Noi abbiamo l’urlo di Tardelli, gli argentini la mano de Dios di Maradona, gli spagnoli il gol di Senor. Un’icona che può essere vista da due angolazioni, impresa o fregatura: in entrambi i casi, incancellabile. Luogo e data del (mis)fatto: Siviglia, mercoledì 21 dicembre 1983. Occasione: Spagna-Malta, ultima gara di qualificazione agli Europei francesi dell’84.
La Spagna in quella partita
La Spagna arriva a quella partita seconda nella classifica del girone, a due punti dall’Olanda, che ha esaurito le sue gare. La discriminante, in caso di parità, è la differenza reti: i tulipani hanno chiuso con un ottimo +16, per superarli la Spagna di Miguel Munoz deve vincere con almeno 11 gol di scarto. Impossibile, pensano tutti: a cominciare dagli olandesi, che il sabato precedente hanno completato il cammino “accontentandosi” di battere gli isolani 5-0.
La stampa iberica scatenata
La vigilia è strana. I maltesi sono dilettanti catapultati in un pianeta molto più grande di loro. L’uomo più marcato dai media spagnoli è il portiere John Bonello, 25 anni: nel curriculum ha un cameo nel campionato cadetto tedesco, per campare lavora in un’industria tessile.
I giornali pubblicano per tempo la sua foto e lo pedinano passo passo fin dallo sbarco all’aeroporto, dove i tifosi lo riconoscono – anche se lui finge di essere un altro – e lo apostrofano con allusioni neanche tanto discrete: insomma gli mettono tutti pressione, sperando che serva alla causa.
Bonello, uomo di mondo, mangia la foglia e all’aggressiva stampa iberica rilascia dichiarazioni da manuale: “La Spagna è più forte dell’Olanda, ma difficilmente segnerà 11 gol, e non avrò alcuna colpa se non si qualificherà. Neanche una squadra di bambini ne subirebbe così tanti. Con l’Irlanda ne abbiamo incassati otto, ma perché ci siamo sbilanciati: abbiamo imparato quella lezione. E poi, se me li fanno davvero, come torno al mio Paese?”.
Malta è una cenerentola: perde sempre, spesso di goleada, ma a tutto c’è un limite. E all’andata ha ceduto solo 2-3, dopo essere stata avanti 2-1. Non ci credono neanche i tifosi spagnoli, che riempiono a metà lo stadio Benito Villamarin. La sera della partita diluvia. Poca gente sugli spalti, molta davanti alla tv: anche in Olanda, dove l’emittente pubblica Nos trasmette in diretta la sfida decisiva. Come da copione, la Spagna va all’arrembaggio e trova subito la palla buona: dopo due minuti l’arbitro turco Goksel fischia un rigore solare per fallo di Tortell su Carrasco. L’uomo incaricato di indirizzare il destino è Juan Antonio Senor Gomez, 25 anni, da Madrid, centrocampista e rigorista del Saragozza: calcia bene ma angolato, troppo, e la palla sbatte sul palo. Sconcerto: mentre la Spagna cerca di rianimarsi, dagli spalti ricominciano a bersagliare Bonello, stavolta molto concretamente. Gli piove addosso di tutto: riesce a schivare qualcosa, ma diversi oggetti lo centrano.
All’8′ Victor scarta tutti, si presenta a tu per tu col portiere, tira a botta sicura e centra un altro palo: la porta pare stregata. Solo al quarto d’ora le furie rosse schiodano lo 0-0: sull’ennesimo cross di Maceda il bomber del Real Santillana esibisce la specialità della casa, l’incornata a tempo e luogo. I maltesi non superano mai la metà campo, ma l’unica volta che lo fanno succede il patatrac: al minuto 24 un sinistro senza pretese da lontano di Degiorgio incoccia nell’anca di Maceda e mette fuori causa l’esordiente Buyo. Pareggio, sconcerto allo zenit.
La Spagna, furibonda, riprende l’assalto a testa bassa tra confusione, mischie, tiracci, proteste, provocazioni. A metà gara è solo 3-1, tutto firmato da Santillana: ha collezionato angoli (9: alla fine saranno 17) ed errori di precipitazione, non è stata irresistibile. Parigi è lontanissima. Durante l’intervallo però deve accadere qualcosa, perché nella ripresa cambia tutto: non il copione, quello è scontato, bensì l’interpretazione dei protagonisti. Malta, fin lì pugnace nonostante l’imbarazzante inconsistenza tecnica, sparisce letteralmente: se prima non le riuscivano due passaggi di fila, ora rinuncia a priori a giocare, rintanandosi dietro, perdendo tutto il tempo possibile, sparacchiando fuori ogni pallone capitato tra i piedi.
Bonello testimonial della birra
Alla Spagna servono nove gol, uno ogni cinque minuti: deve entrare ogni tiro, impresa al limite del disumano. Santillana, uno che se ne intende, intervistato al rientro in campo dalla tv spagnola, ammette: “Ci proviamo, ma è praticamente impossibile”. Eppure succede. Azione personale di Rincon al 3′: 4-1. Ancora Rincon, sfruttando uno strafalcione del capitano maltese Holland, al 12′: 5-1. Tra il 17′ e il 19′ le comiche, segnano a nastro Maceda (due volte) e Rincon: quei 133 secondi dicono che si può fare. Sono 8-1 e manca poco meno di mezz’ora. La gente comincia a crederci, e man mano che la Spagna incede lo stadio si riempie: i sivigliani escono dalle case, vengono aperti i cancelli, la folla sciama nelle tribune al grido “Sì, sì, sì, vamos a Paris”. Il deserto bagnato diventa una bolgia in cui gli ospiti non capiscono più niente. La Spagna – quella che sta giocando e quella che sta tifando – continua a spingere a più non posso, indemoniata. L’ultimo quarto d’ora è vissuto col cuore che rimbalza in gola. Santillana fa il nono, un attimo dopo Degiorgio, già ammonito, si fa espellere perché dilata troppo i tempi di una rimessa laterale: l’unico aiutino di un arbitro che per il resto non incide apertamente. In dieci, Malta se possibile sprofionda ancora di più: Rincon fa il decimo e Sarabia l’undicesimo, tra le belle statuine in maglia bianca. Mancano dieci minuti e un gol solo: anche gli olandesi davanti alla tv capiscono che la beffa si sta materializzando.
L’impossibile diventa realtà al minuto 84: Victor prova l’ennesima percussione, fa slalom, una volta in area si butta sperando che l’arbitro abbocchi, la difesa scarpona via, la palla resta lì al limite. Nei pressi dell’uomo incaricato per la seconda volta di indirizzare il destino: Juan Antonio Senor Gomez, 25 anni, da Madrid, centrocampista e rigorista del Saragozza, stavolta calcia a occhi chiusi, di esterno sinistro, bene e non troppo angolato, la palla – forse deviata – s’infila precisa e fa venir giù lo stadio. 12-1: adesso sono gli spagnoli a perdere tempo, ma la trance agonistica è totale. Anche tra la gente: si susseguono le invasioni di campo, col rischio di invalidare il partidazo.
Nel marasma Gordillo segna il gol numero 13, annullato per fuorigioco. Si arriva alla fine senza più giocare davvero.
La Spagna si qualifica e ritrova l’orgoglio un anno dopo il deludente Mundial casalingo: a Euro ’84 arriverà in finale, sconfitta da Platini, ma conquisterà il posto tra le grandi che detiene tuttora.
Quella partita, però, cambia molti destini. L’Uefa e la Fifa, avuta l’ennesima conferma che altrimenti si rischiano figuracce (altri pessimi casi erano accaduti ai Mondiali d’Argentina e di Spagna), stabiliscono la contemporaneità delle gare decisive. I maltesi tornano a casa come vergogna nazionale: incolpano della débacle la stanchezza, visto che hanno giocato quattro giorni prima con l’Olanda. La federazione dell’isola decide che questo è troppo e – dopo aver indagato su possibili compravendite e aver considerato l’ipotesi di ritirarsi dalle competizioni per manifesta inadeguatezza – vara un programma per migliorare il livello del suo povero calcio, introducendo una sorta di professionismo. Gli olandesi incassano digrignando i denti.
Ci fu combine? Possibile, ma le prove non sono mai saltate fuori. Le polemiche furono notevoli. Si parlò di insistenti conciliaboli tra lo staff maltese e quello spagnolo durante l’intervallo. Si disse che Bonello ebbe in regalo una Mercedes e che la federazione maltese pochi mesi dopo inaugurò il nuovo centro tecnico creato grazie a un finanziamento da 700.000 dollari di origine incerta. Tutte voci mai verificate. La stessa Uefa aprì un’inchiesta che non approdò a nulla.
Di sicuro il povero John Bonello, messo alla gogna, apparve il meno colpevole: nessuna papera, nessun errore grave.
Finì crivellato da un bombardamento che i compagni non seppero evitare: ma rimase il simbolo della vergogna. Nel 2006, ormai ex giocatore, fu scelto per pubblicizzare una marca di birra in Spagna, presentato nello spot come “il miglior amico degli spagnoli“: erano passati 23 anni, ma a Malta nessuno la prese con ironia e tornarono a dargli pubblicamente del traditore della patria. Curiosamente, quella birra era olandese.
Stefano Affolti