Una dinastia di medici e calciatori. Ebbene sì. Le cose si possono abbinare, se ti chiami Mascheroni e vieni da Galliate. Di padre in figli. Riccardo Duccio Mascheroni, nato il 31 dicembre 1945, ortopedico di fama internazionale per trent’anni al Santa Corona di Pietra Ligure, ha vissuto stagioni da beniamino del pubblico genoano. Un giocatore dai grandi colpi, un uomo di classe. Ha giocato nel Grifone dal 1967 al ’70, collezionando 18 gol in 91 incontri ufficiali. Dettava i tempi, vedeva la porta. Esplodeva il sinistro. Un leader naturale. Il club lo acquistò dal Novara. Duccio ci mise poco a farsi apprezzare, e consegnare la fascia di capitano. Un crack del ginocchio guastò l’ultimo anno, contribuendo a condannare il Vecchio Grifo alla retrocessione in serie C. Ma se ti chiami Mascheroni, e vieni da Galliate, finisce che ti riprendi e maturi pure gli interessi. Così fu.
Riccardo Mascheroni, detto Duccio, centrocampista classe 1945. Ha giocato con la maglia del Varese dal 1970 al 1973, per poi andare al Napoli e chiudere la carriera al Varazze e al Galliate.
Il “ballerino”, come era soprannominato da Claudio Gentile e Giampiero Marini per la sua estrema eleganza nel saltare l’avversario e nel tenere la posizione in campo, prima di arrivare al Varese esordì a 17 anni nel Novara, per poi passare al Genoa (1967-1970). Ma la storia curiosa di Mascheroni si lega anche ad una dinastia calcistica che è abbastanza rara e singolare.
Il padre Oliviero, medico-calciatore classe 1914, ala destra veloce, giocò 124 partite in serie A alla fine degli anni 30 e inizio degli anni 40 in squadre come Roma, Milan, Inter, Torino in squadra con Raf Vallone, che in seguito diventò un attore famoso; concluse la sua carriera nel Novara perché chiamato alle armi come ufficiale medico nella campagna di Russia. Al suo ritorno giocò ancora qualche anno nella Pro Patria e nel Galliate.
Il papà Oliviero ebbe altri due figli oltre a Duccio, Mauro e Norberto. Mauro divenne medico, ma giocò anche nella Pro Patria, nel Legnano e nel Catanzaro. Norberto, iniziò nel Galliate per poi andare nel Novara, ma alla fine appese le scarpette al chiodo per laurearsi in medicina.
Ma torniamo a Duccio, alias dottor Riccardo Mascheroni. Lo ha intervistato Claudio Ferretti.
Duccio, ci racconta la sua storia e la sua esperienza in biancorosso?
“Iniziai presto a giocare a calcio, come mio padre e i miei zii nel Galliate e poi nel Novara. Ma il mio sogno nel cassetto era quello di fare il medico. Venni ceduto al Genoa, dove ho giocato 78 partite. Purtroppo ebbi un importante infortunio al ginocchio che ha di fatto compromesso la mia attività di calciatore professionista. Mi operarono e venni ceduto al Varese dove ho trovato un grande presidente come Giovanni Borghi e un allenatore come Nils Liedholm che nonostante i dolori al ginocchio mi aiutarono, moralmente ma anche investendo sulla mia persona. Giovanni Borghi si informò in prima persona dal luminare del tempo, il dottor Trillat a Lione, specializzato nella ricostruzione dei legamenti dei giocatori di rugby. L’intervento con le tecniche di allora riuscì, ma il recupero fu molto lungo. Rimasi fermo per circa un anno”.
Tanto tempo…
“Sì, ma non mi persi d’animo. E a Varese trovai compagni di squadra che erano come fratelli. Eravamo un gruppo molto unito, mi sentivo in famiglia. Facevo rieducazione e intanto continuavo a studiare medicina, seguendo le orme di famiglia. Rientrai l’anno successivo, esattamente il 24 ottobre contro il Torino, e giocai 21 partite. L’anno successivo giocai in serie B e andò abbastanza bene: segnai 8 reti. Però ero abbastanza limitato, spesso mi faceva male il menisco e dovevo stringere i denti. Devo dire che i tifosi sono sempre stati straordinari, dandomi grande supporto”.
Poi il passaggio al Napoli.
“Fu un annus horribilis: non giocavo, non riuscivo a studiare, ero lontano da mia moglie e da mio figlio Gabriele. Decisi di rientrare a Varazze, dove abitavo, per prendere la laurea: così chiusi la mia carriera in questa stupenda cittadina, ma giocando poi ancora qualche partita nel Galliate”.
Si è laureato in medicina: con quale specializzazione?
“Dopo tanti sacrifici mi sono specializzato in ortopedia, forse proprio per quanto mi era successo. Ho lavorato per trent’anni al ‘Santa Corona’ di Pietra Ligure e ho visto l’evolversi della tecniche di operazione al menisco e ai legamenti. Adesso siamo ad eccellenti livelli. Il mio caso era preistoria. Le racconto una piccola storia”.
Prego.
“Un giorno mi sono fatto una lastra e, senza mettere il nome, l’ho fatta vedere ai miei colleghi medici molto più giovani di me. Vedendo la radiografia, il loro commento fu: ma questo paziente riesce ancora a camminare?”.
Segue ancora il calcio?
“Seguo qualche partita, però devo dire che il calcio moderno non mi diverte… Forse però non è il calcio, magari sono io che sto invecchiando e i tempi che stanno cambiando… Per tenermi in forma cammino per alcuni sentieri vicino a Varazze con il mio cane. Faccio fatica, la gamba spesso mi fa male ma Mascheroni non molla”.
I suoi figli hanno interrotto la dinastia Mascheroni dei calciatori.
“Federico e Gabriele hanno iniziato a giocare nel Varazze, ma hanno poi intrapreso altre strade. Mentre mio nipote Oliviero junior è cresciuto nella Primavera della Juventus, per poi disputare oltre 400 partite tra la serie C e la serie D, giocando con Davide Rota e Davide Ariezzo; ha lasciato il cuore nella gloriosa Biellese e in squadre come Prato, Novara, per poi come tutti noi aver terminato la carriera nel Galliate. Ha giocato spesso contro i biancorossi e ancora oggi ha legami di amicizia con alcuni allenatori di società che allenano nella ‘Provincia dei laghi’, che anche a me è rimasta nel cuore. Per non dimenticarmi qualcuno che è antipatico, saluto tutti i miei compagni e amici di quel periodo straordinario che mi è rimasto nel cuore. Insieme ai tifosi biancorossi”.
Fonte Varesenoi