Lontano nel tempo, si perde una leggenda che ai giorni nostri appare come il riflesso di luce di una stella ormai spenta. Ne fu protagonista il Bologna che incantò il mondo con risultati che nei tempi moderni potremmo paragonare alla conquista delle coppe più prestigiose. In quegli anni, il Bologna fornì diversi elementi anche alla nazionale due volte campione del mondo: Angelo Schiavio, marcatore al 95’ del gol decisivo nella finale contro la Cecoslovacchia a Roma, nel ’34 e poi Andreolo, Biavati e Ceresoli, nel ’38. Come fu per il Grande Torino di Mazzola o per la “squadra d’oro” ungherese di Puskás, anche il Bologna per alcuni anni raggiunse le cime più alte dell’Himalaya calcistico.
La società rossoblù, negli anni ’30 – come racconta Paolo Chichierchia – conobbe un periodo di splendore, coincidente con la presidenza di Renato Dall’Ara, in carica dal 1934. Agli ordini prima dell’allenatore ungherese Árpád Weisz, poi di Felsner, il Bologna conquistò per quattro volte il titolo italiano, nelle stagioni 1935-‘36, 1936-‘37, 1938-‘39, e solo all’ultima giornata, perse quello della stagione 1939-‘40, vinto dall’Ambrosiana Inter. Ma nel 1940-‘41, le sorti si capovolsero e questa volta fu il Bologna a imporsi sui rivali milanesi.
Con i primi due scudetti consecutivi, il Bologna interruppe il dominio della Juventus, durato quatto campionati di fila. Árpád Weisz aveva già vinto a Milano, con l’Ambrosiana Inter. Fu lui, a far esordire Meazza in campionato e a vincere,nel 1929-‘30, il primo scudetto dell’era a girone unico. Fautore di un modulo di gioco più simile al “Metodo WW” di Pozzo che al “Sistema WM di Chapman”, Weisz diede un’impronta al gioco del Bologna, introducendo un connubio tecnico con i dettami della scuola danubiana, orientati alla fitta trama di passaggi.
Oltre che per i successi domestici, in questi anni il Bologna si fece notare anche dall’opinione pubblica europea, per una vittoria di prestigio. Già nel 1932 e nel 1934, il Bologna si era aggiudicata la Mitropa Cup (o Coppa dell’Europa Centrale), all’epoca considerato il più prestigioso trofeo del calcio mitteleuropeo. Ma ancora più sensazionale fu la vittoria successiva, che valse al Bologna la fama di “squadrone che tremare il mondo fa”.
Accadde nel 1937, a Parigi, in occasione del Trofeo per l’Exposition Internationale “Arts et Techniques dans la Vie moderne” (l’Expo di Parigi). Parteciparono al trofeo le più importanti squadre del tempo. Tra le quali, oltre al Bologna campione d’Italia, anche il forte Sochaux, in rappresentanza della Francia, la temibile Austria Vienna del fuoriclasse Sindelar e lo Slavia Praga, altra potenza del calcio danubiano. Ma soprattutto, per la prima volta, prendeva parte ad un torneo internazionale una squadra inglese. In quei tempi, molto difficilmente gli inglesi accettavano il cimento internazionale, chiusi nel proprio splendido isolamento per presunzione di rango, avendo inventato il calcio e ritenendo di essere tatticamente più evoluti del mondo continentale. A rappresentare i maestri del calcio, furono invitati i blues del Chelsea.
Superato con un secco 4-1 il Sochaux, il Bologna s’impose contro gli ostici cecoslovacchi dello Slavia per 2-0 in semifinale. Mentre dall’altra parte del tabellone, anche il Chelsea vinse 2-0 contro l’Austria Vienna.
Il 6 giugno 1937, nella finale disputata allo stadio di Colombes, scesero in campo Bologna e Chelsea, con le seguenti formazioni:
BOLOGNA: Ceresoli; Fiorini, Gasperi; Montesanto, Andreolo, Corsi; Busoni, Sansone, Schiavio, Fedullo, Reguzzoni.
CHELSEA: Jackson; Barkas, Barber, Mitchell, Craig, Weaver, Spence, Argue, Bambrick, Gibson, Reid.
Arbitro: il francese Leclercq.
Il risultato fu indiscutibile e clamoroso: grazie alle reti di Reguzzoni al 15’, di Busoni al 20’, di nuovo di Reguzzoni al 31’ e al 65’, seguite dal gol della bandiera di Weaver al 72’, il Bologna ottiene una vittoria storica, impartendo una lezione di calcio agli inglesi, ai quali non resta che tentare di buttarla sulla rissa nel finale. Un 4-1 destinato a rimanere scolpito negli almanacchi del calcio.
Così il quotidiano “Matin” scrisse a commento della partita: “Il Bologna è una grande e bella squadra che meritava la vittoria nel torneo dell’Esposizione. Dinnanzi al Sochaux, allo Slavia e al Chelsea essa ha dato prova di grande correttezza, del migliore spirito sportivo senza contare che essa possiede una tecnica e un allenamento che la piazzano come prima squadra d’Europa” .
Se il ciclo del Bologna durò ancora qualche anno, fino al sopra ricordato scudetto del ’41, finì qui l’avventura del tecnico Árpád Weisz, non solo calcisticamente. Dapprima, il tecnico di origine ebraica fu costretto a lasciare il Bologna, poi l’Italia, in seguito all’applicazione delle Leggi Razziali. Rifugiatosi in Olanda (dove allenò una piccola squadra), Árpád Weisz, insieme alla propria famiglia, fu poi deportato ad Auschwitz. Da dove, come molti, non fece ritorno.
Ricordare oggi il “Bologna che tremare il mondo fa”, non è solo un viaggio della memoria per i tifosi del Bologna e per gli amanti del calcio, ma anche un atto di giustizia verso la memoria di questo storico allenatore.