I due fratelli
Gen 9, 2024

La storia del calcio si scrive non soltanto sul campo da gioco, ma anche dal lato umano, perché fatta di persone, dolori e amicizie. E anche il passato della squadra del Foggia è ricco di vicende di questo tipo, una fra tutte la storia dei fratelli Favalli, che comincia dalla tragica morte del primo dei due fratelli, Armanno.

Una delle ultime immagine di Armanno Favalli prima della sua morte, in questa foto con la maglia del Foggia nella stagione 1964-’65

Armanno ed Erminio Favalli, classe ‘39 e ‘44 rispettivamente, furono due stelle, ormai spentesi, del Foggia degli anni Sessanta, quando la squadra giunse in Serie A. Cremonesi di origine, entrambi cominciano la loro carriera militando nella squadra giovanile cittadina, prima di scalare successivamente verso le serie più alte. È nel 1964 che Armanno passa al team foggiano, totalizzando in maglia rossonera 32 presenze in A, segnando due reti, ma a fine campionato, nel 1965, rimarrà coinvolto in un gravissimo incidente stradale di ritorno a casa, perdendo la vita e lasciando nel lutto l’intero mondo calcistico italiano.

Il 26 marzo 1961, con la maglia numero 7, scendeva in campo per la prima volta nelle fila della Cremonese, Erminio Favalli una colonna della storia grigiorossa. Era il campionato di serie C 1960-’61 e la squadra stava disputando l’ennesimo torneo anonimo, con la salvezza come unico obiettivo

Come favore personale a Domenico Rosa Rosa, allora presidente del Foggia, Angelo Moratti, suo grande amico, decise di cedergli allora il fratello, Erminio Favalli, gratuitamente. L’ala destra, che era stato nell’anno precedente giocatore dell’Inter sempre in panchina, passò quindi con onore alla squadra del fratello, dove prese parte a 28 partite, che gli valsero la convocazione nell’Under 23 azzurra. Il Foggia gli porterà grande fortuna: l’anno successivo viene subito preso dalla Juventus, con la quale conquisterà lo scudetto nella stagione 1966-‘67.

Più tardi, a fine carriera, diventerà direttore sportivo della cremonese provinciale terribile, prima di spegnersi nell’aprile 2008.

Torino, 1 giugno 1967. Da sinistra: Sandro Salvadore, Erminio Favalli e l’allenatore Heriberto Herrera festeggiano la vittoria della Juventus al termine del campionato italiano di Serie A 1966-’67; uno scudetto arrivato all’ultima giornata grazie alla vittoria casalinga sulla Lazio (2-1), e alla contemporanea sconfitta della rivale Inter sul campo del Mantova (0-1) che ha permesso il sorpasso in classifica da parte dei bianconeri
Erminio Favalli nel Palermo 1972-’73 (immagine tratta dalle figurine “Panini”)

La morte di Armanno Favalli alla guida della sua automobile è stata purtroppo solo una di una lunga tragica serie che unisce tristemente le quattroruote ai calciatori. Gaetano Scirea, ex-giocatore della Juventus, morto a 36 anni a pochi mesi dal suo ritiro, nel 1989; Federico Pisani, attaccante dell’Atalanta, scomparso assieme alla fidanzata nel 1997 a bordo della sua BMW 320, così come Vittorio Mero e Jayson Meyele, del Brescia e del Chievo rispettivamente, entrambi morti sull’asfalto nel 2002 a poca distanza l’uno dall’altro.

Anni ’70, premiazione del trofeo Armanno Favalli, dedicato allo sfortunato giocatore cremonese

Destino nefasto, ma anche coadiuvato molte volte dalle auto troppo potenti di calciatori che amano spingere sul pedale, così come sul campo: Cristiano Ronaldo, Mario Balotelli, Arturo Vidal, Martín Cáceres  sono tutti assi del pallone rimasti coinvolti in incidenti stradali e miracolati, nel senso che sono sopravvissuti agli schianti sulle loro supercar senza gravi conseguenze. Ma ai giorni nostri, si potrebbe davvero ripetere una storia di umanità così grande come quella dei fratelli Favalli?

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