Sante Ancherani è il simbolo lontano di quella che è stata la Lazio degli albori, in quella Roma di inizio Novecento dove la maggior parte delle persone guardava con sospetto quei giovanotti in maniche di camicia che correvano e davano calci a una sfera il pomeriggio in Piazza d’Armi. Secondo molti Ancherani è il padre della Lazio, oltre che primissimo pioniere del calcio a Roma, quello che più di tutti in quella mattina del gennaio 1901 rimane estasiato quando uno sconosciuto, un tale Bruno Seghettini, irrompe nella sede dei laziali e comincia a parlare di questo football, sport inventato in Inghilterra ma ormai famoso in mezza Europa.
È quello che rimane subito ipnotizzato da quella sfera di cuoio marrone cucita a mano che gli fa vedere lo sconosciuto, ci gioca in continuazione ogni volta che può, trascinando quei pochi sodali non ancora convinti. All’inizio i ragazzi della podistica – come racconta Alessio Abbruzzese – non trovano nessuno che voglia giocare a questo football, tranne un gruppo di ragazzi scozzesi, seminaristi in Vaticano, che conoscono bene il gioco.
E infatti rifilano una sonora batosta a Sante e compagni, che però fanno tesoro della sconfitta, rubando con gli occhi il modo di giocare dei più navigati avversari. In breve i ragazzi della Lazio diventano i più bravi dell’Urbe, sconfiggono per 3-0 la Virtus nel 1904, con tripletta di Ancherani, in quella che è riconosciuta come la prima partita di calcio giocata tra due squadre di Roma.
Il giovane talento biancoceleste è sempre più affascinato dal football, vola in Inghilterra e torna con un paio di scarpini, li consegna al suo calzolaio e ne fa fare per tutta la squadra: i tempi in cui si davano calci al pallone in Piazza d’Armi con gli scarponi del Regio Esercito sono finiti, nel frattempo i giovani pionieri del calcio romano si trasferiscono al Parco dei Daini, a Villa Borghese.
Santino, come viene soprannominato per la sua statura di certo non imponente, è un atleta straordinario: secondo le cronache dell’epoca era velocissimo e riusciva a giocare con la sfera come nessun altro. Nel corso degli anni la sua Lazio, sua perché ne diventa centrattacco, capitano e allenatore, diviene la squadra di football più forte e conosciuta di Roma, trovando pochi avversari in grado di tenerle testa in tutto il centro Italia. Esemplare è il Torneo di Pisa in cui i biancocelesti vengono sfidati da Lucca, Spes Livorno e Virtus Juventusque, battendole tutte e tre nel giro di poche ore.
Nel 1916 viene chiamato alle armi, dove combatte in prima linea fino al giugno del 1918. Torna a Roma, smette col calcio giocato ma dedica tutta la vita a quel fantastico gioco che ormai sta prendendo sempre più piede: apre una bottega di articoli sportivi in via dei Prefetti dove rimane una vita intera, cercando di rimanere sempre aggiornato sulle ultime novità dall’Inghilterra, patria del football. Il suo negozio diventa La Mecca del calcio a Roma, per decenni fornirà i palloni con cui si giocano tutte le partite dell’Urbe, cuciti spesso a mano da lui. Laziale per tutta la vita, segue i biancocelesti fino al 9 settembre del 1971, quando se ne va all’età di 89 anni.
Fonte Guerin Sportivo