Ala sinistra, nato a Örgryte in Svezia nel 1965, Johnny Ekström ha ottenuto la ribalta internazionale nell’ IFK Göteborg.
Nel 1986 anche lui sbarca nel campionato italiano, esattamente all’Empoli.
«Tatticamente si adatta alle caratteristiche della squadra. Non ci saranno problemi dal punto di vista ambientale: è giovane e non è ancora un campione famoso» disse il tecnico dei toscani Gaetano Salvemini.
Ekström , rivolgendosi ai giornalisti, ebbe modo di dichiarare: «Io non ho paura, il vostro calcio mi affascina. Vedevo le immagini delle partite italiane e mi incuriosivo sempre più».
Nel primo anno di Serie A, che alla fine vide l’Empoli conquistare la salvezza, per Ekström ci fu la “perla” del gol alla Fiorentina.
Il 30 novembre 1986, si giocò il primo derby fiorentino. L’Empoli se lo aggiudicò proprio grazie alla una rete dello svedese.
La Juventus che affronta la stagione 1987-’88 è profondamente rinnovata. L’assenza che balza più all’occhio è quella di Michel Platini che ha deciso, dopo cinque stagioni alla corte bianconera, di appendere gli scarpini al chiodo. In panchina siede ancora Rino Marchesi, mentre all’attacco, in sostituzione del partente Serena che ritorna all’Inter, la Juve acquista Ian Rush, prolifico attaccante gallese prelevato dal Liverpool.
L’annata della Juventus sarà al di sotto delle aspettative. Tutta la rosa si mostra indebolita dall’assenza delle grandi giocate di Platini, alle quali Marchesi cerca di sopperire con un robusto centrocampo guidato dall’onesto mestierante Marino Magrin, arrivato dall’Atalanta. La delusione maggiore è rappresentata proprio da Rush che, patendo diversi problemi di ambientamento, non riesce a legare con i compagni e, soprattutto, ad adattarsi al calcio italiano. C’è da dire che difficilmente la squadra mette a disposizione del gallese palloni giocabili, la manovra risulta spesso lenta e mancante di quelle verticalizzazioni che Rush avrebbe bisogno come il pane. De Agostini, Alessio, lo stesso Magrin sono buoni giocatori ma avrebbero bisogno di qualche compagno che accendesse la luce. Cosa che Laudrup, che ne avrebbe le caratteristiche, non riesce quasi mai a garantire.
La Juventus chiude il campionato al sesto posto, raggiunto dopo la vittoria ai rigori sul Torino nello spareggio per l’accesso alla Coppa Uefa. Delusioni anche in Europa: il cammino dei bianconeri si interrompe, infatti, ai sedicesimi, estromessi dai greci del Panathinaikos, mentre in Coppa Italia la Juventus si spinge fino alle semifinali, eliminati dal Torino.
Foto a fianco: ancora Ekström ad Empoli
La compagine toscana, invece, si appresta a disputare il suo secondo campionato in Serie A. La riforma dei campionati riduce a due il numero delle retrocessioni e, in seguito ad un illecito sportivo, la Caf condanna il club a una penalizzazione di cinque punti. Alle difficoltà sul campo, si uniscono anche problemi societari: durante l’annata, infatti, si dimette il presidente Grazzini (sostituito da Bini) e alcuni consiglieri lasciano l’incarico.
I punti di penalizzazione influiscono pesantemente sul cammino dei toscani: la retrocessione diventa aritmetica a tre giornate dalla fine.
Ma il 20 settembre 1987, per l’Empoli è una giornata di gloria, da segnare sul calendario. Si gioca la seconda giornata, al Castellani scende la Juve e il destinato dei toscani appare segnato. Ma una rete dello svedese Ekström, segnata nella ripresa, regala una vittoria insperata all’Empoli e una grandissima delusione ai supporter bianconeri. Che sarà solamente un piccolo antipasto delle grandi amarezze che dovranno provare fino alla fine del campionato.
«Nessuno deve pensare che possa montarmi la testa. Faccio gol, per questo i giornalisti mi intervistano. Ma io, in una società piccola e familiare come quella dell’Empoli, mi sto trovando benissimo. Accanto a me, ho scoperto molti amici e mi sento come a casa. Non prometto una valanga di gol. Sarei contento di segnare quelli che bastano per salvare l’Empoli».
Dall’Empoli Ekström finì al Bayern Monaco. Ritornò una seconda volta in Italia, stagione 1993-’94, alla Reggiana.
Fenomeno o sottovalutato? Una risposta ce la può fornire una vecchia dichiarazione ancora di Mister Salvemini: «Ero indeciso se portarlo in panchina e metterlo nel secondo tempo o se gettarlo subito in mischia. Alla fine dell’allenamento i ragazzi sono venuti nel mio stanzino e mi hanno chiesto di farlo giocare subito. Lavorando insieme, si sono accorti che è davvero un fenomeno».