edna Neillis, e abbiamo giocato nello Stade de Reims” racconta.
L’esperienza in terra francese è molto breve. “A un certo punto, forse ho vissuto più o meno sei mesi là, loro non riuscivano a mantenerci. Eravamo semiprofessioniste. Il Milan in poche parole ci ha comprato, come nel mercato maschile” spiega.
“Non mi scordo mai quando l’aereo è atterrato a Linate” dice. L’attaccante scozzese nonostante fosse appena atterrata e si trovasse in Italia per la prima volta si è sentita subito “a casa”. “Io non avevo a che fare con l’Italia. Non sapevo manco dov’era. Non sapevo niente della lingua, del cibo e di niente. Però mi sentivo a casa”.
“Abbiamo firmato per il Milan e abbiamo vinto lo scudetto. Edna dopo un po’ aveva nostalgia di casa ed è tornata a casa. Nel frattempo, io dovevo imparare la lingua perché le mie compagne non parlavano inglese e io niente di italiano. La sera parlavo da sola davanti allo specchio – racconta – Poi ho comprato un dizionario, ho comprato la Gazzetta dello Sport e così ho imparato l’Italiano, parlando anche con la gente per strada, al ristorante a ordinare il pranzo o la cena”.
Nei suoi 4 anni al Milan (1973-‘77), Reilly vince 2 scudetti (1973 e 1975) e 2 Coppe Italia (1975 e 1976). Poi passa al Jolly Catania, dove vince lo scudetto nel 1978. Nello stesso campionato conquista anche la classifica marcatrici con 32 gol.
“Poi mi ha comprato il Lecce. Mentre stavo nel Lecce mi ha chiamato di nuovo il presidente del Reims” racconta. Così nella medesima stagione Reilly indossa contemporaneamente le maglie di Lecce e Reims. Ciò è reso possibile dai diversi giorni e orari in cui si disputavano i match del campionato italiano e di quello francese. “In Serie A si giocava di sabato pomeriggio, sempre. Domenica mattina partivo per Parigi e raggiungevo la squadra dove si giocava perché le squadre francesi giocavano la sera” – spiega – Poi tornavo in Italia il martedì per riprendere l’allenamento col Lecce. Quell’anno ho vinto il campionato sia col Lecce che col Reims”.
A Lecce conquista 3 scudetti consecutivi tra il 1981 e il 1983, vincendo anche la classifica marcatrici nel 1981 con 31 reti. Inoltre, vince anche 2 volte la Coppa Italia (1981 e 1982).
Dopo l’esperienza a Lecce Reilly resta in Puglia, ma per indossare la maglia del Trani. Qui vince quelli che sono gli ultimi 3 scudetti della sua carriera, nel 1984, 1985 e 1985-‘86, portando a 5 il numero di campionati consecutivi vinti dalla scozzese. Per Reilly Trani rimarrà sempre una città un po’ speciale in quanto è anche la città dove si è sposata e dove è nata sua figlia.
Dopo gli anni a Trani, Reilly continua a giocare in Italia fino alla metà degli anni ’90 indossando le maglie di Napoli, Firenze, Prato, Bari e Agliana.
Oltre a giocare con i club, Reilly indossa anche le maglie di due nazionali: prima quella della Scozia e poi quella dell’Italia.
“Ho due momenti più belli: prima ho giocato con la nazionale scozzese e ho segnato contro l’Inghilterra. Avevo sì e no 16 anni, 15 anni. Poi la federazione scozzese mi ha squalificata a vita – che vergogna! – perché ero diventata professionista e poi perché stavo in Italia – racconta – Poi dopo 5 anni che militavo nel campionato italiano il presidente Trabucco mi ha chiesto se volevo giocare nella nazionale italiana. E lui non ha finito neanche di parlare che io avevo già detto di sì. Grande orgoglio”.
Con la maglia Azzurra, Reilly conquista il Mundialito del 1984. Il 26 agosto 1984, la nazionale italiana vince la competizione battendo 3-1 in finale a Jesolo la Germania Ovest, che Reilly definisce come una squadra “molto forte fisicamente, anche tecnicamente”. Reilly segna il terzo gol, mentre gli altri due portano le firme di Carolina Morace ed Elisabetta Vignotto. Per Reilly la vittoria di quel Mundialito è “una soddisfazione difficile da descrivere”.
Nonostante la squalifica a vita nei suoi confronti, l’ex calciatrice non ha mai portato rancore nei confronti della federazione scozzese. “Io non ero mai arrabbiata con loro perché quello è un sentimento che spreca solo energia” dice.
Solo una volta terminata la carriera ha ricevuto dei riconoscimenti importanti. Tra questi l’ingresso nella Hall of Fame del calcio scozzese nel 2007, quando diventa la prima calciatrice a entrarvi. Nello stesso anno è stata inserita nella Scottish Sports Hall of Fame.
Nel 2020 ha ricevuto una delle maggiori onorificenze britanniche: il Member of the Order of the British Empire (MBE). “Quello è stato proprio un momento emozionante. Era la principessa che mi ha dato questo onore nel palazzo Reale di Edimburgo” racconta.
Per Reilly, il calcio femminile di quando giocava lei era un calcio diverso rispetto a quello di oggi e il cambiamento c’è stato quando FIFA e UEFA hanno voluto prendere in mano il calcio femminile.
“C’era la federazione italiana che faceva una federazione a sé rispetto alla FIGC con il presidente Trabucco. C’era molta pubblicità. Eravamo sulle prime pagine del Corriere dello Sport, la Gazzetta dello Sport, andavamo a La Domenica Sportiva, alla Rai. Era molto seguito anche dai media. Io mi ricordo, giocando nel Catania, c’era una media di 20 mila spettatori alle partite – racconta – È cambiato quando la FIFA e la UEFA hanno deciso di prendere in mano il calcio femminile. E quindi il presidente Trabucco e tutto questo ente che faceva da sé veniva eliminato. La federazione italiana maschile che ha preso sottobraccio la femminile ci ha messo in un angolino per dire ‘va beh state buone là’. Siamo andate in discesa dopo questa scelta”.
Per l’attaccante scozzese il calcio femminile di oggi ha bisogno di una “iniezione di soldi” non solo per i livelli più alti ma anche per le bambine delle scuole calcio. Reilly paragona il calcio femminile a un albero: “Un albero senza radici cade. Bisogna cominciare con la radice, con le bambine, con le scuole calcio”.
Inoltre, ritiene che sia importante avere una maggiore presenza femminile nelle federazioni. “Dobbiamo avere donne in federazione perché là avvengono le decisioni e i maschi non devono decidere per le donne. Son le donne che devono decidere per le donne”.
Infine, non poteva mancare una domanda sul professionismo del calcio femminile, che in Italia verrà introdotto a partire da luglio 2022. Per Reilly il professionismo “è quello che manca e che mancava” ed “il futuro del calcio femminile”.
L’ex calciatrice conclude con un messaggio alle calciatrici di oggi e di domani: “Il messaggio mio è fare il calcio con la passione. Senza la passione non si va molto lontano. Però ci vuole anche un po’ di lavoro duro perché quello aiuta. Lavorando duro si raggiungono gli obiettivi e la tua passione diventa amore”.