Il 18 giugno 1982, Mundial spagnolo, il Perù ha affrontato l’Italia a La Coruña, la partita è finita 1-1. Il portiere di riserva del Perù Eusebio Acasuzo (titolare ha giocato il famoso e discusso Ramón Quiroga, quello dei sei gol incassati dall’Argentina quattro anni prima ) si è avvicinato al portiere italiano Dino Zoff e si sono scambiati le maglie.
Giorni dopo il grande Dino fu incoronato campione del mondo.
Nelle qualificazioni per Messico 86 Acasuzo, che gioca in Bolivia nel Club Bolívar di La Paz, diventa il titolare peruviano visto il tramonto di Quioroga. Acasuzo gioca e indossa la maglia di Zoff con la toppa dello scudo FPF (Federación Peruana de Fútbol) e anche quando si laurea campione in Bolivia, sulla maglia anche Lucio in vantaggio con il cucito il colletto blu di Zoff.
Ma oggi Acasuzo conserva ancora quel reperto che è come una reliquia? A chi glielo domanda, risponde tristemente di averlo regalato, e se ne rammarica perché quanto varrebbe oggi una una maglia di Dino Zoff campione del mondo?
Oggi sarebbe impossibile giocare con una maglia di un altro club o nazionale, quello era veramente un altro calcio!
Ma torniamo alle qualificazioni per Messico 86. Siamo all’Estadio Nacional di Santiago del Cile, lo stesso in cui vennero rinchiusi i prigionieri dopo il golpe di Pinochet. Il Cile affronta il Perù, nel Clásico del Pacífico, un duello sempre affascinante e giocato con grande agonismo: dopo venti minuti la squadra di casa è in vantaggio di 3-0, con la complicità del portiere Inca Acasuzo, che quel pomeriggio visse uno dei giorni più bui della sua intera carriera sportiva.
Quel 27 ottobre 1985 c’era una misurata fiducia nelle fila della squadra cilena, che affrontava la squadra peruviana, un ostacolo mai facile. È stato il primo duello della fase finale per definire la griglia completa delle sudamericane.
Il Cile ha schierato un quartetto offensivo altamente mobile, che includeva Patricio Yáñez, Hugo Rubio, Jorge Aravena e Héctor Puebla. Ed è proprio il Pato a sparare la prima raffica, dopo soli cinque minuti dall’inizio della partita.
Il difensore peruviano Toribio Díaz commette un vistoso fallo sul playmaker cileno, quindi Aravena, il “Mortaio”, spara un colpo non così forte, ma con il suo solito effetto. La palla rimbalza e scivola oltre il portiere peruviano Acasuzo, superandolo sulla sinistra. L’intero stadio esplode in un unico grido, anche se i tifosi rimabgono un po’ sorpresi dall’apertura anticipata del conto.
Tre minuti dopo Hugo Rubio scappa dalla sinistra e riceve un preciso passaggio di Aravena, dopodiché va dritto verso la porta peruviana, calciando, da destra, con poca forza. La verità è che è stato un tiro morbido e parabile, ma Acasuzo ha avuto una debole resistenza e la palla ha superato la linea di porta. Due e zero.
Ma il dramma del portiere peruviano non finisce qui, perché al 14′ Alejandro Hisis ci prova da media distanza e la palla finisce vicino al palo sinistro dello sfortunato Acasuzo. Anche questo era un gol evitabile.
Dopo la terza rete, il povero Acasuzo è stordito e l’insicurezza e la paura del palcoscenico dominano tutti i suoi movimenti. È un disagio penoso che l’intero stadio percepisce con dolore e imbarazzo. Purtroppo la situazione diventa psicologicamente insostenibile per il portiere, che viene sostituito dopo 25 minuti, con grande sorpresa di tutti. Così, in pochi secondi il portiere sostituto, il veterano Ramón Quiroga, si rimette i guanti ed entra in campo, mentre Acasuzo è scompare silenziosamente attraverso il tunnel che porta agli spogliatoi.
Dopo la fine della partita, finita 4-2 per il Cile, lo sfortunato portiere peruviano confessa di non poter spiegare la sua pessima prestazione e che, senza dubbio, è stato uno dei peggiori pomeriggi personali e sportivi della sua vita.
Come previsto, la stampa peruviana lo distrugge all’arrivo della squadra a Lima e molti lo definiscono uno “svenduto e un traditore”. La cosa più terribile è che prima della partita Acasuzo stava vivendo uno dei suoi momenti migliori, visto che aveva conquistato il ruolo da titolare in nazionale ed era appena stato ingaggiato da una squadra straniera. Tuttavia, il fatidico pomeriggio di Santiago del Cile lo condannerà per sempre. Nonostante quel rigore parato a Gerd Müller. Nonostante un titolo ottenuto nel Bolívar di La Paz, nel 1986, che in qualche modo migliorò la sua immagine, decise di ritirarsi, nel 1987, dopo di che iniziò la carriera di allenatore.
Mario Bocchio