Allo stadio Doble Visera, il 24 novembre 1963, si respirava un’atmosfera tesa. L’Independiente, la squadra locale, doveva vincere nell’ultima giornata del campionato di Prima Divisione per conquistare il titolo. Se non ci fosse riuscito avrebbe dovuto aspettare un miracolo da parte dell’Argentinos Juniors che affrontava il River.
El Rojo doveva vedersela con il San Lorenzo, che aveva portato tanti tifosi a sostenere i propri giocatori. Le cronache dicono che oltre ai supporters del Ciclón, c’erano anche quelli dell’odiato River, intervenuti per dare forza alla squadra del Barça, con l’intenzione di darle una mano per lo sgambetto.
Una volta iniziata la partita, la tensione è aumentata. In particolare al 18′ del primo tempo, quando Héctor Bambino Veira ha tirato e ha segnato l’1-0 per gli ospiti. La folla degli speranzosi scoppiò e il frastuono raggiunse il Monumental. A quel tempo Dio esisteva e viveva a Núñez. Tuttavia, all’improvviso, tutto è cambiato.
I calciatori dell’Independiente, arrabbiati, iniziano ad affilare i tacchetti, senza che l’arbitro Manuel Velarde richiami la loro attenzione. Poiché tutto era permesso, la squadra rossa continuò la carneficina: portò in infermeria Roberto Telch, Eladio Zárate e lo stesso Veira. Il Bambino, dialogando anni dopo con i giornalisti, ha ricordato chiaramente l’accaduto: “Segno il gol e poi, in uno scontro con il difensore Rubén Marino Navarro, mi portano fuori dal campo. L’arbitro si è comportato come se non avesse visto nulla, come ha fatto durante tutta la partita”.
Dopo quanto accaduto con Veira, Velarde non ha notato un fallo evidente: Navarro ha steso Victorio Casa mentre si avviava verso il 2-0, ma l’arbitro ha scosso la testa e ha avuto la meglio. L’Independiente, quasi subito, riesce a pareggiare senza meritarlo e poi va in vantaggio grazie ad un rigore dubbio.
La giustizia in campo non veniva erogata allo stesso modo se a colpire erano quelli del San Lorenzo. Velarde ha espulso José Rafael Albrecht e Raúl Páez, dopo aver dato loro un cartellino rosso. A El Ciclón oltre al portiere ne rimasero sei di calciatori. Da notare che a quei tempi era consentito solo il cambio del portiere. Le sostituzioni per il resto degli uomini in campo arriveranno solo due anni dopo, nel 1965.
Veira ricorda l’importanza che quella partita ebbe per lui e per i compagni: “Era una partita importante, si giocava per lo scudetto. Lo sapevamo e lo abbiamo fatto seriamente. Quella serietà è ciò che è mancata all’arbitro”.
Decimato, il San Lorenzo reagì. I calciatori incrociarono le braccia e smisero di giocare. Hanno scioperato a metà partita, non hanno resistito e il tabellone ha cominciato ad gonfiarsi. Fu 8-1 a favore per l’Independiente, ormai il netto vincitore del campionato.
Il nono gol è arrivato in modo particolare. El Ciclón ha ripreso da centrocampo dopo l’ottavo gol e Oscar Coco Rossi ha indicato la sua porta. Il portiere Agustín Irusta lascia correre e mette così fine all’imbarazzo, con l’autogol con il tiro più da lontano della storia.
Il Bambino ricorda la fine della partita e l’arrivo dei compagni negli spogliatoi, mentre era in osservazione dai medici: “Non ho visto nulla perché mi stavano curando in barella per un problema ad una delle mie gambe, mi fecero anche una radiografia. Sì, ricordo la rabbia dei miei compagni per tutto quello che aveva fatto Velarde, che era uno spudorato”.
La verità è che Velarde non ha mai più arbitrato nella storia. Il titolo dell’Independiente del 1963 è ancora oggi macchiato da quel capitolo finale, in cui il Ciclón incrociò le braccia di fronte all’ingiustizia.
Mario Bocchio