Sono passati 63 anni dalla tragedia più grave che ha colpito una squadra cilena. Quel fatidico 3 aprile 1961, due giorni dopo aver perso con il minimo punteggio contro la squadra di Osorno ed essere stata eliminata dalla Copa Chile, la squadra del Green Cross dovette dividersi in due per tornare a Santiago. La forte richiesta di biglietti a seguito della Settimana Santa aveva impedito all’intera delegazione di partire insieme dall’aeroporto Pampa Alegre, nella città lattiero-casearia. È lì che iniziò a prendere forma l’evento che segnerà tragicamente la storia della squadra, una delle otto fondatrici del campionato professionistico cileno, nel 1933, che vinse uno scudetto nel 1945.
C’erano posti disponibili su due distinti voli commerciali per il team guidato da Arnoldo Vásquez per tornare a Santiago, la città dove giocò fino al suo scioglimento nel 1965, quando si trasferì a Temuco e divenne Green Cross Temuco. La maggior parte optò per il secondo, LAN DC-3 No. 210, che partì alle 16 e proveniva da Castro. L’itinerario prevedeva una sosta a Temuco e l’arrivo all’aeroporto Los Cerrillos, nella capitale, era programmato per le 21,10. Tuttavia, l’arrivo del secondo aereo non è mai avvenuto. Si era schiantato sul versante nord-est del Cerro Lástimas, nella catena Los Nevados de Longaví, nella Settima Regione: 24 persone persero la vita nell’incidente.
Sette dei deceduti erano giocatori: Manuel Contreras, Dante Coppa, Berthe González, David Hermosilla, José Silva, Alfonso Vega ed Eliseo Mouriño. Nella lista figuravano anche l’allenatore Arnoldo Vásquez, gli arbitri Gastón Hormazábal, Roberto Gagliano e Lucio Cornejo, il commissario della Federcalcio Pedro Valenzuela, il rappresentante dell’ANFA (Asociación Nacional de Fútbol Amateur de Chile) Luis Medina, il kinesiologo Mario González, l’ex vice Moisés Ríos e i passeggeri Armando Hita, Guillermo Schade e María e Gabriela Andrade. La lista è completata dal pilota Silvio Parodi; il copilota Carlos Jorquera; l’operatore radiofonico Evaristo Casanova e l’assistente di volo Hernán Etchebarner.
Chi ha scelse di prendere il primo aereo, finì per salvarsi la vita, sc oprendo nella capitale l’esito fatale del viaggio dei compagni. Come se fosse una crudeltà del destino, il preludio a entrambi i viaggi era iniziato con uno scherzo che si è rivelato fatale. “I nostri colleghi che erano sull’aereo caduto hanno cominciato a darci degli otto condannati: Manchester United, Torino e Green Cross, alludendo agli incidenti aerei che avevano avuto quei club. Chi avrebbe mai immaginato che sarebbero stati proprio loro i condannati?”, raccontò a La Tercera nel 2015 Santiago García, che giocò come terzino destro in quella squadra. Temuco rimane l’ ultimo luogo in cui quella squadra ha potuto essere al completo. Quando un membro della squadra, già a Santiago, vide il forte ritardo nell’arrivo dei compagni, commentò che “quell’aereo deve essere precipitato”, rischiò di essere picchiato dai suoi stessi compagni. “L’abbiamo quasi colpito”, ha ricordato Custodio Sepúlveda.
La fine fatale, d’altra parte, sembrava decisa. Il LAN 210 è decollato da Temuco alle 18,28. All’altezza di Los Angeles, il pilota ha segnalato acquazzoni e la formazione di ghiaccio sulle ali e sull’elica. Alle 19,35, Silvio Parodi ha chiesto l’autorizzazione alla torre di controllo situata a Hualpencillo per deviare verso la costa.
È stato l’ultimo contatto. García ha scoperto la tragedia quando ha iniziato il suo turno come linotipista presso il quotidiano La Nación. “Aereo del Green Cross disperso, nessun sopravvissuto”, si leggeva in prima pagina. L’aereo fu considerato disperso fino all’11 aprile. Giorni dopo si tenne un funerale, che si rivelò simbolico. I corpi erano ancora in montagna e le bare erano piene di pietre.
Solo nel febbraio 2015 sono arrivate le ultime notizie sull’incidente. Una spedizione alpinistica ha trovato i resti della fusoliera dell’aereo a 3.200 metri di altitudine, nella catena montuosa di Linares, un luogo lontano che era stato inizialmente segnalato. “Gran parte della fusoliera è conservata, cìè molto materiale sparso nel luogo e persino si vedono resti ossei”, ha detto Leonardo Albornoz, membro della spedizione. Il sito esatto è stato tenuto nascosto per evitare la profanazione del sito e che diventi una meta turistica.
Mario Bocchio