Quando ero un ragazzino una delle mie prime storia d’amore è stata con il calcio irlandese. Non so se molte persone farebbero questa confessione in pubblico, ma questa è comunque la verità. Magici poteri di quel Guerin Sportivo che ci faceva conoscere il calcio internazionale quando il web non c’era ancora e di certi campionati la tv non parlava praticamente mai. Amavo il calcio, naturalmente, e il calcio era e rimane, a mio avviso, ancora irresistibilmente stravagante.
Il Cork Celtic aveva un difensore centrale negli anni ’70 chiamato John McCarthy. John era conosciuto come il postino. Questo non era un titolo eroico, come lo sarebbe stato in Inghilterra o in Italia per esaltare la sua infallibile capacità di consegnare la palla. No, John McCarthy era conosciuto come Il postino perché era, beh, un postino nella vita reale. Di solito consegnava anche la palla campo, per essere onesti.. Il Celtic ha vinto uno scudetto in grande stile dopo aver perso 7-0 contro i Bohemians e successivamente ha attirato tra le sue fila l’incomparabile George Best, anche se per breve tempo.
Non era solo George Best, però. Il Celtic ingaggiò il giocatore che prima di Mbappé segnò una tripletta in una finale di Coppa del Mondo, Geoff Hurst. Non contenti di ciò, hanno anche preso l’attaccante più leggendario (pre- Müller) della Germania Ovest: Uwe Seeler, che aveva giocato contro Hurst in quella famosa partita decisiva del 1966 a Wembley. E pure Bobby Tambling, capocannoniere di tutti i tempi del Chelsea, ha indossato i colori del Celtic per alcune stagioni e li ha anche gestiti. Quello era il Celtic che conoscevo e adoravo: a malapena in grado di pagare le bollette dell’elettricità, ma capace di attirare i più grandi nomi del calcio a Turner’s Cross. Questo è abbastanza bizzarro, sotto ogni punto di vista.
Poi, a metà degli anni ’70, l’Athlone Town ha fornito inaspettatamente un brillante esempio – forse insuperabile – di stravaganza.
Nel 1974-‘75, prima che i nomi degli sponsor sulle magliette da calcio fossero sentiti come normalità, l’Athlone Town indossava maglie azzurre (molto chiare) con una grande “A” sul davanti. Le magliette delle squadre irlandesi erano semplicissime fino a quando l’Athlone non ha cambiato tutto con la sua mossa senza precedenti, stravagante e coraggiosa. Numeri sul retro, o uno stemma occasionale: fino ad allora era così per le magliette da calcio in Irlanda.
Più tardi, nel gennaio 1976, la squadra inglese del Kettering Town tentò di diventare il primo club britannico a portare il nome di uno sponsor – Kettering Tyres, giacche a vento – ma la federazione, in una combinazione di shock, indignazione e un sovraccarico di considerazioni cervellotiche, bandì l’iniziativa. Athlone, tuttavia, aveva promosso con sicurezza la lettera “A” in tutta l’Irlanda, libera da cattive interferenze della federazione inglese, molto prima. Tuttavia, dovremmo chiederci, perché? Tipo, perché la “A”?
C’era una società ad Athlone chiamata “A”? O forse “A1”: qualcuno ha appena esaurito gli 1? Oppure i Midlander si sono rifiutati di accettare l’ “1”, sostenendo che non era stato incluso nell’accordo originale? Era un modo per sfuggire a una multa, portare una sigla piuttosto che un intero logo aziendale? Bizzarro! Sconcertante! Strano!
Forse un regista di Athlone era stato influenzato da un film per adolescenti di successo negli Stati Uniti in cui i maglioni del college con “G” o “W” o “S” erano di rigore? O Athlone, in effetti, è stata l’ispirazione reale (ma non accreditata) per la serie TV americana di azione – avventura, The A-Team? In un modo o nell’altro, è un enigma irrisolto fino ad oggi: The Great Athlone Town shirt mystery. Certo, non possiamo chiedere al direttore commerciale del club dell’epoca, poiché i gestori commerciali sono stati inventati solo negli agli anni ’80.
La pionieristica tendenza delle lettere maiuscole di Athlone non ha preso piede, purtroppo, quindi non abbiamo mai assistito al Bohemian sfoggiare con orgoglio una “B” audace o il Dundalk una “D” provocatoria o gli Harps una “F” fiorita. Come risultato del lavoro pionieristico dell’ Athlone Town, tuttavia, “A” è diventata l’unità alfabetica più immediatamente riconoscibile per l’intero calcio irlandese in quella stagione. Mi era piaciuta molto quella rivoluzionaria maglia dell’Athlone: riusciremmo a immaginare l’oggetto da collezione che sarebbe oggi? Era strano. Ha incarnato il campionato per me.
E alcuni giocatori decenti con quelle magliette “A” vengono ancora ricordati oggi, gente come Karl Humphries, un ragazzo di Cork molto dotato che aveva precedentemente giocato con Hibs e Celtic. Poi c’era Johnny “Minno” Minnock, un altro talentuoso. Altri che ricordo facilmente anche adesso erano Dougie Wood, Noel Larkin, Terry Daly e il folle portiere Mick O’Brien. Nel caso in cui il team legale dell’ex portiere riesca a leggere questo articolo, il termine “pazzo” è usato solo per fare riferimento alla sua agilità felina, al coraggio indiscusso e all’odio ossessivo per le traverse di Oriel Park. Quella era anche l’era dei capelli lunghi e dei baffi, anche se questo ha poco a che fare con la nostra storia, in realtà.
La stagione successiva, l’Athlone ha in qualche modo avventatamente scartato le sue magliette “A” che potrebbero essere cult, optando per le ormai tradizionali strisce blu e nere. Questo si è rivelato un errore colossale, a nostro modesto parere, in quanto l’Athlone, sulla scia della confusione causata agli avversari di fronte a dieci giocatori (escluso il portiere pazzo) con gigantesche “A”, si era qualificato per la Coppa UEFA. Questa è solo la mia teoria; diversi storici del calcio ritengono che i Midlanders avessero una squadra davvero buona quella stagione.
Il Town ha presto creato una fetta di storia, tuttavia, con le loro nuove magliette a righe senza “A”, diventando il primo club irlandese in assoluto a vincere al suo debutto europeo. Il club norvegese del Vålerenga fu comodamente trafitto a fil di spada per creare un’incredibile accoppiata con il potente Milan nel secondo turno. Non c’erano ridicole qualificazioni o teste di serie in quei giorni felici, spensierati e stravaganti!. Quanto quelle maglie avrebbero potuto suggellare il risultato più famoso nella storia del calcio irlandese, se fossero state mantenute?
Molto è stato scritto nel corso degli anni sulla gara senza reti dell’ Athlone contro gli aristocratici italiani al St Mel’s. “Minno” ha anche sprecato un calcio di rigore, facendo gocciolare un debole tiro tra le braccia di Albertosi, ma il Town è stato tutt’altro che lusingato dallo 0-0.
Fu una partita incredibile, giocata nel fango di un campetto di periferia irlandese, con il pubblico praticamente in campo
Tuttavia, crediamo fermamente che l’Athlone avrebbe potuto andare oltre il pareggio in quella gara di andata, se fosse stato abbastanza coraggioso da resuscitare le magliette “A” per l’occasione. Vi immaginate la confusione nel Milan? Già a disagio a causa del ferro ondulato arrugginito di St Mel, dei forti odori di vernice fresca nello spogliatoio e di uno strato di fango di sei pollici, avrebbero passato i novanta minuti a chiedersi cosa diavolo fosse la “A”.
“Che cos’é?” si sarebbe chiesto Romeo Benetti, con le braccia supplichevoli, ogni volta che Humphries passava di corsa.
“Non co credo!” avrebbe esclamato Nereo Rocco dalla panchina dalle dimensioni di una scatola di fiammiferi, perplesso, mentre la sua squadra barcollava davanti ai suoi occhi. Invece, il Milan ha semplicemente finto che l’Athlone, in quanto sosia dell’Inter, fosse il nemico oscuro e ne ha tratto ispirazione per vendicare il pareggio con gol nel finale a San Siro.
Può sembrare un’idea sciocca oggi con la pubblicità ovunque, ma rimango convinto che l’Athlone avrebbe potuto facilmente ottenere una vittoria per 3-0 o addirittura 4-0 grazie a quelle maglie bizzarre e misteriose che giocano sui sospetti e le superstizioni che tintinnano attorno a fragili menti italiane su un campo fangoso, battuto dal vento, scomodo. Nessuno mi convincerà mai del contrario.
Mario Bocchio