Quando nel 2012 Metin Kurt si arrese ad un arresto cardiaco nella sua Istanbul, c’era da incazzarsi.
Non perché era troppo giovane, non perché senevannosempreimigliori e nemmeno perché poteva essere salvato, la cosa che ci ha fatto incazzare è stata il comunicato sul sito del Galatasaray.
“Metin Kurt, che ha militato nel Galatasaray dal 1970 al 1976 e artefice dei titoli del 1970 e del 1973 sotto gli ordini di Brian Birch…”
Il comunicato continuava con le condoglianze della società alla famiglia e il dolore per la perdita di quel campione, ma Metin si sarebbe incazzato di brutto su quel comunicato e, di conseguenza, è giusto che ci incazziamo anche noi. Metin Kurt, nato ad Istanbul nel 1948, non era solo un calciatore.
Metin Kurt, come ricorda “Minuto Settantotto“, era un comunista, e questo era necessario sottolinearlo.
Ancora ragazzino viene ingaggiato dall’Altay, formazione di Smirne, e alla prima stagione da titolare porta la squadra in finale di Coppa di Turchia. Per gli ultimi 90 minuti si trovano davanti il Göztepe Spor Kulübü, altra squadra di Smirne al giorno d’oggi caduta in disgrazia. C’è bisogno di spiegarvi quanto siano sentiti i derby in Turchia?
Finisce 2-2, al tempo non c’erano né supplementari né rigori ma il sorteggio. Dal foglietto estratto di legge “Altay“. A 18 anni Metin Kurt è campione di Turchia e a Smirne nessuno si fa più seghe mentali sul fatto di essere concittadino o no di Omero, tutti adesso parlano di quel ragazzino con la faccia da adulto che ricorda incredibilmente Kirk Douglas in Spartacus.
Il ragazzino, “Gladyator” proprio per Douglas, è bravo. Ma il ragazzino è anche comunista. A Smirne ci resta solo un altro anno, poi si trasferisce ad Ankara per vestire la maglia del PTT. Al tempo quando arrivavi in squadra non c’erano i telegiornali che pensavano a presentarti alla nuova piazza al posto tuo, ma una volta arrivato lì eri un’incognita.
“Ogni volta che incontravo dei nuovi compagni o un nuovo allenatore mi chiedevano che ruolo sentissi più mio. Io rispondevo sempre ala, era quella che mi faceva sentire più vicino alla mia gente”.
Metin era principalmente questo ma non solo questo. Si iscrisse giovanissimo al TKP, il Partito Comunista di Turchia, e nel 2011 proverà anche a candidarsi alle elezioni, senza però essere eletto.
Nel 1970 passa al Galatasaray di Brian Birch, una squadra da stropicciarsi gli occhi, dove vincerà tre campionati, due Coppe e una Supercoppa di Turchia. Proprio uno di questi trofei, la Coppa di Turchia vinta dopo i calci di rigore contro il Trabzonspor, costò al Gladiatore l’allontanamento dalla formazione in quanto persona poco gradita alla società, all’allenatore ed al governo.
La vittoria di quella Coppa infatti prendeva l’assegnazione dei premi, di squadra ed individuali, agli artefici di quel successo, ma dopo mesi di temporeggiamenti la società ammise a chiare lettere che nessuno avrebbe visto quei soldi.
Metin da quando aveva letto Marx non riusciva ad abbassare la testa.
Come risposta al mancato pagamento di premi, una cosa che va oltre il denaro stesso, Metin convinse i compagni di squadra ad incrociare le braccia: uomini prima che calciatori, così ebbe inizio il primo sciopero dei calciatori turchi della storia. Altri quattro compagni di squadra di Metin furono allontanati del club ma in seguito tutti, compreso Metin, furono “graziati” in seguito a delle forti pressioni dei tifosi.
“No, grazie. Vado altrove”.
Dopo lo sciopero e l’allontanamento dal Galatasaray scese di categoria e si accasò al Kayserispor, dove guiderà la squadra ad una insperata promozione.
Nel 1979 si ritira dall’attività calcistica ma non dall’impegno politico. Fonda infatti immediatamente l’ Associazione Calciatori Amatoriali, ma il colpo di stato guidato da Evren fece saltare il progetto. Nel 2010 invece realizza uno dei suoi più grandi sogni: un sindacato dei calciatori. Nasce infatti l’Unione Rivoluzionaria dei Lavoratori dello Sport, di cui fu ideatore e primo presidente.
“La necessità di un sindacato per i calciatori nasce dal fatto che adesso il calcio non è più soltanto uno sport e i calciatori non sono più soltanto atleti”, spiegò in un’intervista. “Il rapporto tra un atleta e la società è simile a quello tra un padrone e uno schiavo. Anche il calcio necessita di un processo di democratizzazione”.
Un gruppo turco, i Kesmeşeker, nel 2011 gli hanno dedicato una canzone che si chiama “Metin Kurt Yalnızlığı“, che si può tradurre con “La solitudine di Metin Kurt”, e una delle frasi che ricorre più spesso nel brano è “ne güzel”, “che bello”.
Perché ad esser comunisti, come si dice,certe volte si può esser soli, ma si è sempre belli.