Joaquín Peiró, era soprannominato il “Galgo del Metropolitano”, il levriero, per la sua velocità. Fece parte dell’epoca d’oro dell’Inter, la Grande Inter, che con colui vinse la Coppa dei Campioni del 1965 e due Coppe Intercontinentali, nel 1964 e nel ’65. Peiró è altresì una leggenda dell’Atlético Madrid, con cui ha vinto due Coppe di Spagna e una Coppa delle Coppe.
Peiró, nell’Atlético Madrid
L’esterno spagnolo partecipò alla seconda Coppa dei Campioni dell’Inter di Helenio Herrera, diventando protagonista con il gol in semifinale contro gli inglesi del Liverpol, strappando palla al portiere Lawrence, e per quel gesto si guadagnò anche il soprannome di rapinatore. A Milano vinse pre due Scudetti e una Coppa Italia.
Proprio l’episodio contro i Reds è diventato un momento iconico nella storia della Coppa dei Campioni, oggi diventata Champions League. 1965, semifinale. L’Inter deteneva il trofeo, avendolo strappato l’anno prima al Grande Real, a San Siro c’era il Liverpool, che all’andata aveva affossato i nerazzurri per 3-1.
Il primo gol interista all’ottavo minuto, un capolavoro balistico dell’ala sinistra Mariolino Corso, specialista dei calci di punizione. Dalla sua mattonella preferita, vicino al vertice dell’area di rigore, si esibisce nella specialità della casa, la punizione a foglia morta: 1-0.
Un solo minuto, e il popolo interista assiste proprio al gol destinato ad entrare nella storia del calcio e nel cuore di ogni nerazzurro. Mazzola lancia dalla trequarti Peiró, ma lo spagnolo viene affrontato in uscita dal portiere, lo scozzese Lawrence, che lo anticipa facendolo finire letteralmente gambe all’aria. L’estremo difensore del Liverpool si appresta al rinvio: un palleggio, due, ma il terzo non gli ritorna in mano, perché alle sue spalle, rapido e silenzioso c’è in agguato proprio Peiró, che gli soffia il pallone con il sinistro e deposita nella porta sguarnita il gol del 2-0. Gli inglesi sono furibondi, protestano con veemenza, ma l’arbitro spagnolo Ortiz de Mendebill è irremovibile: il gol è del tutto regolare. Un’opera d’arte di furbizia e tempismo.
Dopo appena dieci minuti di gioco, il vantaggio dei Reds è neutralizzato. Ai tempi non c’era ancora la regola del gol in trasferta e quindi, persistendo la parità di gol complessivi, si sarebbe andati alla gara di spareggio.
Ma quella era la Grande Inter, del motivatore Herrera, della classe di Mazzola e Corso, della genialità di Suárez, dell’ imprevedibile Peiró. Ma c’era anche Giacinto Facchetti, uno spilungone, che quando pestava sulla fascia era imprendibile.
Minuto 62, proprio Facchetti s’invola, riceve la sfera di cuoio e la scaglia con il destro dal limite dell’area verso la porta del Liverpool: si infila alle spalle del povero Lawrence e di fatto porta a termine una rimonta mitica.
L’Inter va così in finale, sempre a San Siro, e vince la seconda Coppa dei Campioni consecutiva grazie all’ 1-0 sul Benfica, con un altro gol rocambolesco, questa volta del brasiliano Jair.
Da allenatore Peiró ha lasciato il segno nel Málaga, che in cinque anni ha portato dalla Seconda divisione alla Coppa Uefa, prima partecipazione continentale della squadra malaguista dopo aver vinto la Coppa Intertoto del 2002. Ha anche allenato l’Atlético e la sua filiale, a Figueres, a Badajoz e a Murcia, in due occasioni.
Joaquín Peiró è nato a Honrubia, Cuenca, il 29 gennaio 1936. Rimasto orfano di padre durante la guerra civile spagnola, ha lavorato a Madrid nell’officina di biciclette di un parente.
In maglia nerazzurra
Debutta nel calcio nel 1950 al Tolosa di Madrid, da cui si trasferisce l’anno successivo all’Agrupación Deportiva Ferroviaria di Madrid.
Nel 1953 l’attaccante firmò un contratto quinquennale con l’Atlético de Madrid, ma fu ceduto in prestito al Murcia con il quale ottenne la promozione in Prima divisione.
Dopo la brillante prestazione con la Paprika, nel 1955 torna all’Atlético Madrid, con il quale esordisce in Prima divisione a gennaio 1956 proprio contro il Murcia (4-0), al Metropolitano.
Nel periodo colchonero vinse due Coppe del Generalissimo (1960 e 1961) e la Coppa delle Coppe del 1962, il 5 settembre, il primo titolo continentale del club, segnando il terzo gol della finale contro la Fiorentina, battuta 3-0. Ha giocato un totale di 166 partite di campionato, segnando 93 gol, fece parte dell’ala infernale con Enrique Collar.
Poco dopo l’inizio del campionato 1962-‘63, il 4 ottobre 1962, il centrocampista fu ceduto al Torino e, dopo un infortunio al ginocchio durato diversi mesi, nell’estate del 1964 fu prelevato dall’Inter, la squadra di Helenio Herrera e dell’altro spagnolo, Luis Suárez .
Quel leggendario gol al Liverpool che ricorda anche chi non c’era
Nell’estate del 1966 venne ceduto alla Roma, dove giocò fino al termine della stagione 1969-‘70 e dove ricoprì negli ultimi due anni la carica di capitano. La sua partenza dalla squadra della Capitale, con la quale vinse la Coppa Italia 1968-‘69, avvenne per divergenze con l’allenatore, ancora lui, il Mago Herrera.
Nello stesso anno ritornò in Spagna, ma a causa del suo alto stipendio ebbe difficoltà a trovare un ingaggio, così il suo addio ufficiale avvenne il 6 gennaio 1971 in una partita di beneficenza al Bernabéu.
Ritornò alle dipendenze dell’Atlético Madrid nel ruolo tecnico tra il 1975 e il 1985, dove fu secondo allenatore di Luis Aragonés e allenatore della filiale, l’Atlético Madrileño, che guidò all’approdo in Seconda divisione (1979-‘80).
Poi, tra il 1985 e il febbraio 1988, ha allenato il Granada, squadra di Seconda divisione, e nel dicembre dello stesso anno ha assunto la guida del Figueras di Girona, per poi, nel febbraio 1990 tornare all’Atlético.
Ha poi diretto la prima squadra dei materassai: anche se finì quarta in campionato, la cattiva immagine e gli scarsi risultati nei tornei estivi, come il Carranza, portarono il vulcanico Jesús Gil a licenziarlo il 26 giugno 1990. In cambio gli offrì di continuare nello staff tecnico, ma lui rifiutò.
Con Helenio Herrera nell’Inter (a sinistra) e nella Roma
Assente dalla panchina per un anno e mezzo, nel gennaio 1992 firma per il Murcia, ma a fine stagione la squadra retrocede in Seconda B per non essere diventata una società sportiva per azioni. Peiró rimase alla guida del club, ma nel gennaio 1993 fu licenziato.
Per lungo tempo lontano dal calcio, nel dicembre 1997 firmò per il Badajoz, dove concluse la stagione.
La destinazione successiva, nell’estate del 1998, fu il Málaga, che diresse fino a giugno 2003. Jesús Samper lo ha ingaggiato nel luglio dello stesso anno per allenare il Murcia, ma a gennaio venne licenziato. Fu il suo ritiro dalle panchine.
Come giocatore della nazionale, Peiró ha debuttato con la squadra B nel 1956 e quello stesso anno con la prima squadra, nella quale ha giocato un totale di 12 incontri. Disputò i Mondiali del 1962 in Cile e si ritirò dalla Roja durante i Mondiali in Inghilterra nel 1966.
Mario Bocchio