Ricardo Rogério de Brito, per tutti Alemão, arrivò a Napoli nell’estate del 1988. Per parlare della sua storia con la maglia azzurra, però, è necessario fare qualche passo indietro e leggere le cronache del finale di stagione 1987-‘88. Sì, proprio quella che il Napoli aveva giocato, per la prima volta nella sua storia, con lo scudetto tricolore sul petto. Quello scudetto che nessuno sembrava in grado di poter scucire dalle maglie di Maradona e compagni. Un girone di ritorno – come racconta il Guerin Sportivo” – con qualche vittoria in meno e l’epifania del Milan di Sacchi e degli olandesi, entrato a regime proprio nella partita di andata disputata a San Siro contro i partenopei, portarono gli azzurri a una débâcle definitiva che si concretizzò al San Paolo in un caldissimo Primo Maggio. I rossoneri infilarono la loro spada infuocata nel corpo ormai debilitato di una squadra che sciolse definitivamente qualsiasi forma di resistenza davanti alla potenza sciorinata dagli uomini del profeta di Fusignano.
Pochi giorni dopo, alcuni calciatori azzurri uscirono allo scoperto con una forma di insubordinazione nei confronti del tecnico, Ottavio Bianchi, che gli costò la permanenza alla corte di Ferlaino. Tra questi Salvatore Bagni, perno di quel centrocampo capace di coprire le spalle alle giocate funamboliche di Maradona e dei suoi compagni d’attacco. Fu così che Alemão arrivò a Napoli, pescato da Luciano Moggi nella parte colchonera di Madrid dopo una stagione nella quale poté adattarsi alla mentalità del calcio europeo.
Soprattutto, in qualche modo si adattò alla necessità di supportare le giocate di un numero dieci a tutto tondo come Paolo Futre, che non era Maradona ma, come il Pibe, aveva bisogno di un solido supporto che gli consentisse di vivere le sue estrosità senza doversi occupare delle esigenze della fase difensiva del gioco.
Alemão, che in portoghese significa “tedesco”, non ha troppe difficoltà a mettere in pratica quello che gli si chiede. E se il soprannome l’ha ereditato più per caratteristiche fisiche (è biondo e di pelle chiara) che per specifiche tecniche, il suo stile di gioco è più vicino all’essenzialità teutonica che ai ricami brasiliani. Già, perché Alemão è, innanzitutto, un centrocampista con una inesauribile facilità di corsa, che gli consente di coprire ampi spazi in ogni zona del campo. Asciutto e resistente, da buon sudamericano non è comunque privo di una tecnica di base più che buona, che lo rende un giocatore duttile e generoso, abile sia nell’interdizione che nel supporto alla costruzione delle trame offensive.
Per acquistarlo Lucky Luciano fa sborsare a Ferlaino la rilevante cifra di 4,6 miliardi di lire, che il presidente non si pentirà mai di aver speso.
Dopo un inizio travagliato da una imperfetta condizione fisica, Alemão diventa una pedina fondamentale del centrocampo azzurro e mette la sua firma in una delle notti indimenticabili della storia del Napoli: è suo, nella finale di ritorno di Coppa Uefa a Stoccarda, il primo gol della partita. È lui il protagonista della vittoria a tavolino ottenuta a Bergamo l’anno seguente, decisiva per la conquista dello scudetto, alla quale contribuisce significativamente anche con un’altra rete segnata a Bologna nella penultima giornata di campionato.
La sua storia partenopea finirà due anni dopo, quando andrà a vestire la maglia dell’Atalanta per disputare due stagioni, le ultime in Serie A prima di tornare in patria a spendere i residui spiccioli di fiato e chilometri che gli erano rimasti.
Giocatore di indubbia importanza per valori tecnici e tattici, oggi Alemão è ricordato soprattutto per un episodio avvenuto durante un Atalanta-Napoli disputato l’8 aprile 1990. È la trentunesima giornata di campionato e Milan e Napoli stanno disputando un avvincente finale di stagione. I rossoneri vanno in campo a Bologna con un punto di vantaggio sui partenopei, impegnati a Bergamo. Entrambe le partite sono ferme sullo 0-0 quando, a un quarto d’ora dalla fine, nel clima ostile che avvolge la squadra napoletana, dalle tribune atalantine viene lanciata una moneta da cento lire che colpisce Alemão al capo. Il giocatore, prontamente soccorso dal massaggiatore Carmando, viene invitato dallo stesso a rimanere per terra: in casi come questi, infatti, il regolamento consente la vittoria a tavolino della squadra il cui giocatore viene danneggiato.
Alemão viene portato in ospedale per accertamenti, il Napoli vince de iure e aggancia il Milan in testa alla classifica. Poi fa una tripletta di successi che producono più punti di quanti ne raccolgono i rossoneri, nuovamente sconfitti al Bentegodi con quel Verona che era stato già fatale ai tempi di Rivera. È il secondo scudetto, l’ultimo di Diego a Napoli, l’unico di un brasiliano che sembrava tedesco.