Ha esordito in Serie A con il Catanzaro poco più che ventenne, sostituendo nel cuore del tifosi calabresi Massimo Palanca che, invece, si trasferì al Napoli.
Edi Bivi, classe 1960, si trova così catapultato dall’allora Serie C2 dove aveva giocato con la Mestrina, al massimo campionato italiano dove, in quell’annata (1981-’82) conseguì il titolo di vice-capocannoniere alle spalle di Roberto Pruzzo.
Attualmente vive a Pescara, e in Abruzzo ha intrapreso la carriera da allenatore guidando alcune formazioni dilettantistiche della zona. Segue maggiormente il calcio estero perchè, dice, “il calcio italiano mi annoia un pò, a parte qualche partita. Gradisco di più i campionati spagnolo, inglese e tedesco perchè li reputo più avanti tecnicamente”.
Nella tua carriera hai realizzato tanti gol. Quali gol ricordi più volentieri?
“Ricordo molto volentieri la doppietta che feci alla Roma allo Stadio Olimpico. Era il campionato 1981-ì82 ed io giocavo nel Catanzaro. Quell’anno arrivavo dalla Mestrina in C2 e presi il posto di Palanca che passò al Napoli. E l’altro gol che ricordo spesso è quello che feci a San Siro contro il Milan, perchè giocare in uno stadio così importante per un ragazzo di 21 anni era il massimo.
Ricordo ancora l’azione del gol: cross di Mauro ed io la metto dentro battendo il portiere del Milan Piotti”. In quel campionato, in realtà, Edi Bivi realizzò anche nella gara di andata contro il Milan (vinta dal Catanzaro per 3 a 0) e contro l’Inter, sempre a San Siro (in questo caso i calabresi pareggiarono 1 a 1).
In quale giocatore degli ultimi anni ti rivedi ?
“A suo tempo, quando giocava, un giocatore in cui mi rivedevo e che oggi fa l’allenatore ad altissimi livelli era Montella, perchè come me era mancino e brevilineo”.
Hai giocato in tante squadre e hai fatto sempre bene, tra l’altro in campionati composti da meno squadre rispetto ad oggi. Una piazza particolare che ti ha lasciato il segno?
“Sicuramente il calcio al Sud è vissuto in maniera diversa rispetto al Nord, ovviamente escludendo le piazze come Milan, Inter, Juventus. Dal punto di vista della passione, dell’attaccamento a seguire la squadra, anche in settimana durante gli allenamenti, al sud è un altro approccio verso la squadra di calcio della città. Sono ambienti molto caldi, dove giocare a calcio è davvero un piacere. Diciamo che le piazze del Sud, per questa eccessiva passione, ti danno qualcosa in più rispetto ad altre piazze”.
Nel 1982 hai fatto parte del pre-ritiro della Nazionale Italiana in vista dei Mondiali di Spagna, poi vinti. Com’è stata quella esperienza?
“E’ andata male per me perchè ripenso spesso a quello che poi è successo negli anni successivi con l’arrivo di Arrigo Sacchi che faceva gli stages con 40/50 giocatori. In quell’anno, parlo della stagione 1981-’82 per me parlavano i fatti: avevo 21 anni ed ero vice-capocannoniere in Serie A. Quindi, probabilmente, se ci fosse stato Sacchi sarei andato al Mondiale, magari senza giocare ma comunque ci sarei andato. E invece in quel periodo c’era Bearzot che era un pò conservatore. Erano gli anni in cui si convocava solo il giocatore di un certo livello. Facemmo il ritiro a Converciano, eravamo una quarantina e tra questi furono scelti i 22 che andarono in Spagna. Quello che mi è dispiaciuto che al posto mio chiamarono Selvaggi che giocava nel Torino e quell’anno aveva realizzato solo 6 gol. Fece tutto il Mondiale in tribuna ma sai, quando si vince un campionato del Mondo, vince tutta la squadra, anche quei giocatori che non scendono mai in campo. Sicuramente la partecipazione ad un Mondiale avrebbe cambiato il corso della mia carriera”.
In conclusione un tuo giudizio sul calcio di oggi.
“Nel calcio di adesso credo che le valutazioni siano un pò esagerate. Faccio un esempio: ai miei tempi giocatori come Dzeko, nelle categorie inferiori, ce ne erano tantissimi. Voglio dire che la Serie C di tanti anni fa era molto più livellata verso l’alto. Oggi un giocatore fa 7/8 gol e viene considerato un fenomeno. E’ tutto sballato! Le valutazioni tecniche non sono più veritiere”.
Matteo Esposito
Fotografie collezione privata Enzo Minicelli