Il Re del Mondo è un calciatore africano e ha un ingaggio annuo da 16 milioni di dollari. Non si tratta di un epiteto da tifosi e non stiamo parlando di Milla, Eto’o o Drogba ma semplicemente di Asamoah Gyan, per alcuni “il più forte giocatore africano di sempre”, per altri “il più grande mercenario della storia del calcio”. E’ la semplice storia di una personalità complessa in cui si contrappongono riscatto, ego smisurato, continuità, fallimenti, attimi da cogliere e se vogliamo dissociazione mentale.L’ inizio della carriera del Re del Mondo è a dir la verità piuttosto ordinario: cresce nei Liberty Professionals, squadra di Accra, dove viene scoperto dagli osservatori dell’Udinese.
La squadra del patron Pozzo è molto attiva nello scovare talenti provenienti da ogni parte del pianeta. La politica dei friulani è chiara: acquistare potenziali campioni, plasmarli e rivenderli a prezzo più alto. Il profilo di Asamoah Gyan è perfetto e il ghanese, appena diciottenne, viene aggregato alla squadra di Spalletti con la quale esordisce in serie A. L’Udinese di quegli anni vanta campioni del calibro di Pizarro, Sensini, Handanovic, Di Natale e Di Michele ed è chiaro che anche per un futuro Re del Mondo sia difficile ritagliarsi il proprio spazio nell’undici titolare. Gyan viene così mandato in serie B al Modena. Le due stagioni in terra emiliana sono più che dignitose, con 15 gol all’attivo e un profilo tecnico che ricorda quello di altri giocatori africani come Obafemi Martins e Stephen Makinwa.
Se la carriera europea è tutta da costruire, in patria Gyan è già una stella e lavora per la sua futura auto elezione. Dopo il precoce esordio in azionale a 17 anni e la partecipazione con la nazionale olimpica ai giochi di Atene del 2004, il tecnico serbo della nazionale Dujkovic gli affida una maglia da titolare per i mondiali in Germania del 2006. Gyan non tradisce le aspettative e con il gol nella seconda partita contro la Repubblica Ceca di Nedved diventa il primo ghanese a segnare una rete nella storia dei mondiali. Il Ghana riesce a qualificarsi agli ottavi di finale ma subisce un secco 3-0 contro il Brasile di Ronaldo, Ronaldinho e Adriano. Gyan in quella partita sbaglia diverse occasioni da gol e viene espulso per doppia ammonizione a dieci minuti dalla fine, ma il mondiale rappresenta un ottima vetrina per lui. A vent’ anni è pronto per il grande salto, il ritorno in serie A con la maglia dell’Udinese. In quella squadra l’attacco è guidato da Di Natale e Iaquinta e lo spazio per Gyan è ancora ridotto, anche a causa della sua cronica discontinuità che gli fa alternare ottime prestazioni a giornate assolutamente anonime. Realizza comunque otto gol, che gli valgono la conferma per la stagione successiva in cui però non riesce ancora a sfondare, complice anche un infortunio patito nei quarti di finale di Coppa d’Africa contro la Nigeria.
L’Udinese capisce che non vale la pena investire su un futuro Re del Mondo ma che si può monetizzare dalla sua cessione e nell’estate del 2008 lo vende al Rennes per otto milioni di euro. L’arrivo in terra francese non rispecchia ancora una volta le aspettative, con la prima stagione in cui realizza una sola rete a causa dell’ennesimo infortunio. Le luci della ribalta però si accendono finalmente nel 2009-’10 quando Gyan si ristabilisce e con 13 gol è il migliore marcatore dei suoi. Sembra arrivata finalmente la svolta per Il bomber di Accra: è infatti nel fiore degli anni, è nel momento in cui può dimostrare tutto il suo talento e a fine stagione arrivano i campionati mondiali, in cui è una delle punte di diamante del Ghana che vuole migliorare il piazzamento ottenuto quattro anni prima. E’ l’ora di guadagnarsi il titolo di sovrano illustre del pianeta. L’esordio è incoraggiante, e Gyan realizza su rigore la rete dello 0-1 che sancisce la vittoria contro la Serbia. Gyan si ripete dal dischetto nell’1-1 contro l’Australia e per gli africani si aprono ancora una volta le porte degli ottavi di finale, questa volta contro i più abbordabili Stati Uniti d’America. La partita è molto equilibrata con i tempi regolamentari che si concludono sull’1-1 grazie ai gol di Boateng e Dempsey. Ai supplementari Gyan diventa leggenda: su un lancio lungo sguscia via ai due centrali americani e con un gran tiro batte il portiere americano. 2-1, balletto vicino alla bandierina e storica qualificazione ai quarti di finale. Gyan è a tre gol in quattro partite, nella massima competizione mondiale. Non male per un incompiuto, per uno che fino a quel momento, se si guarda la mera realtà, era sempre stato a metà tra l’essere uno dei più grandi giocatori africani e un talento inespresso. Un discreto inizio, se si vuole diventare Re del Mondo.
Ai quarti il Ghana affronta l’Uruguay di Suarez, Cavani e Forlan. La partita è bellissima e molto combattuta: Muntari porta in vantaggio il Ghana, Forlan risponde, Gyan è come al solito tra i protagonisti dei suoi e si rivela una spina nel fianco della difesa sudamericana, andando più volte vicino al gol. Al 90’ il risultato è sull’1-1 e si va all’extra time. Il Ghana attacca e all’ultimo assedio, su un colpo di testa, Suarez colpisce di mano sulla linea di porta per evitare una rete sicura. Calcio di rigore ed espulsione, Suarez esce in lacrime consolato dai compagni, sembra la degna immagine della sconfitta dell’Uruguay. Ci sono 11 metri che separano il Ghana dal paradiso, rappresentato dalla prima semifinale per una squadra africana. Sul dischetto si presenta ovviamente Gyan, lo specialista, la stella, il futuro Re del Mondo, colui che non aveva fallito nelle prime due partite. C’è un continente in trepidazione, ci sono undici metri, un calcio di rigore, un sogno. Gyan è stanco, si è sacrificato per tutta la partita, ha preso diversi colpi dai rudi difensori uruguaiani. Non può però sottrarsi, la sua stella potrebbe brillare ancora di più, è pronto ad essere l’eroe assoluto di una squadra che sta compiendo un’ impresa storica.
Nel volto si legge chiaramente la tensione, ha gli occhi di tutto il mondo addosso. Ma lui sa già che diventerà Re, si tratta di fatto di una formalità. La ricorsa è sicura, calcia potente e centrale, Muslera non ci arriva.. ma la palla si stampa sulla traversa e si impenna. Nulla da fare, la partita finisce e via alla lotteria dei calci di rigore.
Gyan si dispera, sa di aver fallito l’occasione della sua redenzione. Si immaginava un contratto faraonico, le attenzioni delle più grandi squadre del mondo, I titoli dei giornali italiani che incolpano l’Udinese per non averlo compreso. Sarebbe bastato un rigore, per entrare definitivamente nell’Olimpo. Ma nulla da fare, nel momento più importante ha fallito, ancora una volta si è dimostrato un incompiuto. Si va ai calci di rigore e Gyan si mostra un uomo coraggioso, senza alcun timore reverenziale. Calcia il primo della serie dei suoi, si toglie subito la scimmia tornando sul dischetto dopo dieci minuti scarsi dal fatale errore precedente. Questa volta non sbaglia, tira un missile sotto l’incrocio dei pali, imparabile per il portiere avversario.
Purtroppo per lui, non serve a nulla. Mensah e Adiyiah falliscono e in semifinale ci va l’Uruguay. Per Gyan è un mondiale da incorniciare, sotto certi aspetti. Tre reti in cinque partite, diventa l’uomo immagine di una squadra che è andata a un passo dall’impresa e a fine anno vince premio di miglior giocatore africano battendo Eto’o nell’anno del triplete e Drogba. Ma resta quel cruccio, aver sbagliato il rigore che non doveva sbagliare e aver segnato quello che non contava.
Invece di andare al Real Madrid, al Barcellona o al Bayern Monaco passa al Sunderland, in Premier League, acquistato per la cifra record di 13 milioni di sterline, prezzo più caro mai pagato dal club inglese per un giocatore. La stagione è buona ma non buonissima con 10 gol in 34 partite. Non sono i numeri di una stella, non sono le prestazioni che ci si attendeva. Arriva così a un grosso bivio: Gyan a fine stagione ha 26 anni, è nel pieno della sua carriera e sta vedendo sfiorire il suo sogno di diventare Re del Mondo. Non è riuscito a sfondare definitivamente, è un giocatore nel limbo, un essere in eterno divenire. Da qui la scelta tra essere uno dei tanti, un titolare in una squadra di media classifica europea o un nababbo, uno che guadagna come uno dei migliori calciatori del mondo, pur non essendolo. Gyan sceglie la seconda opzione e dopo un anno di prestito annuale accetta l’offerta dell’Al-Ain, squadra di Abu Dhabi, con un ingaggio di circa dieci milioni di euro a stagione. Se gli eroi della storia dello sport hanno percorso la via della leggenda per diventare re, lui sceglie un’altra strada. Gyan non vive l’approdo negli Emirati Arabi Uniti come un declassamento, ma parla di esposizione mediatica, di visibilità di fan che hanno la possibilità di seguirlo. Dove non arrivano le prestazioni arriva il Dio denaro e questo è aspetto non banale per un ragazzo nato povero che con il calcio è riuscito ad arricchirsi e che desidera più di ogni altra cosa diventare leggenda.
Gyan si è ritrovato ad un calcio di rigore dal paradiso ma l’ha sbagliato ed è stato condannato al purgatorio. Ha scelto così di comprarselo, il Paradiso, e su alcune cose sembra quasi volersi sedere a fianco del Divino. Fa costruire ad Accra una villa auto celebrativa che viene nominata “La Basilica” con dieci camere da letto, un cinema da 50 posti, una piscina e un museo auto celebrativo. Il tutto per un valore di tre milioni di dollari, circa un terzo di quanto guadagna in un anno. Acquista inoltre diverse macchine costosissime che vengono sfoggiate talvolta nelle vie di Accra. Uno schiaffo alla povertà o, a seconda del punto di vista, il suo modo di essere profeta in patria, per voler rimarcare il fatto di avercela fatta. Ma d’altronde, si è auto eletto Re del Mondo, sta semplicemente creando il suo regno. Per ogni sovrano il consenso è importante, anche se alcuni aspetti diventano quasi comici: nasce un’ applicazione per Android denominata Asamoah Gyan, scrive un post su twitter in cui si ritrae su una Rolls Royce dorata con la seguente didascalia: “Non conoscevo la parola ispirato fino a quando mia madre mi chiamò all’età di 13 anni e mi disse: “’iglio, tu sei ispirato da dio’. Gli hater faranno bene a pensarci due volte”.
Diventa un colonnello Kurtz in chiave calcistica, uno che non ha voluto vedere la realtà e allora se ne è costruita una a propria immagine e somiglianza. E in effetti quando in una trasmissione televisiva gli si chiede se sarebbe stato un giocatore migliore rimanendo in Premier lui risponde con molto realismo che il trasferimento lo ha reso un calciatore più modesto ma un uomo felice. Per tenere a bada la sua complessa personalità, Gyan va da uno psicologo per problemi di ansia da prestazione e depressione. Chissà se gli è mai stata diagnosticata, in quelle sedute, una percezione alterata, una sorta di schizofrenia milionaria che porta alla creazione di una realtà a propria immagine e somiglianza. L’impatto di Gyan nel campionato arabo è ovviamente devastante, in quattro anni all’ Al-Ain realizza 95 gol in 83 partite, cifre superiori a quelle di Messi e Cristiano Ronaldo in Europa. Il destino però talvolta è beffardo e crudele: nel 2012, nella semifinale di Coppa d’Africa contro lo Zambia, sbaglia ancora un calcio di rigore cruciale. 1-0 per gli avversari e addio sogni di gloria. Gyan però non si dà per vinto, inizialmente abbandona la nazionale ma poi ritorna a difendere i colori della sua nazionale. Con il Ghana partecipa al suo terzo mondiale nel 2014 (realizzando altri due gol) e in totale I suoi gol in maglia arancione sono 49 in una carriera quasi quindicinale, andando in rete in tre diverse edizioni del mondiale.
Viene però coinvolto in un caso controverso, la morte per incidente del rapper e amico di infanzia Castro, avvenuta durante una vacanza nel 2014. I media ghanesi speculano sull’accaduto, si pensa addirittura che Gyan abbia sacrificato Castro per un rito Voodooo. Accuse basate sul nulla, senza alcuna conseguenza, ma quando dopo una partita un giornalista ghanese chiede lumi al giocatore sulla vicenda non riceve una risposta e nei giorni seguenti viene aggredito e picchiato dal fratello e dall’agente di Gyan. Una storia poco chiara e controversa che indica se non altro quanto i soldi non bastino a comprarsi la stima dei media locali, specie se si è piuttosto arroganti e presuntuosi.
Anche il Re del Mondo deve fare i conti con i detrattori e ogni sovrano ha i propri modi per ristabilire l’ordine. A degna conclusione la vicenda dei capelli: nel 2016 Gyan si trasferisce in Cina, allo Shangai Sipg, allenato da Andrè Villas Boas in cui prova a placare la sua ingordigia con uno stipendio di 16 milioni di euro annui. Torna però in prestito all’ Al-Ahli e la federazione lo accusa per un taglio di capelli poco etico. In realtà si tratta di un semplice arabesco ai lati, ma si sa che da quel punto di vista negli Emirati Arabi non scherzano. E fu così che il Re del Mondo fu costretto ad abdicare di fronte ad un barbiere.
Valerio Zoppellaro