“Gigi Riva? E chi se lo dimentica. Un talento fin dalla gioventù. Ho avuto la fortuna di conoscerlo in allenamento e di fermalo in campionato”: parola di Rocco Melideo. A 85 anni l’ex terzino di Alessandria e Lecce che vive a Pordenone dove è un commercialista, rimane una delle memorie storiche viventi non solo dei Grigi ma soprattutto del calcio d’antan, quello degli esordi del grande campione morto domenica, da tempo icona del calcio italiano e “monumento” per la Sardegna intera. Basta contattarlo per scoprire aneddoti inediti, come quello legato alla mancata appartenenza di Riva all’Alessandria.
Perché il campione di Leggiuno avrebbe potuto indossare la casacca grigia e magari, chissà, la sua storia e quella dell’Alessandria avrebbero potuto prendere altre pieghe. Spiega Melideo: “Quell’allora ragazzino sconosciuto che si chiamava Luigi Riva l’ho conosciuto al campo di allenamento della mia Alessandria a Spinetta. Proveniva dal Legnano e venne per una seduta. Era in prova, come si diceva allora. In pratica fu portato per essere visionato dalla staff tecnico dei Grigi l’anno prima che approdasse a Cagliari. Era il 1962 ma vado a memoria. Non fece una grande impressione ma c’era un motivo. Il nostro campo a Spinetta era stretto e ai limiti delle misure regolamentari, impossibile per un calciatore del suo fisico e delle sue qualità che amava gli spazi larghi esprimersi al meglio. Non se ne fece nulla e di lui persi le tracce per qualche mese”. Melideo di quell’Alessandria di metà anni ’60 era uno dei leader (è il 19° giocatore per numero di presenze in maglia grigia con 172 caps dal 1960 al 1966) e nell’anno successivo incrociò ancora i tacchetti sempre con Riva. Che stava per diventare “Gigirriva”, quasi un hashtag ante litteram.
Campionato di serie B 1963-‘64 Alessandria-Cagliari del 6 ottobre, quarta di andata e dati recuperati grazie a Museo Grigio. Riva, approdato in rossoblu in estate, si era presentato con tre reti in altrettanti match (una col Prato in trasferta all’esordio e una doppietta all’Amsicora contro il Napoli). Per lui l’Alessandria volle una marcatura speciale prevista da mister Angelo Franzosi (direttore tecnico Valentino Sala) e affidata a Rocco Melideo. Normale per chi indossava il numero 2 marcare la maglia avversaria numero 11 in quel calcio in cui i ruoli venivano prima delle persone. Meno normale il ricordo di Rocco Melideo di quell’ottobre di 61 anni fa: “Era cresciuto rispetto a quella giornata di pioggia e fango di Spinetta. Si era irrobustito, era spigoloso, senza paura. Dovetti usare più volte le maniere forti ma lui non si tirava indietro e ribatteva. Insomma, gliene ho date e ne ho prese ma lealmente. Per essere un ragazzino denotava leadership e carisma oltre a qualità tecniche. Riuscii a non farlo segnare e ancora oggi ne sono sportivamente orgoglioso”.
Finì 0-0 davanti a 5mila tifosi e con 3 espulsioni che i cronisti dell’epoca stigmatizzarono ma la sfida fu dura. Al ritorno ancora un pareggio con Melideo costretto “all’ala” (all’epoca non erano previste sostituzioni e gli infortunati erano piazzati lontano dal gioco ma in campo) e senza Riva in campo assente per infortunio. Il futuro uomo immagine del Cagliari al termine di quel campionato di serie B realizzò 8 reti e contribuì alla promozione della sua squadra in serie A che fu seconda dietro al Varese di Puricelli, prima storica promozione in massima serie dei lombardi. Melideo rivide un’altra volta Riva ma non sui campi di calcio: “Andai in vacanza in Sardegna per salutare Enrico Spinosi, mio compagno a Chieti. Lui era con Riva che era ormai un campione affermato e leader della sua squadra. Era in sala attesa in un concessionario Fiat dove Spinosi lavorava ma non ci presentammo. Il suo ricordo? In campo non ti dava pace. Un attaccante che si comportava da difensore in campo. Moderno già allora”.
Maurizio Iappini
Articolo pubblicato su “La Stampa” del giorno 25 gennaio 2024