Gianni Agnelli, l’Avvocato presidente, lascia nel 1954. La Juventus non vince più. Due scudetti all’Inter, due al Milan, uno alla Fiorentina. Sono anni di crisi, di scelte difficili e di acquisti discutibili. Poi, estate 1957 la grande svolta. Un altro Agnelli presidente, il dottor Umberto, promette riscatto e successi. Renato Cesarini e Gigi Peronace dall’ Argentina e dalla Gran Bretagna suggeriscono due nomi: prendeteli. Sono Omar Enrique Sívori e John Charles. Sívori detto El Cabezón (testone) ha 22 anni ed è l’uomo-fantasia del River Plate. Lo pagano 180 milioni di lire e con quei soldi il River Plate ricostruisce lo stadio. L’acquisto è però pieno di perplessità. Dicono: è stravagante e un po’ indisciplinato. Ma è già una stella e fa parte, con Angelillo e Maschio, degli Angeli dalla faccia sporca. Qualche saccentone si allarga: il ragazzo è fisicamente inadatto al ruolo. Invece Omar e giocatore di eccezionale intelligenza e, in più, assetato di successo.
L’altro, John Charles, gallese, gioca nel Leeds. Un gigante, utilizzato spesso come difensore. Lo chiamano “Big John” ha molta tecnica ed è coraggioso e si batte come un leone. Il costo: 105 milioni. La Juve quell’estate parte per una tournée in Svezia. La squadra è quella dell’anno prima (campione d’Italia il Milan di Juan Alberto Schiaffino), con Sivori e Charles. Esordio amichevole a Stoccolma com l’Aik: 10-1.
Cinque partite contro squadre di prima divisione, 37 gol. Poi torna a casa e va a giocare, sempre in amichevole, a Bologna. Risultato? Sconfitta per 6-1. I giornali scrivono: “Le rivali sperano: la Juve è come le altre”. Invece la Juventus parte subito in testa e in testa finisce. Travolgente. Segna 77 gol, 21 più della Fiorentina seconda, staccata di 8 punti.
Nasce la coppia più bella del calcio fine Anni Cinquanta. Omar Sivori ispira allegria, ammirazione e rabbia. Però ispira anche i compagni e segna (22 gol). Tiene i calzettoni abbassati su due gambette bianche, inimitabile nelle finte, nei giochetti funambolici in palleggio, nel dribbling stretto e rapido, nel tiro a rete secco e preciso, nei pallonetti beffardi. L’Avvocato Agnelli dirà: “Per me è un vizio”. Il centravanti Charles travolge le difese italiane: 28 gol. La Juve 1957-‘58 di Omar e John, è allenata dallo jugoslavo Ljubiša Broćić, detestato da Sivori.
“Candido omone – scrisse Vladimiro Caminiti – parla jugoslavo, ma è stato in Egitto e parla anche egiziano; in Libano e parla pure libanese; in Olanda e parla olandese; in Inghilterra e parla inglese. Parla diverse lingue ma si affatica a parlare italiano e ne riferisce le intenzioni l’umile Depetrini. È un tecnico modello, lancia Mattrel e Stacchini, ricostruisce Ferrario, Colombo, sa pungolare Charles, soprattutto sa sopportare Sivori. È sempre tranquillo e fidente nella sorte. Soltanto pretende che i giocatori si allenino. Sarà il suo imperdonabile errore. Pure al cadere degli anni cinquanta era proibito, categoricamente proibito, alla Juve fare gli allenamenti sul serio. Poteva essere tollerato soltanto l’allenatore lacché. Non era stato in fondo un po’ lacché l’ottimo Carcano dei fulgenti anni trenta? Un allenatore vale l’altro. Agnelli docet: l’allenatore non serve”.
La Juve è guidata in campo dal grande Giampiero Boniperti. Vince lo scudetto numero 10, quello della stella.