Il 23 gennaio 2002 muore Vittorio Mero in un incidente stradale. Era difensore del Brescia, tra i più amati dalla tifoseria lombarda. Mero perse la vita all’età di 27 anni in autostrada, all’altezza di Cazzago San Martino, tra i caselli di Ospitaletto e Rovato in direzione Venezia, mentre tornava dalla famiglia, poiché era squalificato per l’incontro di semifinale di Coppa Italia Parma-Brescia che si doveva giocare alle 17,30 dello stesso giorno al Tardini di Parma.
Lo chiamavano Lo Sceriffo, soprannome che gli era stato dato dal tecnico Nedo Sonetti per la serietà che lo contraddistingueva. Per i giocatori più giovani era un esempio da seguire, un calciatore con cui confidarsi. Durante l’Intertoto – stagione 2001-‘02 – era stato anche capitano della squadra, al Parco dei Principi di Parigi contro il Psg. Il Brescia in sua memoria ha deciso di ritirare la maglia numero tredici.
La notizia della morte di Mero -come ricorda Andrea Borasio su “Vercelli Notizie” – fu data ai compagni di squadra pochi minuti prima dell’inizio della partita. Roberto Baggio, ai tempi capitano della squadra lombarda, quando venne avvisato della tragedia gettò via i guanti e corse negli spogliatoi. Con lui tutti i compagni di squadra. Quella partita non iniziò nemmeno. Venne poi recuperata, settimane dopo. Mero era uno di quei giocatori che qualunque allenatore vorrebbe nella propria squadra, perché alle doti tecniche abbinava la grinta, lo spirito del combattente, il saper fare spogliatoio. Non era un giocatore qualsiasi ma nemmeno un fuoriclasse. Era Vittorio. Vittorio Mero. Punto. Basta. Ecco perché i compagni di squadra, nessuno escluso, lo adoravano. Perché lui era normale ma al tempo stesso straordinario. Nella sua genuinità, nel suo saper sdrammatizzare, nel suo saper e voler vivere ogni istante della carriera. Della vita.
Era nato a Vercelli il 21 maggio 1974. Iniziò la carriera calcistica nella Pro Belvedere, per poi passare al Casale dove esordì, nel corso della stagione 1991-‘92, tra i professionisti, in serie C2. Aveva solo 17 anni. Ci volle poco a capire che era un predestinato. Prima il trasferimento al Crevalcore, via Parma, dove vinse il campionato di C2; poi l’avventura, durata tre anni, a Ravenna, farcita da una storica promozione in serie B.
Brescia fu, probabilmente, la vetta della sua carriera: con la maglia delle Rondinelle giocò quattro campionati, dal 1998 al 2002, con una breve parentesi a Terni, conquistando una promozione in serie A nel 1999-2000. In serie A ha collezionato 10 presenze, in B sono stati 120 i gettoni. Dati ai quali occorre aggiungere 10 presenze in Coppa Italia. In carriera ha messo a segno 6 goal. Statistiche che non sono nulla rispetto al valore umano. Dati che volano via proprio come quei guanti di Roberto Baggio.