Quello argentino non si sa che fine farà, ma l’Icardi italiano si sa che ha fatto in carriera e dopo. Si chiama Andrea e per il Milan è stato un motorino inesauribile in anni difficili, nella prima metà degli anni ’80, quando la società rossonera passò in pochi anni dal baratro della serie B e dal rischio fallimento a divenire una delle più leggendarie squadre di calcio del mondo. Andrea Icardi, soprannominato il Nano gigante, si fermò a qualche metro dalla “terra promessa”, lasciando i rossoneri proprio prima dell’avvento di Berlusconi e dell’inizio dell’era d’oro.
Sei anni al Milan, con esordio in un derby perso (1-0), 117 presenze e 5 gol, di cui uno fondamentale per entrare nel cuore dei tifosi. Era un altro derby, stavolta di Coppa Italia, il 23 giugno del 1985: l’Inter passò in vantaggio con Rummenigge nel primo tempo; pareggio cinque minuti dopo per opera di Virdis e nella ripresa, quando sembrava ormai scontato il pari, ci pensò proprio Andrea Icardi a firmare il gol – vittoria, battendo Zenga. La sua cessione, proprio prima che il Milan si accingesse a scalare il mondo, fu inserita nell’ambito dell’acquisto di Roberto Donadoni dall’Atalanta. Esperienze importanti anche con le maglie di Lazio e Verona.
Poi ha chiuso la carriera in Australia, spiegando il perché a Rmc sport: “Quando ho avuto la possibilità di andare a giocare in Australia non ci ho pensato due volte e sono andato. Mi sono trovato bene visto che dopo l’esperienza da giocatore mi sono fermato anche ad allenare. Ogni tanto torno in Italia per vedere come vanno le mie ex squadre”. Alla Gazzetta aggiunse: “Lì la mia vita è cambiata: il primo anno ho giocato, il secondo mi hanno richiamato per farmi fare l’ allenatore, il terzo ci sono tornato, ma solo per pochi giorni.
C’ era una ragazza, Rosy, che mi aveva detto: ‘Se vieni a prendermi ti sposo, sennò niente’. Sono andato, l’ ho presa e portata a Milano. Ora abbiamo tre figli: Lorenzo, Desy, Luca”. Dopo i Marconi Stallion australiani è tornati in Italia per un periodo ad allenare nelle giovanili di Milan, Monza e Alessandria.
Ha guidato anche Derthona e Voghera ma alla fine il richiamo dell’Australia si è fatto risentire: “Nel ’96 andai dal direttore sportivo del Milan Braida a presentargli il mio progetto proprio in Australia. Io sono tornato in Italia per prendere il patentino per allenare, ho fatto qualche esperienza e poi nel 2007 ho deciso di tornare di nuovo in Australia per creare una academy del Milan dove alleniamo tutti i nostri ragazzi”.
Con la moglie Rosie Clarck gestisce l’academy rossonera in Australia e il suo progetto l’ha spiegato all’Arena di Verona: “Stiamo avvicinando i giovani australiani al calcio. Li stiamo ispirando. Con il supporto del Milan stiamo lavorando su atleti dai 6 ai 18 anni. Stiamo cercando di trasferire loro alcune conoscenze calcistiche europee. È un lavoro lungo, in cui fondamentali sono anche i principi educativi. È una bella sfida”.