Da allora a Brescello non è più tempo di litigi e dispetti all’ombra di campanile
Gen 3, 2024

Stadio “Giglio” di Reggio Emilia, 4 settembre 1997. Neanche la fantasia e la penna di Giovannino Guareschi avrebbero mai immaginato un esito simile: Peppone e Don Camillo, per una volta alleati contro i potenti Agnelli.

Il tifo del Brescello

E “vittoriosi”. Ci voleva proprio “il gioco piu’ bello del mondo” dove proverbialmente ”la palla è tonda” per compiere il miracolo.

La “rosa” della Juventus 1997-’98, allenatore Marcello Lippi

Ovvero: il Brescello, squadra di calcio dell’omonimo paesino a due passi dal Po, che ferma lo squadrone pluristellato e pluriscudettato della Juventus, nientemeno che la vecchia Signora del calcio italiano. Sedicesimi di finale d’andata della Coppa Italia.

Difesa bianconera perforata e Rampulla battuto

In paese ancora oggi si parla ancora di quell’impresa: nelle piazze e nei bar, in casa e al lavoro il tema di conversazione diventa quasi d’obbligo:

quella partita che ha visto i Canarini giocare ad armi pari con le titolatissime Zebre bianconere. Bravi gli undici di Mister Giancarlo D’Astoli scesi in campo, ma “profetica” o quanto meno “augurale” la presenza in carne e ossa proprio delle due glorie letterarie paesane: il sindaco Peppone e il parroco don Camillo che, sotto forma di controfigure, hanno fatto la loro comparsa prima dell’inizio della partita.

Emiliani in vantaggio al 42′ con l’attuale allenatore del Piacenza Arnaldo Franzini (foto a fianco), pareggio juventino al 56′ con l’attuale tecnico dell’Inter Antonio Conte.

Da non sottovalutare anche l’elemento culinario: per gli juventini, infatti, era stato allestito anche un ‘”Benvenuto'” dal sapore squisitamente emiliano, con l’offerta e l’assaggio di prodotti locali. Presa per la gola, o colpita dalla generosità degli avversari, fatto sta che il Brescello è riuscito a mettere in ginocchio la squadra di Lippi. E da allora, la sua fama ha varcato i confini angusti del fiume Po.

Amarcord: dalla sfida con la Juve alla serie B sfiorata, quando a Brescello si sognava in grande

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