Ha aperto a Terni un’accademia calcio che porta il suo nome, insieme ai figli Francesco e Paolo. Una sorta di riscatto dall’oblio in cui qualcuno ha voluto consegnarlo. Sessantacinque anni compiuti, con un passato nerazzurro nemmeno troppo lungo e fortunato da festeggiare, e un presente di lotta senza quartiere contro una forma cronica di leucemia, fortunatamente in remissione da qualche tempo. Atalantino nello sfortunato triennio 1978-1980, ovvero retrocessione e modesto campionato in B, Salvatore Garritano vive da campione un po’ ai margini del mondo del pallone, dorato finché i suoi ex protagonisti non ne rivelano le magagne. Proprio come lui, ai tempi, davanti al pm antidoping Raffaele Guariniello, quello delle inchieste sulle farmacie del calcio.
Ex attaccante di riserva dell’ultimo grande Torino scudettato, quindi nerazzurro nel periodo della transizione tra Bortolotti padre (Achille) e figlio (Cesare), vive con la mestizia dei personaggi scomodi e ingombranti, messi da parte senza tanti complimenti. Dal 2007 la guizzante e tecnica punta di movimento che a Bergamo duettava con Pircher, Paina ed Ezio-gol Bertuzzo tiene sotto controllo il male, all’origine delle diatribe che ne hanno frenato l’attività prima assidua di osservatore con frequenti trasferte spagnole. Pomo della discordia, le denunce delle pratiche sanitarie illecite che hanno mietuto vittime come Bruno Beatrice, suo compagno alla Ternana.
Garritano, nato a Cosenza il 23 dicembre 1955, zio dell’attaccante del Chievo Luca e dell’ex Catanzaro, Cosenza e Pisa Manolo Mosciaro, alla Dea ha lasciato un ricordo e un tabellino importanti: 12 presenze e 3 reti in A, penultima avventura ad alti livelli per uno capace di 1 match e 1 gol nella Nazionale Under 23, nonché 10 e 4 in Under 21, 23 gettoni e 5 palloni schiaffati in saccoccia in B. Tinte nerazzurre che in ordine cronologico arrivano dopo il rossoverde e il granata, la gavetta della panchina a Pulici e Graziani ancora negli occhi e nel cuore. Sarà proprio il “suo” Toro, però, con Urbano Cairo in sella, a finire nel mirino dell’intervista rilasciata all’”Espresso” nel novembre del 2010, un j’accuse verso tutto il movimento all’insegna del “prima ti dopano, poi ti cacciano”.
A Bergamo il cosentino cresciuto nella Morrone arrivò nell’estate del ’78. La prima stagione, con Titta Rota allenatore, andò storta anche per la caviglia che gli fece saltare cinque mesi; in B, nono posto sempre agli ordini del maestro di Borgo Palazzo. Tornato nella massima serie in maglia Bologna, Garritano vestì anche le divise di Sampdoria, Pistoiese, Omegna, Sorrento, Latina e ancora Ternana, fertile culla di eroi della Curva Nord come Riccardo Zampagna.
Fonte: “Calcio Atalanta”