Segnò il suo primo gol in Serie A in un derby capitolino, oggi la Roma piange la sua scomparsa. Oggi non c’è più, se n’è andato nel gennaio del 2021. Fabio Enzo, ex calciatore giallorosso e del Verona, che firmò la sua prima rete in carriera in una partita contro la Lazio finita 1-0 il 23 ottobre 1966. Enzo, nato a Cavallino-Treporti (in provincia di Venezia), si è spento a 74 anni. Attaccante di ruolo, era arrivato in giallorosso dalla Tevere Roma – dopo avere indossato anche le maglie di Venezia e Salernitana – nel 1966: giocò nella Roma fino al 1968 e, dopo una piccola parentesi anche nel 1969, passò al Mantova, quindi al Napoli, al Verona, al Cesena e in diversi altri club, tra i quali Novara e Biellese.
«Non guadagnavo molto, ma spendevo tutto. Ero giovane, ero un calciatore di serie A e mi godevo la vita. Ogni volta che c’era la sosta, partivo per New York…..» ammise in un’intervista a Germano Bovolenta. «Faccia cattiva? Ma dai, son bon come un toco de pan. Sono sempre stato buono, buonissimo, fuori dal campo. In campo un’ altra roba. Lì dovevi arrangiarti, c’era gente come Burgnich, Bercellino primo, Poletti. Robotti. Duri, difficili. E allora chi aveva i denti doveva mostrarli».
A proposito di Oronzo Pugliese, che lo allenò alla Roma: «Un omo de una volta. Pittoresco, rumoroso, preparava a modo suo le partite. Era un pò maniaco e superstizioso. Una sabato pomeriggio andiamo al cinema, in programmazione c’ è il Dottor Zivago. Succede che il giorno dopo vinciamo e Pugliese sai cosa fa? Ci porta tutti gli altri sabato a rivedere lo stesso film. Più di un mese, due palle che non ti dico. Scappavamo via dalle uscite di sicurezza, non ne potevamo più. Lara, Yuri, il Dottor Zivago, la carica dei cosacchi ci uscivano dagli occhi. Oronzo però si piazzava sulla porta centrale e ci rispediva indietro. Era così, quando allenava il Bari andava in campo con il galletto».
«Il 1966. Sesta giornata, 23 ottobre». Sicuro? Come fa a ricordare tutto? «Come faccio? Semplicissimo: è stato il mio primo gol in serie A. E nel derby di Roma, non so se mi spiego. Quella volta abbiamo dominato e io ho segnato di testa dopo un quarto d’ora, un gran colpo, centrale. In porta loro avevano Cei, che poi ha parato un rigore a Barison. Un ricordo incancellabile, come gli anni romani. Un tuo gol che decide il derby è qualcosa che non si può descrivere. Ricordo che proprio un grande giornalista della Gazzetta, Luigi Gianoli, mi fece un articolo a tutta pagina. Lo conservo ancora, ben piegato. Sai, un pagina intera su uno che di cognome fa Enzo. Non mi chiavamo mica Sivori o Rivera o Riva».
«Pensa, ho giocato a Novara, c’era Parola allenatore, il più grande di tutti. Un giorno il presidente mi dice: “Fabio, se vuoi dopo puoi restare a lavorare qui, ti troviamo un posto da fattorino in banca”. No no, ho detto, io ho bisogno di muovermi all’aperto, l’ufficio non fa per me. Ricordi Udovicich, lo stopper pelato?
Lui credo lavori ancora in banca. L’ho visto poco tempo fa: identico, sempre lui, alto e pelato come quando aveva venticinque anni».
Chiuse la carriera nella Biellese,nei primi Anni ’80 del secolo scorso. Come ha ricordato Fabrizio Corbetta su “La Stampa”, Compagno di squadra di calciatori come Nanni Tarello, Roberto Brovarone, Paolo Sollier, Stefano Capozzucca e Fulvio Scaramuzzi, in coppia con un altro Fabio, Scienza, formò un duo da 30 gol nella stagione che portò la squadra ai primi posti della classifica di Interregionale, un campionato e in quello successivo alla promozione in serie C2 con 14 gol messi a segno nell’attacco disegnato da mister Silvino Bercellino.