Nasce l’esultanza di Fabrizio Ravanelli stile Uomo Mascherato, una corsa con la maglietta sul volto: «Giocavamo a Napoli, ed eravamo fermi sullo 0-0. Era il Napoli di Boskov. Bene, Lippi nello spogliatoio ci caricò, dicendo che un nostro campione ci avrebbe permesso di vincere la partita. Ed il io, alla fine del secondo tempo, realizzaii la rete decisiva, esultando in quel modo».
Roma, 22 maggio 1996, finale con l’Ajax: «Sicuramente, quella rete e quella partita, rimarranno indelebili nella storia. Anche perché Gianni Agnelli teneva molto a quella vittoria, considerando i fatti di Liverpool. Chiese di vincerla quella finale. E noi lo accontentammo con una grande vittoria. Quella rete rappresenta la mia carriera bianconera». Un goal per la storia ed anche per l’addio.
«Fui venduto senza spiegazioni. Dentro di me, per tale ragione, c’è molta amarezza. Fossi rimasto, sarei stato lieto di far ancora parte di quell’organico di campioni.
Ma a volte, si è costretti cambiare strada. Penso di aver ricevuto meno di quanto ho dato alla Juventus. Io, ero il vice capitano e portai la fascia al braccio nel ventre di un Bernabéu stracolmo, contro il Real Madrid. Mi sentivo il futuro di quella squadra. Fui persino chiamato nell’ufficio del dottor Umberto Agnelli.
Mi parlò di tutti i capitani della gloriosa storia bianconera, indicandomi come uno di quelli futuri, mostrandomi tutti i trofei vinti in bacheca. Rimanemmo a parlare per molte ore. Sono in pochi a sapere questo aneddoto, ma andò proprio così».