Ci sono calciatori che impiegano un’intera carriera a lasciare una traccia indelebile e a raggiungere una consacrazione sportiva, ad altri è bastato un solo giorno per diventare immortali. È proprio questo secondo caso il tema di “Eroi per un giorno”, la nuova edizione della collana di Lazialità.
Dalla Garbatella all’Olimpico passando per New York il giro è un po’ lungo, ma ne è valsa la pena. Il derby per un ragazzo romano non è mai una partita come un’altra. Mauro Della Martira torna a giocare a calcio vincendo la sua sfida personale nella partita più sentita dell’anno, in quel 26 febbraio del 1984. Per arrivare alla Lazio Mauro è dovuto passare per l’America. Infatti, nonostante la magistratura lo avesse assolto dalle responsabilità legate al calcioscommesse, la Commissione disciplinare ha frenato la sua carriera in Italia. In visita alla Grande Mela per un nuovo ingaggio incontra Chinaglia.
Long John ha il cuore grande e gli trova un posto come assistente coach nei Cosmos. Nel 1983 con il ritorno nella Capitale di Chinaglia, che indossa nuovamente i colori biancocelesti ma in veste di presidente, il loro rapporto sembra destinato a chiudersi. Ma a Roma le criticità sono tante e Della Martira che intanto era tornato in Italia per lavorare nella fabbrica del suocero poteva essere utile. Il giocatore che ormai pensava di aver chiuso definitivamente con il calcio non se lo fa ripetere due volte, con grande passione inizia a lavorare sodo a Tor di Quinto quando ormai il campionato era già iniziato per prepararsi a tornare il campo. Intanto la classifica era drammatica e il cambio di allenatore non migliora la situazione.
Questa era la condizione in cui si trovava la Lazio quando il 26 febbraio si preparava a giocare contro la Roma. Con la squadra giallorossa che si trovava seconda in classifica, mentre i biancocelesti viaggiavano al quart’ultimo posto. Tutti sono convinti che per la Roma battere la Lazio sarà poco più che una passeggiata e qualcuno vedendo Della Martira al centro della difesa ipotizza addirittura punteggi tennistici o quasi. I giocatori della Roma parlano di due punti giù in tasca (“Abbiamo già vinto” è uno dei titoli de Il Messaggero di quei giorni…), di successo giallorosso scontato perché la differenza tra le due squadre è abissale. Ma quella Lazio povera e bistrattata, ha un’anima e, soprattutto, un grande capitano. Un capitano vero con la C maiuscola, uno di quelli che nei momenti più difficili della storia tormentata degli anni 80 c’è sempre stato e a volte si è ritrovato quasi da solo a sventolare quella bandiera biancoceleste lacerata da scandali e problemi societari di ogni tipo.
Quel condottiero si chiama Vincenzo D’Amico. Vincenzino quella domenica regala a tutti i laziali una giornata da sogno, indimenticabile. Una punizione delle sue e un rigore trasformato portano la Lazio sul 2-0 dopo appena 25 minuti di gioco e in Curva si guardano tutti chiedendosi se sia tutto vero o se si tratti di uno di quei sogni da tifosi che si fanno la notte prima del derby.
È tutto vero. E mentre Della Martira si arrangia come può su Pruzzo, il resto della squadra combatte con il coltello tra i denti per difendere quel vantaggio conquistato. Prima in 11 davanti alla porta di Orsi, poi addirittura in 10 perché al primo intervento del secondo tempo, in un raptus di follia Manfredonia spedisce gambe all’aria Conti rimediando il secondo giallo e quindi il cartellino rosso. Lazio in 10 contro la Roma campione d’Italia e che in Coppa dei Campioni si appresta a travolgere (3-0 all’Olimpico dieci giorni dopo) la Dinamo Berlino.
Della Martira debutta con l’Arezzo nella stagione 1979-’80. L’anno dopo gioca con la Paganese. Quindi OMI Roma e Viareggio. Dal 1973 al 1978 gioca nella Fiorentina partecipando alla vittoria della Coppa Italia 1974-’75. Dopo due stagioni a Perugia nel 1983 il presidente Giorgio Chinaglia lo porta alla Lazio. Gioca una stagione in maglia biancoceleste dopodiché si ritira. Terminato di giocare, sotto la presidenza Chinaglia, riveste diversi ruoli societari tra cui responsabile marketing. Possiede un ristorante a Londra. La figlia Enrica ha preso parte alla terza edizione del talent show MasterChef.