L’attimo fuggente, il bivio, la coincidenza, insomma chiamateli come volete ma nello sport, come nella vita, ci sono momenti in cui si decide un destino, attimi nel quale tutto può essere in un modo oppure in un altro, un contratto, una giocata, un intreccio di trattative e via per una strada che anni dopo ti accorgi poteva essere un’altra. Molto prima di tale Ventura Giampiero l’Italia attraversò un periodo calcistico che definire nero sarebbe eufemistico, un certo Pak Dopo Ik infilò nella porta azzurra (durante un apparentemente scontato Italia-Corea del Nord) qualcosa di più che una spina, un trave nell’occhio che ci costò l’eliminazione dai mondiali del 1966 e l’ira di una federazione già allora incapace di guardarsi allo specchio. Effetto immediato fu la chiusura delle frontiere al mercato estero, chi c’era restava (se voleva) e nessuno arrivava più! Sergio Clerici è stato l’ultimo della legione straniera a mollare la presa, brasiliano giunto in Italia nel 1960 per aiutare i blucelesti del Lecco a mantenere la massima serie si è pian piano guadagnato la fama di buon e affidabile centravanti nel calcio nostrano anni 70. Sette anni a Lecco poi il via per un tour che ha toccato le piazze di Bologna (in due riprese), Bergamo, Verona, Firenze, Napoli e Roma sponda biancoceleste, il tutto per un totale di 476 partite e 155 gol in un’epoca nella quale con 15-18 reti si vinceva la classifica marcatori. Smessi i panni del bomber al termine della stagione 1977-‘78 El gringo torna a casa dove tenta l’avventura da allenatore, Palmeiras, Santos ed Inter de Limeira sono le tappe di una strada quasi subito abbandonata per dedicarsi più alla procura dei giocatori ed alle segnalazioni agli amici italiani nel frattempo riabilitati (1980) dagli organi federali ad acquistare sul mercato straniero.
Nell’ambiente Clerici è un nome di sicuro affidamento, e lui non si fa certo pregare per offrire ai mercanti della pedata affari d’oro a prezzi vantaggiosi; ha dalla sua il nome di Juary, consigliato all’Avellino nell’estate 1980 e rivelatosi poi un ottimo acquisto per i lupi di Patron Sibilia, e proprio sulle orme di quell’operazione porta, tra gli altri, in Italia un altro funambolo brasiliano sul quale giura ad occhi chiusi asserendo a più riprese che presto arriverà alla nazionale verdeoro.
REINALDO FILISBINHO LELA
Questo ragazzone giunge in Italia nel periodo pasquale, la serie A “stacca” dal 5 al 17 Aprile 1982 e le sue protagoniste si tengono in forma con amichevoli programmate che servono anche a testare i possibili futuri acquisti soprattutto esteri. La lega ha appena approvato la possibilità di tesserare il secondo straniero e molte società fremono per l’occasione, Sibilia non vuol certo prendere una fregatura così fa testare il “ragazzo del Gringo” in un paio di amichevoli da mister Tobia il quale da poco ha preso il posto di Vinicio. Lela da par suo vanta un curriculum discreto, agli esordi da giovanissimo con la maglia del Noroeste ha aggiunto un ottimo campionato nell’ Inter de Limeira dove sotto i consigli di Clerici ha siglato ben 8 reti in sole 13 presenze, in più conta una breve esperienza nella nazionale olimpica verdeoro che non guasta a livello di presentazione; ad Avellino trova Juary che gli fa da cicerone nel paio di amichevoli in cui Lela viene impiegato, col Rimini gioca praticamente appena sceso dall’aereo, l’impegno non manca e la grinta neppure, lui allontana subito i paragoni che si porta appresso dal Brasile (qualcuno in lui vede un nuovo Jairzinho) ma Tobia e Sibilia non paiono convinti, dalla sua c’è il fatto di giocare comunque in un contesto a lui sconosciuto.
Il miliardo che El Gringo chiede è un rischio troppo grosso per una realtà come quella irpina, così Lela torna a casa lasciando ai posteri qualche foto in biancoverde e nulla più. La sua storia proseguirà in patria tra Fluminense, Curitiba (con cui vivrà una parentesi quinquennale piena di gol e soddisfazioni) e altri club di minore importanza. Regalerà alla causa del calcio brasiliano i due figli Alecsandro e Richarlyson, e chissà se gli ha mai raccontato di quella “vacanza” in Italia. Sibilia per la stagione ’82-‘83 si affiderà al peruviano Barbadillo ed al danese Skov, se il primo si dimostrerà un affare d’oro, il secondo si perse per strada accusando oltremodo il cambio tecnico Marchioro-Veneranda e vivendo una stagione al margine degli eventi… chissà con Lela come sarebbe finita.
L’INDIO DI JAIR
Come Clerici anche Jair poteva vantare grosso credito tra i dirigenti italiani, 200 presenze nella grande Inter di herreriana memoria gli avevano garantito gloria imperitura attraverso tutto il nostro sgangherato stivale.
È così che nello stesso periodo di Lela arriva a Milano Joao Carlos Lopez detto Bugre il quale, con la benedizione della Freccia Nera (soprannome del Jair nerazzurro), sogna di strappare un contratto con l’Inter; il giovane centravanti (23enne) ha esordito nel Noroeste per poi esplodere a suon di reti nel Comercial de Mato Grosso dove Jair lo ha svezzato.
Bersellini lo prende in carico e lo getta nella mischia in un’occasione particolare il 14 Aprile, quando a “San Siro” è di scena una mista MilanInter opposta alla nazionale peruviana che si sta preparando al Mundial spagnolo. Il peperino brasileiro viene schierato dall’inizio e ben si comporta sfruttando le giocate di Beccalossi e colpendo un palo a seguito di una punizione calciata da distanza siderale, niente male come impressione; Bugre poi lascia il segno in un Vigevano-Inter siglando una delle sei reti con le quali i nerazzurri si aggiudicano l’amichevole, ma l’accordo con la beneamata non và in porto e l’attaccante brasiliano torna in patria alternando annate tra squadre di seconda fascia ed esperienze in Portogallo con Leiria, Beira Mar ed Argus… e chissà se sente ancora quel palo di “San Siro” tremare… L’Inter edizione ’82-‘83 si affiderà alla coppia straniera Juary – Hansi Muller e, viste le difficoltà di ambientamento dell’ex Avellino viene da pensare, chissà se il terzo posto ottenuto sarebbe stato migliorato con la presenza del Bugre.
Fabio Mignone